Sketch avezzanese di mezza estate

Giuseppe Pantaleo
Giuseppe Pantaleo
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Alla fine del mese, diversi amici mi hanno inviato un pezzo di giornale conoscendo il mio interesse per le questioni urbanistiche locali o forse c’entrava la «geografia» – P. Veri, Caritas, il sindaco vuole spostare la sede. «Mensa in centro? Poveri troppo esposti», in «Il Messaggero» 31 luglio 2023. Ho promesso a qualcuno di scriverci qualcosa sopra. Il giorno seguente prima delle 6.30, mi sono portato davanti al cancello della mensa per un paio di scatti ma alla fine ho desistito: c’era un tipo che dormiva là dentro. (Succede dall’anno scorso ma io lo avevo completamente dimenticato). È invece andata bene nel primo pomeriggio.

«La Mensa della Caritas in via Monsignor Domenico Valerii? Diventa un problema. Troppo esposta. Lo confessa [sic!] il sindaco, il cattolicissimo Gianni Di Pangrazio che pensa a spostarla.», «“qualcuno” gli ha sussurrato che, insomma, nutre una certa vergogna ad entrare in quella porta di via Valerii».

Da quando ha aperto la mensa San Lorenzo (1994), vi è gente che si lamenta per la presenza nei paraggi di determinati soggetti in attesa del pranzo o della cena ma finora, per quanto se ne sa in giro, non vi è stata nessuna denuncia alle autorità di polizia per reati di sorta; non si conoscono infrazioni commesse durante la permanenza lungo quel tratto di strada. Più volte invece, il termine «degrado» è stato associato ad alcuni frequentatori di detta mensa, come se si trattasse di sacchi di spazzatura anziché persone. Dal 1994, ripeto. Vale lo stesso discorso per il più recente Emporio solidale in piazza G. Matteotti: le famigliole o parti di esse in attesa dell’apertura danno fastidio. (Trattandosi di Homo sapiens non autoctoni, è più preciso utilizzare il termine razzismo che classismo). È bene ricordare le altissime vette raggiunte dal «dibattito» locale, ancora su quelle figure al tempo della recente pandemia – davano fastidio perfino le loro foto apparse nel web durante il lockdown, quando gli avezzanesi stavano – appunto – tappati dentro casa. (È invece riportato nel citato articolo del Messaggero: «Gli avezzanesi, si sa – dice il sindaco [–] sono generosi»). Nihil sub sole novum, perciò.

La situazione appare – in questa intervista – improvvisamente, misteriosamente cambiata, ribaltata: è UN frequentatore di quella struttura che si ribella alla città sentendosi additato per la sua condizione. (Sorge spontanea la domanda: e tutti gli altri?). In una cittadina di 40mila persone è facile immaginare, con buona approssimazione, come se la passa il vicino di casa o la tipa strana dell’altro isolato; è semplicissimo informarsi su chiunque. Quel signore, per lamentarsi in quel modo, certo condurrà da decenni una vita da eremita; dovrebbe essere – nonostante le ristrettezze economiche – anche dannatamente choosy.

In realtà, non è un dramma per nessuno tutto ciò in una città europea negli ultimi millenni: chiunque ha diritto a muoversi, circolare e sostare dove meglio crede. E poi, spostare quella mensa dove, fuori dal centro? (Che la sposti a fare, altrimenti?). Considerando che i poveracci vivono soprattutto nella periferia, in quale quartiere desidera, ambisce, preferisce nascondersi quella persona, quando va a pranzo e a cena? E se viene la stessa fantasia a qualcun altro che abita casomai in un’altra parte della città? (Mais où sont les pauvres d’antan?). A questo punto è anche facile immaginare che cosa succederebbe se, chi si rivolge al citato Emporio o al magazzino di via L. Cadorna (vestiario), dovesse sentirsi spiato, osservato dalle persone di passaggio e riferisse le sue sensazioni al sindaco. Sposterebbe quei due punti di riferimento? Nel caso di chi dorme vicino al sottopassaggio della stazione ferroviaria e trascorre la giornata da quelle parti, se confidasse al primo cittadino il fastidio delle migliaia di persone che gli sfilano di fianco durante la giornata, in tal caso, Di Pangrazio proporrebbe lo spostamento della stazione ferroviaria? (A Rfi ovviamente).

Come comportarmi con le persone che conosco, che da mesi o anni mi hanno informato della loro frequentazione di quel posto e che incrocio là davanti – a circa cento metri in linea d’aria da casa – di quando in quando?

Riporto un brano simpatico, roba da fumetti per ragazzini, sempre da quell’articolo. (C’è un cambio di prospettiva da parte della stessa persona nel giro di pochi righi). Un tipo che «prende l’aperitivo [lungo corso della Libertà] e poi si mette a osservare chi entra alla mensa della Caritas» situata altrove «in via Monsignor Domenico Valerii», è uno che ha almeno un super-potere: come diavolo fa a vedere attraverso tutti quei muri, talvolta molto vecchi e perciò spessi?

Penso a questo punto di aver non poco deluso chi si è rivolto a me con fiducia; il massimo che riesco a scrivere è che ritengo quell’intervento sulla carta stampata come un antipasto di ciò che sarà ammannito in città a livello ideologico, soprattutto sociale, una volta terminate le ristrutturazioni ma soprattutto le ricostruzioni in corso e la conseguente messa in vendita degli immobili; il secondo (decisivo) step sarà l’arrivo dei nuovi bottegai. (Procede lenta e inesorabile la cafonification nel Quadrilatero).

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Lavoro come illustratore e grafico; ho scritto finora una quindicina di libri bizzarri riguardanti Avezzano (AQ). Il web è dal 2006, per me, una sorta di magazzino e di laboratorio per le mie pubblicazioni.