RADICI, il terremoto del 1915 – Provvisorio e definitivo: localizzazione dei ricoveri della Marsica

Redazione
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Le popolazioni superstiti del sisma del 1915 ebbero a misurarsi, nell’immediato, tra le repliche della scossa matricida, con i rigori di un inverno rigidissimo (che non poche persone atrocemente uccise, nel dopo terremoto).
Dopo i primi ricoveri improvvisati in strutture di fortuna – in aie e pagliari – e con suppellettili recuperate, esercito, autorità civili e comitati di soccorso provvidero alla bisogna attraverso la fornitura di tende, «copertoni catramati» (magnificati da Gaetano Salvemini a Balsorano) e, soprattutto, con strutture in legno (materiale pure di difficile approvvigionamento, stante la guerra europea in corso).
Già con la realizzazione delle cosiddette «baracche», nei primi giorni, autorità e scampati alla sciagura si posero il problema di dove insediare questi primi ricoveri, giacché immediata fu la percezione che l’individuazione delle zone destinate alle baracche avrebbe condizionato le direttrici della futura ricostruzione.
Un inestricabile e quasi insolubile intreccio tra stato di necessità (era essenziale che i siti delle baracche fossero prossimi alle vie di comunicazione, ed in particolare alle stazioni ferroviarie, ove giungeva il materiale), mozioni di attaccamento della popolazione al centro originario, velleità di avvicinarsi o tenersi prossimi ai luoghi di lavoro e dei propri interessi, velleità poco confessabili di alcuni notabili di preservare alcuni fondi di proprietà dall’esproprio per pubblica utilità (o di indirizzare in una certa direzione i ricoveri provvisori, sui possedimenti degli avversari e in prossimità dei propri).
Dove i centri avevano assunto l’aspetto di un enorme cumulo di macerie e di morte, fu giocoforza spostarsi, di poco (beninteso: anche qui si nota un certo rispetto del criterio di avvicinamento alle vie di comunicazione: Avezzano verso la stazione ferroviaria; San Benedetto dei Marsi, Gioia, Lecce, Cappelle verso la statale rotabile, ecc.): le decisioni furono assunte dagli unici attori sul terreno, ovvero Esercito e Genio Civile, concentrando in un unico nuovo nucleo i superstiti di diverse frazioni e località sparse.
Dove invece una parte di popolazione, attraverso i propri organismi elettivi o con la propria sola voce, riuscì ad interloquire, le dinamiche furono un poco più complesse, ed il solo fattore di vicinanza alle vie di comunicazione – che, ad esempio, determina in un primo tempo la traslazione di Aielli dal monte alla stazione – non è sufficiente (a Pescina, dove una prima cittadella viene impiantata alla stazione, nessuno pensa vi si possa insediare la popolazione: ad un mese dal sisma, proprietari e contadini disputano con i Bersaglieri accorsi e con il Comitato lombardo di soccorso se il sito da questo prescelto [quella che diverrà Pescina Nuova] per i primi ricoveri da realizzare – anche in materiale laterizio – sia o meno idoneo) a determinare l’abbandono tout court dei vecchi centri, quando pure decisamente poco accessibili (si pensi alla frazione di Meta di Civitella Roveto, la cui via di accesso è addirittura minacciata da un masso; o a Rendinara, che a differenza del capoluogo, Morino, non viene abbandonata).
A voler rendere uniforme un processo molto complesso e diversificato da infinite contingenze (ad esempio: la disponibilità di acqua; l’esposizione al sole), si potrebbe sintetizzarlo quale discesa verso gli scali, un’accelerazione del processo di passaggio dal monte al piano, una smedievalizzazione del territorio.
Quando con i comitati di soccorso e con l’Unione Edilizia Nazionale si parte per i ricoveri definitivi (le baracche asismiche), ci sono già le opere di urbanizzazione delle zone dove – come è scritto sui giornali e sulle cartoline – la vita sta risorgendo (ad Avezzano le vie sono denominate addirittura per lettera: A, B, C, D): i luoghi sono già implicitamente stabiliti. «Non c’è che il provvisorio che duri», ammoniva un grande pensatore-politico dell’Ottocento.
( fmb )

Tratto da: SITe.it edizione stampata – numero zero dicembre 2010

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