Biometano a Collarmele – Non c’è 2 senza 3: arriva il terzo impianto

Redazione
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di Angelo Venti e Claudio Abruzzo

Dopo il tanto chiacchierato progetto della Biometano Energy srl (2 nella pianta) e dell’impianto già in funzione della Think Eco Agri società agricola srl (1 nella pianta), si aggira a Collarmele lo spettro di un terzo progetto alimentato a biomasse (3 nella pianta), questa volta anche con la frazione organica del rifiuto urbano differenziato, la cosiddetta FORSU.

A richiedere in Regione l’autorizzazione per il terzo impianto per la produzione di biometano ed ammendanti organici, è la Make Energy soc. agricola srl, con sede a Collarmele in via Fonte Nuova 73.

Superfluo specificarlo, anche in questo caso l’alimentazione è da fonti rinnovabili: due paroline magiche che da sole garantiscono l’accesso ai ricchi incentivi del Gse. Questo terzo impianto a digestione anaerobica sarà alimentato con 80mila tonnellate l’anno di matrici vegetali, zootecniche e – a differenza di quello della Biometano energy – anche con la Frazione organica del rifiuto urbano differenziato, la cosiddetta FORSU.

Collarmele, tre impianti nel raggio di un km

Questo terzo impianto – come gli altri due di quasi 1 Mw di potenza ciascuno – dovrebbe sorgere anch’esso in comune di Collarmele su un’area di 4 ettari di terreni agricoli. E’ situato a meno di 700 metri dall’impianto già in funzione della Think Eco Agri società agricola srl e a poco più di mille metri dall’area indicata nel progetto della Biometano energy srl. Ci troviamo di fronte quindi a tre impianti per la produzione di biometano alimentati a biomasse nel raggio di un Km. Tutti e tre in comune di Collarmele, a pochi metri dal confine dei territori di Pescina e San Benedetto dei Marsi.

Lo stato dell’arte

Contro questo terzo impianto nel 2018 il comune di Collarmele, in sede di Valutazione di impatto ambientale, avrebbe già espresso il proprio NO rimandando la decisione ai dirigenti regionali. I tecnici comunali avrebbero motivato il proprio diniego al progetto preliminare poiché non sarebbero rispettati i vincoli archeologici e – nei motivi dell’opposizione – sarebbero stati paventati anche rischi ambientali e di sicurezza per i cittadini. Forti perplessità, infine, sarebbero state avanzate anche in merito all’approvvigionamento dell’impianto, vista la presenza di impianti simili nella stessa zona.

Alle resistenze degli amministratori locali si erano aggiunte quelle delle associazioni ambientaliste: “La società non è un’azienda agricola – scrive nelle sue osservazioni la dott.ssa Giuseppina Ranalli nel novembre 2018 – e quindi non potrebbe accedere ai contributi previsti dalla direttiva 2009/28/CE. Inoltre, l’esiguo capitale sociale della società che intende accedere a finanziamenti dell’ordine di milioni di euro, non offre garanzie di robustezza”. La società proponente, ricorda la Ranalli, al momento della richiesta di autorizzazione dichiarava un capitale sociale di 10mila euro, dei quali risultavano realmente versati soltanto 2.500 euro.

Per dovere di cronaca segnaliamo che, nel dicembre scorso, l’intero capitale sociale è stato versato e che nel gennaio di quest’anno lo stesso è stato persino aumentato: a inizio ottobre, infatti, risulta che il capitale sociale della Make Energy soc. agricola srl ammonta addirittura a 11.333, 33 euro, di cui ben 10mila versati.

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