Rsa Don Orione – Il lungo rosario di morti della KSC Caregiver

Claudio Abruzzo
Claudio Abruzzo
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Se quello in atto nella Marsica può essere definito come un terremoto epidemiologico, la prima forte scossa registrata ad Avezzano ha un epicentro preciso: la Rsa privata Don Orione. Ad oggi dalla casa di riposo situata in pieno centro città sono stati estratti 21 morti, mentre tra le 180 persone, presenti nella struttura tra ospiti e personale, si registrano oltre 100 contagiati.

Quello del Don Orione più che un focolaio di contagio è un vero incendio. Il 15 ottobre la struttura è stata commissariata dalla Asl, su richiesta del sindaco di Avezzano, Giovanni Di Pangrazio per la “durata necessaria al superamento della situazione di emergenza”: carabinieri e Procura indagano su quanto successo.

Spetterà agli inquirenti accertare se le responsabilità del contagio siano attribuibili in via esclusiva al sacerdote dell’istituto religioso (accusato di essere andato in giro con la febbre all’interno dell’istituto) oppure verranno avvalorate anche altre ipotesi, come ad esempio il mancato rispetto dei protocolli di sicurezza. Sul punto è intervuto Giorgio Fedele, il consigliere regionale del M5Stelle, marsicano:

C’è un’indagine aperta sul contagio in questo istituto che determinerà le varie responsabilità sul caso. Quello che però emerge è che la Regione aveva l’obbligo di verificare con i propri ispettori l’accuratezza e l’appropriatezza del rispetto di tutti di standard sia dell’accredito in generale che del rispetto delle prescrizioni Covid.  Si è dovuto attendere che si infettassero 100 persone per far si che si attivasse un’indagine, ma la Regione aveva l’obbligo di controllare anche le condizioni in cui operavano gli operatori nelle strutture sanitarie private, oltre che quelli pubbliche, dove alcune volte si è assistito a reparti ridotti a veri e propri lager. Nello specifico, spettava ai vertici sanitari vigilare e verificare le condizioni della Nuova Salus di Trasacco e del Don Orione, ma ciò non è stato fatto!”.

Giorgio Fedele al parlamentino dei sindaci marsicani

Una residenza assistenziale sanitaria, quella del Don Orione, ancora nell’occhio del ciclone. Ma in attesa di capire cosa è realmente successo e di chi sono le eventuali responsabilità, vediamo alcuni dettagli su chi questa Rsa la gestisce.

Rsa Don Orione: la cooperativa KSC live

La residenza sanitaria assistenziale Don Orione ad Avezzano è accreditata dalla Asl regionale e, dal 2015, è gestita dalla cooperativa sociale KSC live, con sede a Bergamo. Il contratto, stipulato tra la  la KSC live e la Provincia Religiosa SS. Apostoli proprietaria della struttura, scade il 22 dicembre prossimo.

Tra gli adempimenti a carico della cooperativa KCS live, vi è lo Svolgimento e la gestione dell’attività della casa di riposo, dal vitto alla gestione dei posti letto degli anziani, inclusi tutto l’insieme dei servizi socio-sanitari e dei servizi infermieristici, dei servizi di sanificazione dell’ambiente, dei servizi di manutenzione ordinaria, del servizio medico e del servizio socio-educativo. Questa cooperativa – che conta 52 dipendenti nella Rsa di Avezzano ma ben 770 nelle varie sedi distribuite in tutta Italia – fa parte del Consorzio KCS caregiver.

Consorzio KCS caregiver

Il Consorzio è nato nel 2017 ed ha sede in Lombardia. Conta in totale piu’ di 5mila collaboratori, distribuiti nelle varie coperative e società aderenti: KCS live Cooperativa sociale, KCS caregiver Cooperativa sociale, Or.s.a. Società cooperativa sociale, Progetto A. società Cooperativa sociale, ROSA Cooperativa sociale, SpH Soluzioni per Hotellerie società Cooperativa, NDS srl, Eporlux srl, SMA Ristorazione srl, S&L Sicurezza & Lavoro srl.

Si tratta di un Consorzio, insomma, leader nazionale nella gestione globale ed integrata di strutture specializzate per la terza e quarta età e per la disabilità. Negli ultimi tempi, però, è balzato agli onori delle cronache nazionali anche per altri motivi. Oltre alle vicissitudini giudiziarie di Aldo Frecchiami – amministratore della KSC live, deceduto nel marzo del 2020 e sostituito da Armando Armandi – è finito sotto la lente di ingrandimento proprio per sospette disfunzioni nella gestione di diverse strutture in varie zone d’Italia.

I morti e le inchieste

Sono molti i disservizi denunciati nelle case di riposo del milanese, del parmense e liguri dove ad operare è KCS caregiver.

Nella Rsa Accorsi di Legnano – gestita dalla cooperativa KCS caregiver – nell’aprile 2020 ci sono stati circa 35 morti. Secondo i parenti, gli ospiti della struttura sanitaria non avrebbero ricevuto le dovute cure e attenzioni e i familiari non sarebbero stati informati sulle reali condizioni dei loro congiunti.

A Neviano degli Arduini, in provincia di Parma, una delle piu’ colpite dal covid, opera la Rsa Villa Matilde: la gestione da 4 anni è stata affidata dal comune alla KCS caregiver. Qui in un solo mese, su 74 pazienti, si sono registrati 31 morti. Questa la denuncia rilasciata ai carabinieri da un medico del 118, dopo che aveva visto che non era garantita nessuna protezione per operatori e pazienti:

Una realtà paragonabile a un lazzaretto. Quando è morto mio padre in un solo giorno sono morte altre 5 persone”.

Nel 2016 questa struttura era finita nel mirino anche per alcuni operatori sospettati di maltrattare gli assistiti: in quell’occasione, però, la KSC Caregiver si era dichiarata estranea ai fatti contestati, costituendosi parte civile contro i dipendenti accusati.

Anche nella casa di riposo di Coronata (Genova), affidata in convenzione sempre alla Kcs Careviger, su 105 ospiti nell’aprile scorso si sono contati 25 morti.

Il caso piu’ recente riguarda la Rsa Mazzini di La Spezia, dove su 72 presenti si sono registrati 61 casi di contagio. I sindacati hanno scritto al prefetto che la causa del focolaio potrebbe ricercarsi nelle disposizioni che la KSC caregiver ha dato ai lavoratori. Denuncia il sindacato:

Sono stati costretti nella fase iniziale a riutilizzare le tute monouso dopo il lavaggio delle stesse; una gravissima operazione che ha esposto personale e pazienti alla malattia e, ancor più, nella grave carenza di personale infermieristico e oss. I lavoratori non dispongono di DPI adeguati, molti indossano le tute di carta dei supermercati; non sono disponibili prodotti adeguati per la sanificazione…“.

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