PESCARA, 2028 – Incubo di una notte di mezzo inverno

Redazione
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di Augusto De Sanctis*

La colpa questa volta non è della natura, cinica e bara. La colpa ha un nome e un cognome: Fabrizio Galadini, sismologo. Salgo anch’io sul carro di chi ormai è abituato a prendersela con il proprietario del dito che indica il problema e non con il problema stesso.

Sono a Matera, piene vacanze natalizie a casa di mia moglie che lavora in Basilicata, e alle tre di notte mi sveglio di soprassalto. Brutto sogno, casa mia a Pescara devastata dal terremoto. Balconi giù. Facciata staccata che quasi si ribalta. Mirò, il mio gatto che, salvo, fa capolino tra le macerie. Urlo a mia moglie di lasciar perdere i panni stesi (sì, mia moglie è così, di carattere anche nelle avversità). Ho recuperato la casa che fu di nonno proprio per non consumare nuovo suolo. Realizzata negli anni ’20 del secolo scorso a un piano e poi rialzata negli anni ’50. «Aaah! Rialzata!» mi aveva detto qualche giorno prima scandalizzato Fabrizio. Una lunga telefonata durante la quale mi aveva messo, metaforicamente parlando e con la grande grazia che gli è connaturata, il famoso dito letteralmente nell’occhio, parlandomi del rischio terremoti in Abruzzo.

«Aaah, rialzata! » diceva significandomi tutta la riprovazione per l’escamotage costruttivo tipico dell’Italia alle prese con lo sviluppo post-bellico ignaro dei famosi limiti allo sviluppo imposto da qualche vulnerabilità propria del territorio italico. Sul momento mi ero difeso rispondendogli che almeno il tetto è in legno, quindi più leggero. Mi ero azzardato, semi(in)conscio della strumentalità dell’affermazione, ad aggiungere che negli ultimi terremoti neanche una piccola crepa era comparsa nei muri di casa.

«Se si muove la faglia di Assergi-Campo Imperatore, ben più vicina di quelle di L’Aquila ed Amatrice, con quella qualità cementizia tipica del sacco delle aree costiere italiane degli anni ’60 e ’70 [e vogliamo dirlo, anche del 2000, ndr], qualche problemino lo avrete» continuava a vaticinare Fabrizio, anche perché la prima classificazione sismica Pescara l’ha avuta nel 2003. Un po’ com’è successo a Napoli nel 1980, con decine di morti sulla costa per un terremoto a decine di chilometri nell’interno.

Con la nonchalance che gli è propria mi stava smontando un po’ di vuote sicurezze. Dopo l’acqua e l’aria anche il suolo e il sottosuolo si aggiungevano ai motivi di preoccupazione per il capoluogo adriatico. Che palle, sempre a pensare alle sventure!

Il bello è che qualcosa in me covava da tempo e Fabrizio stava solo confermando un sospetto che avevo da quando avevo osservato sul DISS dell’INGV, lo splendido progetto accessibile a tutti che mostra nelle mappe su google l’andamento delle sorgenti sismogenetiche, che proprio sotto Montesilvano scorre una bella sorgente sismogenetica che, da Campotosto, si chiude in mare pochi chilometri a largo di Pescara. Si chiama proprio «Lago di Campotosto -Montesilvano»! L’avevo notata quella lunga striscia segnata da mani competenti. Faglie proprio sotto le distese di cemento della ridente protrusione settentrionale risultante dagli appetiti dei palazzinari di Pescara ancora insoddisfatti dopo aver coperto di cemento le sponde e le colline attorno al fiume? Possibile? Avevo osservato che il potenziale di quella faglia è un M 5,7. Inoltre, incrocia quella striscia un’altra proveniente da nord, parallela al mare per poi rientrare verso Città Sant’Angelo.

A suo tempo avevo pensato di fare un post su facebook; mi auto-censurai. «Magari sbaglio», mi dissi, e succede un putiferio.

Fabrizio, interpellato, risponde «non avresti sbagliato» aggiungendo felpato e da gran signore e scienziato qual è: «Beh, sì, un po’ come accadde con il terremoto di…. nel… con quei bei danni» (non ricordo, cita un evento che interessò una cittadina costiera).

Insomma, in me vi erano ormai tutti i presupposti per incubare il sogno che mi aveva svegliato in piena notte.

Ecco, ora sono sveglio. Con lo smartphone invece di andare per l’ennesima volta su facebook faccio qualcosa di più utile. Cerco i danni dei terremoti storici sulla costa. Quasi nulla, d’altro lato molti centri costieri neanche esistevano e quindi non vi era nulla da registrare. Se non danni a Fossacesia e Ortona. Oppure a Città Sant’Angelo. Beh, qualcosa c’è a volerla dire tutta.

Apro, leggo alle quattro di notte avidamente la relazione. Lavoro fatto internamente dal geologo del Comune. Da contribuente dico: Bravo! Dati forniti dai colleghi liberi professionisti. Bravi! Leggo che una parte del territorio cittadino ricade su due diverse zone sismogenetiche per i terremoti, la Rimini-Ancona con massimo 6,12 Mw atteso e la Medio-marchigiana-abruzzese con 6,37 Mw. Apperò. Che la distanza tra la sorgente sismogenetica «Lago di Campotosto-Montesilvano» dal centro della città è uguale a ZERO CHILOMETRI (ci sta proprio sotto il deretano, insomma). Emerge che i terreni dell’area attorno al fiume e lungo la costa verso nord e verso sud non sono proprio il massimo: potenzialmente soggetti a cedimenti e a liquefazione. Il geologo conclude ponendo queste aree in una Zona di Attenzione rimandando ad approfondimenti necessari nella microzonazione di terzo livello. Casa mia è in una delle aree.

Scopro che il Consiglio comunale di Pescara si è occupato della questione approvando, o, meglio, prendendo atto della microzonazione di primo livello con una delibera di Consiglio comunale del 2016.

La leggo. Uno si aspetta qualche provvedimento, almeno un invito alla cittadinanza a fare qualcosa per mitigare il rischio in generale. Una campagna informativa. Almeno nelle zone di attenzione. Una decisione di destinare immediatamente soldi alla microzonazione di terzo livello per chiarire i dubbi sulla presenza di aree in cui il rischio, già presente, si moltiplica per le caratteristiche sito-specifiche dei terreni dove sorgono le nostre case. Azioni per stimolare investimenti in miglioramento del patrimonio edilizio, come la detassazione (possibilmente senza far costruire come premio qualche migliaio di mc in più, ché abbiamo anche altri problemi a Pescara, eh). Si può fare? E che ne so, sono le 4:30 di notte. Magari qualche limite all’edificazione delle Zone di Attenzione in attesa degli approfondimenti? Ecco, sì, qualche sacrosanto divieto preventivo l’avranno pur messo. Eh, sì. Stai fresco, a Pescara, patria dei palazzinari. Dai su, d’altro lato esiste (esiste?) il cosiddetto «principio di Precauzione». In realtà, esisterebbe anche quello di Prevenzione ma ci accontenteremmo anche solo di quello più lasco di Precauzione.

Invece l’unica cosa che leggo è che, visto che le Aree di Attenzione sono state formulate in maniera ipotetica e che servono gli approfondimenti della microzonazione di terzo livello, insomma, che non sappiamo bene se c’è veramente questa moltiplicazione locale del rischio, il Piano Regolatore è già conforme alla microzonazione. Si continua, business as usual.

Bene, bravi! Posso tornare a dormire. Dormire. Tanto poi, se arriva la sveglia, nel caso, la colpa sarà tutta di Fabrizio Galadini!

 


*per la rubrica Cronache dal Futuro de «Il Martello del Fucino» / sul cartaceo con il primo numero dell’anno solare 2018 di quel misconosciuto foglio / chi volesse cimentarsi nell’ipotizzare gli universi paralleli e laterali del prossimo Abruzzo – ammesso e non concesso cotanta creatura del pensiero forte e gentile sopravviva al trimetilbenzene e all’entropia, può farlo, indirizzandosi a: ilmartellodelfucino@gmail.com

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