Spezzoni di ideologia avezzanese

Giuseppe Pantaleo
Giuseppe Pantaleo
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Nel mare magnum della retorica pubblica avezzanese, circola un’idea secondo cui la città non è più attrattiva.

Sorge spontanea la domanda: un agglomerato urbano dovrebbe attrarre chi? (Primo). Le città sono state attrattive per millenni; lo sono state nei confronti di chi lavorava e viveva in campagna – secondo un nostro modo di pensare. Non è più così da sedici anni, da quando oltre la metà degli Homo sapiens vive negli insediamenti urbani; nel Vecchio continente lo stesso dato risale alla seconda metà del Novecento. (Secondo). Le città europee sono caratterizzate e riconoscibili perché ospitano una serie di elementi (temi collettivi); succede che esse, nonostante tutto ciò, sono diverse l’una dall’altra.

Orbene, perché un agglomerato urbano attrae? Mi è capitato di raggiungere una città diversa da dove risiedevo perché c’era un concerto rock, jazz o di musica cosiddetta colta, un festival cinematografico, una griglia urbana che m’intrigava, una mostra d’arte, la presentazione di un libro, per questioni sentimentali. Ho passato una buona parte del tempo necessario a laurearmi a Roma. È anche successo che mi sono spostato per andare a trovare qualcuno ricoverato in ospedale o in una clinica. Ho acquistato – da giovane – due chitarre e buona parte dei materiali per andare in montagna a Roma. Diversi coetanei hanno cambiato città per lavorare e sono rimasti fuori anche da pensionati – anche a me capita di essere richiesto oltre Avezzano. Si è trattato – quattro volte su cinque – di agglomerati più grandi del posto in cui vivo. (Immagino che il mio lettore medio avrà avuto un’esperienza più movimentata della mia). Appunto, non è facile capire, immaginare – con gli strumenti a nostra disposizione – perché uno si rechi in un centro per mezz’ora, una serata, una giornata, una settimana, un mese o ci va addirittura a trascorrere il resto della propria vita. Posso definire un posto attrattivo ma ho delle difficoltà insormontabili se voglio pensare qualcosa che lo renda ancor più desiderabile, più appetibile.

(Un paio di libri di storia racconta come in Abruzzo, il benessere sia legato allo sviluppo dell’industria, dagli anni Sessanta del secolo scorso. Si è trattato di attività manifatturiere, non negozi di profumi, né spettacoli teatrali e nemmeno corse ciclistiche. È filato tutto liscio fin quando sono rimaste in attività numerose fabbriche, è poi subentrata una perdurante crisi che si è riverberata in altri settori – come dovrebbe essere noto).

L’«attrattività» è perciò una categoria su cui si può lavorare pochissimo o per niente. Vi è di più: essa nasconde qualcosa. Avezzano sebbene non più attraente, avrebbe dovuto conservare i suoi 42.515 abitanti o giù di lì; il Comune ha recentemente divulgato gli ultimi dati Istat: la popolazione avezzanese ammontava a 40.801 persone, a ottobre 2022. (1.714 meno che nel 2015). La questione è perciò più ampia perché siamo di fronte a un centro che oltre a non attrarre, non trattiene più chi si trova al suo interno. Per dirne una: perché i giovani non tornano una volta terminati gli studi universitari? Bisogna chiedere a loro per farsi un’idea. (In genere: fuori, a differenza di Avezzano, si guadagna di più e nessuno ti chiede di chi sei il figlio, né delle idee hai per la testa – roba da profondo Sud. Non è cambiato niente negli ultimi 60-70 anni…).

Non ha condotto finora a nulla, improvvisare sul termine «attrattività» negli ultimi sedici mesi – neanche in jam session –, com’era agevolmente prevedibile. Secondo me (repetita iuvant), bisognava consultare qualche demografo, qualche economista o qualcuno che sta studiando il fenomeno per indirizzare la discussione – anche per ricordare che tale situazione non cambierà entro il 2030 o il 2040. «Attrattività» ha ottime possibilità di finire nel dimenticatoio com’è già successo con «città territorio».

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Lavoro come illustratore e grafico; ho scritto finora una quindicina di libri bizzarri riguardanti Avezzano (AQ). Il web è dal 2006, per me, una sorta di magazzino e di laboratorio per le mie pubblicazioni.