Avezzano – Un mezzo viaggio in città (2)

Giuseppe Pantaleo
Giuseppe Pantaleo
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All-focus

Da via C. Corradini penetro anche in questa zona – strana e diversa anch’essa dalle altre –, questo «buco» per via delle abitazioni molto distanti; inizia da qui la zona illuminata del tracciato. L’ultima volta che ci ho messo i piedi, è stato il 20 maggio 2022 per scattare qualche foto ai numerosi rifiuti accumulati (bottiglie di plastica), come sa chi segue questa testata. Qualche metro di muretto che la separa dal marciapiede di via Aquila è stato buttato giù da alcuni mesi. Noto che in fondo è rimasta la catena che segna la proprietà; vi sono dei sacchetti di spazzatura all’ingresso. Il tracciato è cosparso anche questa volta di contenitori di bevande (soprattutto birra) e bottiglie di plastica: è la caratteristica di questo pezzo. È spuntata perfino una bottiglia di latte (vetro) e una gruccia di plastica. Le novità degli ultimi giorni sono rappresentate dallo scheletro metallico di una piccola sedia sdraio e un corto pannello di polistirolo, verso la fine.  Scrissi qualcosa su quel posto nel mio blog tra il 2007 e il 2008; tra l’altro, m’impressionava che in un certo periodo dell’anno scomparisse qualsiasi traccia di vita vegetale a fianco delle abitazioni: napalm? (La parte finale è a pochi metri dal bordo del Quadrilatero).

La proprietà non è segnalata nel primo tratto di via Morino (via XX Settembre e via Castel di Sangro). Procedo su un passaggio asfaltato a destra dei binari, a lato di un ex laboratorio di marmista abbandonato da anni, anziché sulla strada priva di marciapiedi. Trovo sparsi scatoloni, contenitori e cartacce – è pulito nonostante tutto; c’è un’automobile parcheggiata a cavallo dei binari. Da via Castel di Sangro inizia la zona dei canari e delle canare: è abbastanza larga –, finisce in via Opi. Cammino sulla sinistra, da quando più di uno ha divelto diversi paletti e catene indicanti proprietà; si fa proprio così quando manca un marciapiede, ci si sposta sul lato opposto al senso di marcia: è questione di buonsenso più che di codice della strada. È aperto un cantiere edilizio sulla sinistra, proprio sui binari. È la zona più pulita del tracciato nonostante le sue dimensioni; immagino che oltre alle erbacce eliminate alla fine della stagione calda – è rimasto alla fine giusto qualche esemplare di Datura stramonium L. –, abbiano pensato anche ai rifiuti. Noto infatti, solo cartacce, lattine di bibite, un pannello di polistirolo, un mastello dell’indifferenziato, una sedia di plastica rotta. (Tre paletti della recinzione rimasti ancora a terra). Ho un momento di smarrimento, a un certo punto: hanno spazzato via una parte delle macerie del «ponticello» smantellato anni addietro. Proprio da lì partiva il Rio, un rigagnolo largo poco più di una spanna che attraversando la strada (allora bianca) finiva ben presto in mezzo a uno spazio tuttora incolto, una sessantina d’anni fa. (Iniziava da quelle parti e si spingeva verso est una zona piena di minuscole risorgive). Mi capita, in questo tratto ma non questa volta – anche accanto al deposito di legname (Tarquini) –, d’incrociare carcasse di gatti, topi e uccelli. Anni addietro, un (noto) ornitologo abruzzese mi disse che i rapaci di una certa taglia vanno… a pranzo nel Fucino, ma rimangono stecchiti sulla via del ritorno per la quantità di sostanze chimiche impiegate dai coltivatori e assunta involontariamente da quei volatili. Sono parcheggiate lungo la strada ferrata alcune automobili presso l’incrocio con via Opi.

Passo su via N. Paganini, abbandono il binario che ora si trova sulla mia destra. Tale tronco presenta diverse particolarità. La prima, è il suo essere talvolta più stretto o più largo dei tratti precedenti, la seconda è la presenza d’interruzioni, aperture per le abitazioni e le officine. Un’altra peculiarità rispetto alle parti precedenti è la presenza (numerosa) di rifiuti speciali: cemento, tegole, mattoni, residui di demolizioni domestiche; non immaginavo tutto ciò così vicino al centro – è diverso nel resto della periferia. (Pilastrini giù e catene strappate, come in precedenza). Vi è una gran varietà di rifiuti: barattoli d’ogni genere, bottiglie varie, contenitori diversi, giocattoli, una kefiah, flaconi di psicofarmaci, sacchetti di rifiuti domestici, borchie di ruota, scarpe, sacchi della spazzatura, vasi e sottovasi. Si trovano ancora sparsi anche oltre i binari, le foglie e i rami abbattuti dalle ventate di tre settimane fa. Ecco, sarebbe utile svolgere qui le cosiddette giornate ecologiche del Comune più che sul monte Salviano: durerebbero più ore quelle scampagnate…

Si restringe ancora la zona legata alla ferrovia, dopo via Sant’Andrea; inizia un tronco privo di qualcosa dove procedere staccato dalla carreggiata dal mio lato mentre dall’altra parte il marciapiede manca, o è strettissimo. Il tratto è più pulito (borsa da donna, fazzoletti di carta, bomboletta di gas, sacchetti di rifiuti domestici, taniche di vino), ma la vegetazione riprende a inghiottire la ferrovia soprattutto dopo la confluenza di via T. Pomilio. Oggi è la metà di novembre, non riesco a immaginare come fosse lo stesso posto dopo le piogge e le temperature di uno o due mesi fa. (Sto parlando di un pezzo della storia recente di Avezzano, uno dei pochissimi a disposizione). Vi è davvero poco spazio tra i binari e le abitazioni, ancora meno con la carreggiata; mi sono chiesto – per fortuna distrattamente – come potrebbe essere modificato quel tratto, cosa esso potrebbe divenire. Spunta un paio di arbusti tra le traversine poco prima di raggiungere via Nuova… Migliora abbastanza la situazione per quanto concerne la quantità dei rifiuti; il marciapiede di sinistra si allarga dopo via Pozzillo.

Raggiungo località Sambuco, dopo aver attraversato via Nuova (via della Trara). C’è molta vegetazione proprio all’inizio; mi fermo e torno indietro dopo pochi metri, al solito: la vedrò mai tutta? L’ex ferrovia dello zuccherificio è una struttura che gli avezzanesi ignorano collettivamente; fu sprecata la ricorrenza del centenario del terremoto: qualche sfilata e spettacolino in meno e qualche visita in più a ciò che resta della città pre-1915 avrebbe giovato.

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Lavoro come illustratore e grafico; ho scritto finora una quindicina di libri bizzarri riguardanti Avezzano (AQ). Il web è dal 2006, per me, una sorta di magazzino e di laboratorio per le mie pubblicazioni.