Inchiesta di Capistrello: le cose che non si dicono

Redazione
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di Angelo Venti, Franco Massimo Botticchio e Claudio Abruzzo

E’ assai istruttiva l’Ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Giudice per le indagini preliminari Maria Proia, che chiude un anno di indagini coordinate dai Pm Roberto Savelli e Andrea Padalino e condotte dai carabinieri della Compagnia di Tagliacozzo guidati dal maggiore Edoardo Commandè.

L’impressione che si avverte quando ci si avventura nella lettura del provvedimento del Gip è che presenta troppe lacune e diverse domande imbarazzanti lasciate senza risposta: un’ordinanza che insomma non convince.

I FATTI – All’alba di martedì scorso una spettacolare operazione sconvolge il Comune di Capistrello. In azione 50 (cinquanta) carabinieri della Compagnia di Tagliacozzo coadiuvati dai militari di altre compagnie di ben 4 province: finiscono agli arresti domiciliari il Sindaco Francesco Ciciotti, l’ex consigliere comunale Corrado Di Giacomo e il responsabile dell’ufficio tecnico Romeo Di Felice, mentre per altri 7 indagati, tra imprenditori e professionisti, è stata invece disposta la sospensione dall’esercizio delle attività professionali per la durata di mesi 12. In totale sono 14 gli indagati, a vario titolo, per concussione, corruzione, turbata libertàdegli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, truffa aggravata e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

Sono sicuramente gravi le ipotesi di reato e molto pesanti le misure cautelari disposte dal Gip: sarà compito degli avvocati difensori degli indagati smontare le singole accuse, ma ad oggi tutto lascia ritenere che avranno gioco facile, in aula, nel far cadere buona parte delle imputazioni. Vediamo perché.

Una precisazione è opportuna. E’ possibile che l’Ordinanza di applicazione di misure cautelari non contenga tutte le carte del fascicolo consegnato dai Pm magari con informative della polizia giudiziaria, oppure che altri elementi e riscontri emergano dagli interrogatori degli indagati. Ma è altrettanto certo che ad oggi – a giudicare cioè dal solo contenuto del provvedimento del Gip – il castello accusatorio appare molto debole: tutto lascia prevedere, infatti, che difficilmente reggerà nel processo.

Quello che salta subito agli occhi, nell’ordinanza, è che contiene un misto di ricostruzioni confuse dei fatti e di interpretazioni fumose delle prove e dei documenti raccolti. Un fascicolo di un centinaio di pagine che in diversi passaggi – sia detto con il rispetto dovuto – ci pare tradisca la difficoltà degli inquirenti nella introiezione dei complessi meccanismi che regolano le attività delle pubbliche amministrazioni e anche le dinamiche tra i dipendenti degli uffici pubblici.

L’ordinanza diventa particolarmente interessante in alcuni passaggi lasciati in sospeso e che – almeno a noi profani – appaiono poco chiari.

La talpa in Procura

Macroscopico è il passaggio in cui, di fatto, si evince lapresenza di una talpa nella Procura di Avezzano. Nel finale dell’ordinanza compare una trascrizione di una intercettazione tra lo stesso sindaco e un interlocutore, dalla quale ci sembra di capire che il primo cittadino abbia tentato di conoscere cosa bollisse in pentola in Procura su Capistrello. Tale episodio viene probabilmente riportato nell’ordinanza per rafforzare la richiesta di arresto del sindaco Ciciotti per pericolo di inquinamento delle prove. Ma se ciò è realmente avvenuto significa che probabilmente esiste una talpa in Procura: rivelazione di segreto d’ufficio? E sono state svolte indagini per accertare l’identità della talpa?

Sul punto saremmo scettici, poiché nella trascrizione dell’intercettazione – pubblicata tra l’altro sulla stampa – l’interlocutore del sindaco viene curiosamente rubricato sotto la voce “UOMO non meglio identificato” Questo sconosciuto – caso unico nel folto elenco degli intercettati coinvolti nell’inchiesta – meriterebbe almeno di essere identificato e, chissà, sentito. Potrebbe persino rivelarsi un millantatore…

Gole profonde

Ma quello appena sopra rappresentato potrebbe non essere l’unico caso di leaks di questa indagine. Nel riepilogo dell’intercettazione del colloquio telefonico intercorso tra il sindaco Ciciotti e la giornalista Annalisa De Meis del giorno 15 settembre 2017, nel corso del quale si commenta un articolo uscito sulla stampa il giorno precedente, testualmente leggiamo (dalla sintesi riportata nell’ordinanza):

[…] Il sindaco parla con Annalisa De Meis. Lei dice di aver visto l’articolo che gli hanno fatto sul Centro. Il Sindaco dice che denuncia tutti, poi chiede ad Annalisa chi, secondo lei, dà le notizie a Raschiatore. Annalisa risponde che prima di tutto è Commandè [maggiore dei carabinieri che ha coordinato le indagini, ndr], poi la Procura […]

e più avanti:

[…] Lei si raccomanda caldamente con il sindaco di non far uscire questa cosa di Commandè […].

Il passaggio intercettato non è da poco. Se il giornalista ha il diritto dovere di procurare, verificare e pubblicare notizie rilevanti e anche quello di proteggere la fonte mantenendone segreta l’identità, gli inquirenti, al contrario, sono vincolati dalla legge – almeno questo – a mantenere il segreto sulle indagini in corso. Come per il caso precedente, anche qui si rileva che nell’Ordinanza del Gip non vi è cenno ad alcun approfondimento sulle circostanze prospettate e che – per inciso – riguardano proprio l’indagine in corso. Anche, e soprattutto, per acclararne l’infondatezza.

Asservimento della stampa alla politica

Come si vede quello dei rapporti con gli organi d’informazione è un tema delicato, a cui gli inquirenti dedicano un’attenzione particolare, quasi morbosa, e poco appropriata. Fino ad arrivare alla sospensione dall’esercizio della attività professionale per la durata di mesi 12 di una giornalista.

Delle 92 pagine dell’Ordinanza del Gip ben 21 sono infatti dedicate a teorizzare ”l’asservimento della stampa alla politica” e “ai desiderata del primo cittadino”. Peccato che dalle prove documentali raccolte nel provvedimento del Gip – fermo rimanendo che se l’asservimento costituisse una fattispecie penale assisteremmo al collasso dal già periclitante sistema della giustizia italiana – si possa al massimo desumere quale sia, e dovrebbe essere, il normale rapporto intercorrente tra Sindaco e Addetto stampa.

Granchio clamoroso, questo, che tratteremo nel prossimo articolo.

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