Sicurezza sismica / 3 – Qualcosa non torna…

Franco Massimo Botticchio
Franco Massimo Botticchio
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Confusione e default comunicativo sulle scuole / 3: Qualcosa non torna…

[segue da: Confusione e default comunicativo sulle scuole / 2 – Il prefetto risponde]

Come in queste ore manifestatoci da diverse persone (ché fortunatamente non tutti sono tifosi intenti solo ad insultare, in special modo i fatti e le argomentazioni che non comprendono; qualcuno tenta di interagire, confrontarsi) siamo anche noi del modesto parere che le modalità burocraticamente eleganti con le quali – almeno a giudicare dalle poche informazioni che abbiamo sul tenore e i contenuti della riunione del giorno 8 settembre a L’Aquila – il Prefetto Alecci ha smontato la (non) emergenza delle scuole, stornandola sui primi cittadini del territorio, ha il drammatico torto di schermare e schernire la circostanza che molte scuole della provincia erano sostanzialmente inidonee a ricoverare esseri umani ed animali già in epoca precedente al 24 agosto 2016.

Il quid novi reclamato dal Prefetto è dunque, prima ancora di un risultato nel frattempo pervenuto (esempio: Pescina) un (momentaneo) ritorno di consapevolezza, di sospetto, vissuto, su spinta della componente genitoriale, dalle tante amministrazioni comunali proprietarie degli stabili, corse ad effettuare nuovi controlli, a riconsiderare l’affidabilità dei vecchi (qualora effettuati), e spintesi, cotante amministrazioni, a procrastinare l’inizio dell’anno scolastico di una settimana (lasso di tempo al termine del quale, anche ad essere straordinariamente solleciti nell’effettuazione delle prove, sarà oggettivamente difficile saperne molto più di prima sulla vulnerabilità di una struttura, ed incrociare tale dato con gli altri parametri), passo che sembra avere più un intento di azione sedativa sullo stato psicologico delle masse che le stimmate di un’effettiva utilità.

Nelle precedenti puntate ci siamo posti la questione di cosa effettivamente prescriva la norma in ordine alla valutazione delle risultanze della vulnerabilità sismica, a come debbano contenersi i proprietari delle scuole in presenza di indici infimi o molto bassi che non importino l’immediata dismissione della struttura esaminata. La vulgata che vorrebbe un “obbligo” di riapertura oltre lo 0.20/1 è del tutto campata in aria, e non può logicamente interpretarsi in tal senso la circolare della Regione Abruzzo dell’anno 2012 che abbiamo linkato nel precedente post. I riferimenti precedenti nel tempo a nostra conoscenza sono peraltro lastricati di lettere sino a risalire alla famosa ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri 3274/2003 (quella cioè originata dal dramma di San Giuliano di Puglia, dove in presenza di un terremoto di magnitudo 6.0 una scuola crollò con dentro i bambini), ordinanza che prescriveva obbligatorio l’indice di vulnerabilità sismica. Le lettere, le circolari, i pareri, come ognuno ben sa, non sono leggi. Persino alla strabordante sua circolare n.617 del 2 febbraio 2009 sulle «Istruzioni per l’applicazione delle “Norme tecniche per le costruzioni”», il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (non esattamente il bar di una frazione), alla prima delle 484 pagine complessive del tomo – che tange anche il tema di nostro interesse – premette giustamente che:

[…] Il testo, pur essendo articolato e corposo, non travalica i compiti e i limiti propri di una circolare e, quindi, non modifica argomenti trattati dalle Nuove norme tecniche, né aggiunge nuovi argomenti, se non per informazioni, chiarimenti ed istruzioni applicative. Con le presenti istruzioni si è inteso fornire agli operatori indicazioni, elementi informativi ed integrazioni, per una più agevole ed univoca applicazione delle Nuove norme tecniche per le costruzioni […].

Questo concetto non lo ha vergato espressamente, nella sua inquietante nota sulla valutazione degli esiti della vulnerabilità, l’anno successivo, Bertolaso, ma ciò nulla toglie al fatto indubitabile che una lettera del Dipartimento di Protezione civile può fornire un punto di vista, un parere, giammai decidere come si sceveri una norma, magari integrandola. Consapevoli di ciò gli stessi autori di queste precisazioni intervenute nel tempo, tutti si sono ben guardati dall’affermare qualcosa d’altro oltre la responsabilità diretta di chi ha in capo il bene, proprietario che deve agire per definire il provvedimento più idoneo, eventualmente individuando uno o più livelli delle azioni, commisurati alla vita nominale restante e alla classe d’uso, rispetto ai quali si rende necessario effettuare l’intervento di incremento della sicurezza entro un tempo prestabilito (in altri termini: una semplice riapertura di una struttura con un basso indice, deve essere accompagnata da tutta una serie di provvedimenti in ordine all’adeguamento e al miglioramento sismico: circostanza folle per molte scuole, insuscettibili di un lungo uso futuro / e persino breve, forse). Dopo di che c’è l’indice di vulnerabilità, che esprime già di per sé un rapporto, e che la matematica stessa ci dice come considerare e collocare.

Per quanto, per nostra verificata esperienza, certi temi banali sino all’insignificanza siano in grado di accendere dispute assai più che i profili della tutela dal rischio sismico, non si sta discutendo, allo stato attuale, del materiale con il quale realizzare delle panchine in piazza o della instaurazione di un senso unico: la prospettiva che a breve, la prossima settimana, talune amministrazioni addivengano a ri-aprire strutture che il buonsenso consiglierebbe di dismettere, è reale e concreto. Negli scorsi post crediamo di aver mostrato a sufficienza a quali aberrazioni potrebbe condurre la miscela dell’elemento di opacità sul tema della corretta valutazione degli esiti delle prove di vulnerabilità sismiche unito al becero tifo di fazione. E vi è da chiedersi se il Prefetto – che sappiamo in procinto di lasciare la sede aquilana – non potesse incidere sostanzialmente di più, oltre a convocare i sindaci interessati dalle proteste dei genitori per dirgli, alla fin fine, che… era tutto come prima.

Certo, con la redazione di quella «nota di sintesi» (che tecnicamente non è un verbale) con gli interventi registratisi nella riunione del giorno 8 settembre, è almeno scongiurato il rischio che si assista, in futuro, nel disgraziato caso (facciamo gli scongiuri) di un futuro disastro, ad un nuovo processo stile Commissione Grandi Rischi, almeno nei confronti dell’apparato prefettizio. Però, dinanzi ad alcuni profili di grande criticità, forse dallo Stato ci si aspetterebbe un empito proattivo di altro spessore, meno burocratico. Opinione nostra, naturalmente.

Di questa «nota di sintesi» del Prefetto – della quale ieri abbiamo ottenuto e pubblicato il passaggio inerente il caso forse più grave in assoluto, quello di San Benedetto dei Marsi – non conosciamo l’esatto contenuto: incomprensibilmente non compare sulla homepage del sito della Prefettura, ove pacificamente dovrebbe campeggiare, né risulta che i municipi partecipanti e destinatari della stessa la abbiano ufficialmente diffusa e rappresentata agli amministrati. Qui entra nuovamente in gioco il tema, delicatissimo, della efficacia e della esattezza della informazione istituzionale, la cui crisi sta luminosamente emergendo in margine a questa vicenda delle scuole, e che ha tra i suoi primi effetti quello di ingenerare un corto circuito che si ripercuote gravemente e negativamente sulla percezione della situazione stessa, finendo per produrre la visione di intrattenitori e giornalisti di trasmissioni nazionali in attesa del sindaco fuori del municipio (visione che innesca a sua volta un ulteriore circolo vizioso di sospetto, ecc.).

Di esempi se ne possono fare tantissimi. Comprendiamo che la segreteria dell’Istituto comprensivo “Fontamara”, in procinto di insediarsi presso il giudicato di pace di Pescina, sia in tutt’altre cose indaffarata ma della notizia che dei due principali suoi plessi uno è stato chiuso (Pescina) senza requie e l’altro, San Benedetto dei Marsi, riaprirà tra una settimana (noi ci permettiamo di auspicare: mai più), non vi è traccia sul sito internet. L’ordinanza – a nostro modesto modo di vedere, totalmente sbagliata nella forma – emessa dal Sindaco di San Benedetto dei Marsi su via Fucino è annidata solo all’interno della sezione dell’albo pretorio e non sulla pagina principale del sito istituzionale di quell’ente (dove primeggiano i «numeri vincenti della lotteria Pro Feste Patronali»). Anche Pescina, che si è mossa con grande efficacia, all’atto di rendere nota l’ordinanza di chiusura delle scuole medie ha trasmesso per tre volte in due ore il proprio comunicato alla stampa…. Potrebbero apparire, alcune di queste cose, quisquiglie in rapporto alle questioni esaminate ma non è così, nel senso che occorre avere coscienza che una imperfetta o non corretta informazione può determinare effetti perversi non stimabili, pericolosi, imprevedibili.

Caso scolastico è quello del Comune di Avezzano, che tratteremo diffusamente analiticamente ed esclusivamente nella prossima puntata.

(3 – segue)

 

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