Chi attrae Avezzano?

Giuseppe Pantaleo
Giuseppe Pantaleo
5 Minuti di lettura

Lo spettacolare incidente automobilistico in piazza del Risorgimento (domenica 19 marzo) ha innescato qualche polemica. Si è trattato di un automobilista che probabilmente non ci stava molto di brocca in quel momento. Si poteva evitare? No, secondo me. Non ha aiutato minimamente – a livello di pubblica opinione – lo straccio di polemica che ne è seguito: tutta fuffa. È nuovamente spuntata la categoria dell’«attrattività». (?). Ne tratto ancora ma prendendola da un altro versante.

A un certo punto chiedevo: «Vuol dire che cosa “città attrattiva”?» (Site, 12 settembre 2022). Finora, non l’ha detto, spiegato nessuno delle varie persone che continuano a discettare senza conoscerne il significato. (Porto un altro esempio locale. Uguale) Recentemente Roberto Verdecchia: «È volontà di questa Amministrazione portare a termine questo piano [rinnovo e manutenzione del patrimonio arboreo], per far sì che Avezzano abbia un patrimonio arboreo e di verde pubblico stabile, sicuro e bello, all’altezza del titolo di “Avezzano Città Giardino” che l’ha resa nota in tutta Italia.», 20 marzo 2023. Garden city è stato tutt’altro, come ho già raccontato – doveva essere uno schema per una città policentrica; l’assessore si è trattenuto per modestia nella parte finale – poteva far scrivere tranquillamente: «in tutto il mondo», tanto…

Il termine attrattività è ormai un classico nel loffio dibattito pubblico cittadino da un anno e mezzo a questa parte, impiegato anche in modo ideologico. Si parla in giro di città attrattive dagli anni Ottanta, i tempi della «Milano da bere» in Italia. Esso era un termine utilizzato in urbanistica per descrivere un movimento generato da grosse città, agglomerati serviti da un aeroporto, alcuni svincoli autostradali, almeno una stazione ferroviaria in cui approdavano anche i Tgv – è successivo il nostro Tav. È tuttora un movimento di persone tra città e città; è certo diverso dall’ultima tranche di spostamenti dalla campagna verso la città cui si è assistito negli anni Sessanta del secolo scorso, dovuti all’industrializzazione nella Penisola. Si cambia aria per andare a vivere in un altro posto. (Per vivere meglio). Che cosa li differenzia dagli altri, come sono attrezzati simili agglomerati? I loro centri direzionali sono in parte pedonalizzati, vi sono chilometri di piste ciclabili, costruzioni particolari (museo, multisale, centri multifunzionali, ecc.), molto verde pubblico, stabili e appartamenti ristrutturati o adibiti a B&b – anche per il coworking –, lavori di tipo creativo a gogò; negozi e locali alla moda. (Stipendi alti e orari flessibili). Negli ultimi quarant’anni, il capoluogo marsicano ha perciò avuto niente a che spartire – proprio niente –, con le città attrattive sparse nella Penisola. Il numero degli agglomerati urbani con una popolazione superiore al mezzo milione di abitanti è uguale a sei). Avezzano, in compenso, fornisce nuovi residenti a quei poli ma non solo, da tempi non sospetti – la sua popolazione, tra l’altro, è scesa di 1.854 unità da 42.515 negli ultimi sei anni. (La mazzata arriverà nei prossimi lustri, secondo gli esperti).

Leggendo di edifici e prodotti umani, uno studentello di biologia osserverebbe che anche lui è non poco infastidito nell’incrociare espressioni come «città resiliente» o «rigenerazione urbana» nel nostro parlare quotidiano. Non è proprio la stessa cosa: lui parlerebbe di concetti (molto) generosamente stiracchiati mentre io riporto termini che c’entrano come i cavoli a merenda con i problemi che vorrebbero descrivere o risolvere. Potrebbe anch’egli ricorrere al grimaldello dell’ideologia citata in precedenza: ci provo io. Torno al mio caso: che cosa copre, mette in ombra «attrattività»? Nasconde generalmente un vuoto d’idee e la povertà di proposte per quanto riguarda l’agricoltura, l’industria, la vita quotidiana in una cittadina come Avezzano. (Sempre le solite cose, da 8-9mila anni a questa parte…). Sono questi gli argomenti che tocca affrontare in primis dalla classe politica; da quanto tempo non si discute – anche collettivamente, pubblicamente – di certe questioni? (C’entra anche il comune cittadino, appunto). Dovrei pensarci un bel po’… È materia da storici, se non altro perché è passato davvero un sacco di tempo. Erano quelli invece i pensieri rimuginati, ripensati costantemente nella mente dei politici di quaranta, cinquant’anni fa; sono stati loro in fondo a rendere l’Italia, una potenza economica. (Per il momento, ognuno si viva la sua Desolation Row).

Condividi questo articolo
Lavoro come illustratore e grafico; ho scritto finora una quindicina di libri bizzarri riguardanti Avezzano (AQ). Il web è dal 2006, per me, una sorta di magazzino e di laboratorio per le mie pubblicazioni.