Avezzano, archeologia e nuove questioni

Redazione
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(Inizio con l’archeologia politica). Di recente ho pubblicato un brano di comunicato, che mi era apparso strano perché era stato riportato da due diverse testate giornalistiche in tempi distanti – materiale dell’amministrazione comunale riguardante il taglio e la piantumazione di alberi su via A.M. Torlonia, proveniente da Facebook; le informazioni in esso contenute erano utili, a detta dell’estensore, «per prevenire le solite e, mai come in questo caso, inutili polemiche». Non vi furono proteste o lamentazioni di sorta, non ricordando male. Ripeto: sono tuttora d’accordo con la serie di operazioni, progettate dal Comune, da svolgere su quella strada (Site, 28 dicembre 2022).  È stato tutto sistemato nella prima metà di marzo – anche via L. Cadorna –, prima del previsto. Giorni addietro, l’Amministrazione è tornata sullo stesso argomento, allo stesso modo. «A fronte di qualche polemica, […] l’assessore Verdecchia chiarì immediatamente [a dicembre, prima che iniziassero i lavori, ndr] il motivo degli abbattimenti», in Tornano gli alberi in via Anna Maria Torlonia: 58 nuove piante, in «MarsicaLive» 9 marzo 2023. Di nuovo: chi ha polemizzato o semplicemente ben-altrato? (Se non è sconveniente, si capisce…) Ammessa la presenza di qualche contestazione: perché non ribattere, rispondere nello specifico con maggiore chiarezza casomai? Penso invece che si tratti di una manovra diversiva, una specie di «guerra preventiva» per scoraggiare proteste di sorta, un metodo in voga fino a tutti gli anni Ottanta, prima di |Berlusconi| e della marea di complottismo innescata dalle recenti misure anti Covid-19. Nello stesso pezzo sono annunciate delle nuove piantumazioni anche su via Marruvio, via N. Sauro e via C. Battisti; una domanda: sono contento o mi dispiace tutto ciò? La prima. A proposito: è successo qualcosa in questi ultimi mesi?

Si parla di riscaldamento globale da oltre un secolo e mezzo ma solo negli ultimi decenni, è stato posto il problema di come combatterlo o almeno alleggerirlo; si tratta di cambiare in profondità i nostri metodi produttivi (agricoltura, allevamento, industria, edilizia) e le nostre abitudini – trasporti soprattutto. (Il Protocollo di Kyoto, che per la prima volta ha impegnato gli Stati a ridurre le emissioni dei cosiddetti climalteranti, risale al 1997). È necessario anche intervenire per mitigare alcuni effetti indesiderati (flash flood, ondate di calore, trombe d’aria), nei centri abitati: piantare alberi, naturalizzare eliminando l’asfalto e il cemento inutili; si parla e si applicano certe misure ormai da lustri, in giro. L’ultima idea che è spuntata da uno studio – apparso su Lancet non su una qualsiasi gazzetta di marosologia, avunculogratulazione meccanica o clinoglottologia –, è proporre la copertura a verde del 30% della superficie urbana; nel senso di piante distribuite nelle singole parti che costituiscono la città. Mi spiego ancora meglio: ogni quartiere dovrebbe avere una superficie alberata o a verde di circa un terzo della sua estensione; sto parlando di zone urbanizzate, non foreste, boschi o parchi (piccoli, grandi, così-così): asfalto + cemento. Si parla di microclimi, non sono contemplate forme di compensazione. (Tutta questa imponente operazione servirebbe per abbassare di circa mezzo grado centigrado la temperatura nei luoghi in cui viviamo quotidianamente ed evitare almeno le morti da calore). I governi del Pianeta interverranno con modi e velocità diverse nei prossimi mesi, si vedrà; immagino che qualche amministrazione comunale sarà più sollecita.

Tutto ciò, come inquadra, riduce ciò che ho scritto sull’argomento, nei mesi passati? Per ciò che mi riguarda: hanno senz’altro meno senso i miei annuali censimenti sulle piante recise e non sostituite dal Comune, nel Quadrilatero e fuori; a me interessava l’albero come un elemento che rientra nella storia recente della città – il centro direzionale costruito ex novo con marciapiedi e piante –, non un oggetto ricadente nella categoria Arredo urbano. La piantumazione rientra invece nella nuova proposta, come elemento di una politica legata a un’emergenza di tipo sanitario scatenata dalle (inedite) alte temperature – si tratta di evitare il più possibile agli umani problemi di tipo cardio-vascolare e respiratorio, abbassare il numero di collassi e infarti; anche diabeti. È superata dall’attualità perciò, questa mia ormai annosa abitudine? sicuramente è diventata una pratica superflua.

Gli altri? L’attuale amministrazione comunale è ferma all’anno zero per simili questioni, prevedibilmente e agli anni Cinquanta del Novecento quanto a faccende urbanistiche; d’altra parte, non ci si è nemmeno scomodati a scrivere due righi sull’argomento nel programma elettorale – roba da abbandonare nel dimenticatoio appena chiuse le urne delle Amministrative –, la stessa amministrazione ha stoppato l’iter per un nuovo Prg. Non c’è l’idea di una città bensì del paese con 4-5mila persone, in cui tutto, ruota intorno alla piazza – ve n’è una sola, com’è ovvio. Si tratterà invece d’intervenire a ragion veduta, calcolando minuziosamente (cartine, dati, dati, dati) se, quanto e dove sarà lo spazio da adibire a (nuovo) verde pubblico. È bene mettere da parte fin da ora il richiamo per allocchi – sono numerosissimi, d’accordo – della «città giardino», roba da fine Ottocento che ha perso ogni sua attrattiva dopo una trentina d’anni. (L’annunciato «parco periurbano» prevede addirittura delle impermeabilizzazioni del suolo…).

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