Oggi anniversario Concordato: costa all’Italia 3 miliardi di euro l’anno

Redazione
Redazione
3 Minuti di lettura

A porre la questione di ridiscutere i termini del Concordato è Roberto Grendene, segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), proprio nel giorno dell’anniversario della firma dei Patti lateranensi tra Stato e Chiesa, sottoscritti da Mussolini l’11 febbraio 1029.

Un Patto «che pesa sulle casse dello Stato per tre miliardi di euro l’anno», rimarca il segretario della Uaar che, a fronte dello stucchevole dibattito sul taglio dei parlamentari (che frutterebbe per lo Stato un risparmio di soli 80 milioni di euro l’anno), si domanda: «Taglio dei parlamentari? Ma perché prima non tagliamo il Concordato?».

Di seguito il comunicato stampa integrale diffuso dalla Uaar.

COMUNICATO STAMPA

Taglio dei parlamentari? Ma perché prima non tagliamo il Concordato?

«È veramente singolare questa smodata attenzione sul risparmio che deriverebbe dal taglio dei parlamentari (che frutterebbe quanto? 80 milioni di euro l’anno?) mentre nessuno parla di ridiscutere un patto che pesa sulle casse dello Stato per tre miliardi di euro l’anno».

Roberto Grendene, segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), commenta così il dibattito sul taglio del numero dei parlamentari che da settimane sembra aver monopolizzato il dibattito politico nel nostro paese.

«Oggi ricorre l’anniversario della firma dei Patti lateranensi», ricorda Grendene: «Quale momento migliore per riflettere su questo accordo del Ventennio fascista che nel 1984 fu rivisto in peggio dal punto di vista dei contribuenti, eliminando sì il carattere esclusivo della religione cattolica ma aumentando i privilegi di cui già godeva?». «È paradossale vedere quante energie sono state e sono tuttora assorbite dalla questione “taglio parlamentari sì, taglio parlamentari no” quando ben più risorse potrebbero liberarsi abolendo il Concordato: da solo – ricorda ancora il segretario Uaar -, il suo costo diretto e indiretto grava infatti sui contribuenti per circa tre miliardi di euro all’anno, con somme che pesano per oltre un miliardo come l’Otto per mille e assurde regalie come il pagamento delle bollette di acqua e luce per il Vaticano, che costano 5 milioni l’anno. Una uscita di denaro che peraltro non costituisce la totalità dei fondi che lo Stato destina alla Chiesa cattolica: bisogna infatti aggiungervi altri 4 miliardi di euro per un totale di quasi 7 miliardi di euro cui ogni anno lo Stato rinuncia a favore della Chiesa».

«A prescindere da come la si pensi a riguardo, di fronte a questo semplice raffronto, una misura come quella sulla quale saremo chiamati a votare con referendum il 29 marzo non può che apparire come fumo negli occhi. A quando – conclude Grendene – una classe dirigente che sappia prendere decisioni davvero nell’interesse dei cittadini?».

uffstampa@uaar.it

Condividi questo articolo