Guerra all’informazione – Esercito israeliano uccide altri 3 giornalisti a Gaza: in 3 mesi sono 110 i colleghi ammazzati

Si tratta del fotoreporter Ali Salem Abu Ajwa e dei giornalisti di Al Jazeera Hamza Wael Dahdouh e Moustafa Thuraya. La denuncia dei colleghi: "Israele ha ucciso di proposito questi giornalisti per ‘terrorizzarci’ affinché smettiamo di fornire notizie da Gaza”.

Angelo Venti
Angelo Venti
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Da sinistra: Ali Salem Abu Ajwa, Moustafa Thuraya e Hamza Wael Dahdouh

Il fotoreporter Ali Salem Abu Ajwa è stato ammazzato nel corso di un bombardamento aereo su Gaza City, mentre Hamza Wael Dahdouh e Moustafa Thuraya sono stati assasinati mentre si recavano a Rafah per coprire un servizio giornalistico per conto dell’emittente Al Jazeera.

A provare ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che il gran numero di uccisioni di operatori dell’informazione a Gaza non sono casuali ma sono il tragico risultato di una precisa e intenzionale decisione dell’esercito israeliano, è proprio la dinamica dell’assassinio dei due giornalisti di Al Jazeera. L’auto su cui viaggiavano Dahdouh e Thuraya è stata centrata da un missile di precisione lanciato da un drone israeliano: un omicidio mirato e pianificato con cura, una vera e propria esecuzione.

Dal 7 ottobre – in appena tre mesi di guerra – sono ormai 110 gli operatori dell’informazione assassinati dalle truppe israeliane. “I giornalisti nella Striscia sono gli obiettivi privilegiati dell’esercito israeliano” è l’accusa rivolta al governo di Netanyahu.

I giornalisti di Al Jazeera Moustafa Thuraya e Hamza Wael Dahdouh

I giornalisti sono nel mirino dei militari e vengono uccisi deliberatamente per impedire loro di documentare i crimini dell’esercito contro la popolazione civile palestinese. L’enclave di Gaza è infatti completamente chiusa ai giornalisti stranieri: gli unici ad assicurare alla stampa internazionale quel flusso minimo di notizie e immagini su ciò che sta succedendo alla popolazione civile è un pugno di giornalisti palestinesi che rimasti all’interno continuano ostinatamente il loro lavoro. Testimoni scomodi che gli israeliani vogliono mettere a tacere, uccidendoli uno dopo l’altro nel silenzio dei governi occidentali.

Dopo gli ultimi tre omicidi, i colleghi degli assassinati denunciano esplicitamente che “Israele ha ucciso di proposito questi giornalisti per ‘terrorizzare’ i colleghi affinché smettano di fornire notizie da Gaza”. In un comunicato diffuso dalle autorità di Gaza, vengono sollecitati i sindacati della stampa, dei media e le organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani a “condannare questo crimine e a denunciare la sua reiterazione da parte dell’occupante“.

I giornalisti Hamza Wael Dahdouh e suo padre Wael Al-Dahdouh,

Uno degli uccisi, Hamza Wael Dahdouh, era il figlio di un altro giornalista, Wael Al-Dahdouh, corrispondente da Gaza di Al Jazeera, il giornalista che alcune settimane fa apprese mentre era in diretta che un bombardamento israeliano aveva distrutto la sua abitazione uccidendo gran parte della sua famiglia. Ed è proprio il padre Wael a ricordare oggi il figlio Hamza con queste toccanti parole che dovrebbero rappresentare una lezione per chiunque svolge questo lavoro:

Mio figlio non era parte di me, era tutto di me. Era la mia anima. Queste non sono lacrime di sconfitta. Queste non sono lacrime di rabbia o di terrore. Sono lacrime di dolore per aver perso il figlio. Mio figlio era un giornalista. E io lo sono stato prima ancora che lui nascesse. C’è una grande ingiustizia in corso per chi vive qui. Chiedo che il mondo fermi questo massacro. Questa carneficina di giornalisti (109). Ad ogni modo continueremo a fare il nostro mestiere fino alla fine”.

Anche il reporter Ali Salem Abu Ajwa sembra sia stata la vittima predestinata di un omicidio mirato. Oltre ad essere giornalista, per gli israeliani aveva una ulteriore “colpa”: era uno dei nipoti di Ahmed Yassin, lo sceicco cieco fondatore di Hamas, anche lui ucciso in un attentato mirato nel 2004, colpito da un missile israeliano.

Un altro giornalista – Akram Al-Shafei corrispondente dell’agenzia di stampa Safa – è morto il 5 gennaio scorso a seguito delle gravi ferite riportate due mesi fa nel corso di un attacco israeliano durante l’assedio dell’ospedale Al-Shifa a Gaza City.

Le operazioni israeliane nella Striscia di Gaza avrebbero finora causato 22.835 morti tra i residenti palestinesi, di cui circa 10mila sarebbero i minori.

Sono invece 58.416 i feriti palestinesi, mentre si stimano in oltre 8mila i dispersi, di cui molti probabilmente ancora sotto le macerie e che rischiano di aggiungersi al già tragico conteggio dei morti.

Solo nella giornata di ieri si sono registrati nella Striscia 12 massacri di famiglie palestinesi, con 113 morti e 250 feriti. A rendere noto il tragico bollettino è il Ministero della sanità di Gaza.

Mentre l’attenzione internazionale è prevalentemente concentrata su Gaza, l’esercito israeliano continua i raid e gli attacchi contro i centri abitati e i campi profughi palestinesi della Cisgiordania.

Secondo l’OCHA (Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari), tra il 7 ottobre 2023 e il 5 gennaio 2024 in Cisgiordania e Gerusalemme est sono stati uccisi 315 palestinesi, tra cui 81 bambini. Il 2023 è stato l’anno più mortale per i palestinesi dei Territori occupati, da quando nel 2005 L’ONU ha iniziato a registrare le vittime.

Dopo il 7 di ottobre, contro i civili palestinesi in Cisgiordania, insieme alle operazioni militari delle truppe occupanti si sono moltiplicate anche le violenze da parte dei coloni degli insediamenti illegali israeliani: nei Territori occupati sarebbero ormai migliaia i palestinesi uccisi, feriti o arrestati arbitrariamente, mentre decine di centri abitati e campi profughi sono stati devastati dai bulldozer e dagli attacchi aerei dell’esercito.

Secondo Wafa, l’agenzia di stampa palestinese, nel corso di un’incursione dell’esercito israeliano a Jenin sono stati uccisi 7 palestinesi: sempre a Jenin, è rimasta uccisa anche un’agente della Guardia di frontiera israeliana. Nelle ultime 24 ore sono 11 i civili palestinesi uccisi dall’esercito israeliano: al chechpoint di Beit Iksa nei pressi di Gerusalemme est i militari hanno sparato sulle auto uccidendo un uomo, una donna e un bambino di 3 anni.

Un altro palestinese è stato ucciso dall’esercito israeliano nel villaggio di Abwein, vicino Ramallah: nella stessa zona, in un agguato di miliziani, è rimasto ucciso anche un arabo-israeliano.

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