ARRESTI IN ABRUZZO – Mileti, D’Alesio, Venturoni…

Redazione
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Sino a quale segno può spingersi (ergersi) un’attività lobbistica? Sino a quale inveterato uso grimaldellesco di entrature e conoscenze può giungere, senza arrossire, un imprenditore, un procacciatore di affari, un politico? Sino a quale soglia può tollerare, un amministratore eletto, si discuta, in sua presenza (e magari nella sua propria stanza di ufficio), di provvedimenti amministrativi ancora di là da venire, di avere prefigurati –  senza impegno, per carità! –  i contorni che lo stesso dovrebbe assumere, quali sentieri la macchina burocratica (governata da egli stesso politico) dovrebbe (cortesemente) battere e quali lasciare?

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A queste domande, solo in apparenza bizantine e afferenti all’etica e alla filosofia politica, dovranno rispondere le varie Autorità chiamate ad indagare e a giudicare del nuovo “scandalo” della sanità della Regione Abruzzo, l’ennesimo fatto che richiama alla mente la banale constatazione che gran parte del bilancio regionale se ne va proprio per questa voce, la sanità.

Chi, sino a ieri, ha plaudito all’attività ristoratrice del diritto calpestato messa in campo dalla Procura della Repubblica di Pescara con le indagini di Montesilvano, Del Turco, D’Alfonso, ora, improvvisamente, si mette ad urlare, a paventare complotti, a prefigurare persino si voglia boicottare, con questa indagine, la ricostruzione post-terremoto.

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Le doglianze del senatore Piccone non ci sorprendono, e rientrano nella logica del piccolo gioco politico e non solo, visto gli appalti milionari che si è aggiudicato con la fornitura di infissi per gli alloggi del Progetto CASE.

Meno scontate ci appaiono altre reazioni, similari, di operatori dell’informazione, che lasciano piuttosto interdetti. Un sito molto serio ed informato, www.abruzzo24ore.tv, ha scritto di «Silvio e Lanfranco pagati con la stessa moneta», costruendo un parallelo (nientemeno!) tra l’avviso di garanzia per Berlusconi a Napoli nel 1994 con quello odierno a Venturoni. Fantascienza.

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Su altre prestigiose testate, ci si è attaccati ad un’espressione di uno degli arrestati, contenuta nelle intercettazioni relative al caso dei nuovi futuribili uffici asl di L’Aquila, per ritornare a bomba sull’ingravescente caso di Luciano D’Alfonso (e di una pretesa sua nuova «giostra»). D’Alfonso sarà come è personaggio molto importante, ma nulla c’entra con l’indagine del sostituto Varone oggi trattata dalle gazzette. A dirla tutta, i riferimenti, basati sostanzialmente su una battuta, verso l’ex sindaco di Pescara, hanno assunto una virulenza, nei commenti e nei blog, tale da fagocitare le risultanze giornalistiche e documentarie della inchiesta di questi giorni. Se non ci trovassimo nel ruspante Abruzzo, ci sarebbe da scrivere, al riguardo, di modalità degne delle campagne «Bivings group». Segno che è ancora molto temuto, politicamente, Lucianone… E, forse, che si tenta di deviare l’attenzione…

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Il leitmotiv berlusconiano dell’attentato alla volontà popolare, riadattato in salsa citeriore, non ci rassicura, non ci convince, temiamo sia fuorviante. E non solo perché come ha detto Maurizio Acerbo sarebbe paradossale, nel caso pescarese, gridare alle toghe rosse…
In realtà, gli attuali processi di riassetto regionali sembrano in mano a gruppi di potere totalmente autoreferenziali che il difetto di una pubblica opinione autorevolemente incisiva legittima alla perpetuazione, quasi dinastica in taluni parossistici casi (siamo arrivati alla terza generazione di politici della stessa schiatta, eletta con i medesimi sistemi propri del peggior familismo amorale di matrice meridionale).

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Mentre negli uffici di Conte di Ruvo si pianificava quel che l’indagine ci dirà se legittimo o meno [pianificazione che però già da subito possiamo condannare (in quanto grigia, opaca)], il commissario statale Redigolo ed i manager delle asl tagliavano, come tagliano, a tutto spiano, depauperando un’offerta sanitaria sul territorio che ormai si è ridotta ai minimi termini. Promesse di nuovi ospedali grandi domani, chiusura di piccoli ospedali oggi. In nome di un risanamento che pare debba ricadere solo sui deboli, lasciando inalterato il resto, da Angelini in giù. Il povero diavolo potrà sempre cercare una raccomandazione (in cambio del voto, beninteso;, quando va bene).

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In questa ottica, il vero ed antico orgoglio abruzzese, oggi prostrato e vilipeso da una politica becera che si avvita su se stessa in un teatrino pietoso, ci pare sia stato silenziosamente rappresentato da quei cittadini di Pescina e Tagliacozzo che dignitosamente hanno, per mesi, manifestato in difesa dei propri presìdi ospedalieri, senza chiedere nulla in cambio, senza appoggio di quelle lobby retrograde che Gianni Chiodi sosteneva ergersi a difesa dello status quo. Ora, per le lobby (legittime e meno legittime), sarà bene che il nostro Presidente si guardi più vicino, intorno, e consideri invece con più rispetto chi chiede una vera riforma della sanità che non mortifichi territori già svantaggiati.
Ma forse, con i tempi che corrono, essere svantaggiati è di per se una colpa.

Il Martello del Fucino

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