L’impianto irriguo a servizio del Fucino e la (mancata) depurazione delle acque fucensi: una ripartizione strabica dei fondi

Redazione
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L’impianto irriguo a servizio del Fucino e la (mancata) depurazione delle acque fucensi: una ripartizione strabica dei fondi

Da molti mesi le organizzazioni di categoria agricole, e in primis Confagricoltura, illustrano i presunti benefici che deriverebbero dalla realizzazione dell’«impianto irriguo fisso» a servizio della piana del Fucino – la cui progettazione è stata recentemente affidata, dall’Autorità di Bacino Liri-Garigliano e Volturno, al Raggruppamento temporaneo di imprese  BETA Studio/HR Wallingford – e che consentirebbe, a detta dei suoi sostenitori (alcuni dei quali, letteralmente “invasati”; e spesso non se ne comprende la ragione, essendo costoro né punto né poco interessati all’agricoltura), il superamento dell’attuale situazione nella quale i campi e gli ortaggi della piana vengono innaffiati con acque di pessima qualità pompate dai canali.

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Siamo d’accordo con Stefano Fabrizi su un punto: l’attuale sistema di irrigazione fucense è indecente e fuori legge perché si basa sul pompaggio di acque in gran parte non depurate che affluiscono nei canali dalle fogne di Avezzano e degli altri centri urbani e dagli scarichi delle varie attività produttive del territorio (allevamenti, imprese di trasformazione dei prodotti agricoli, attività artigianali e industriali di vario genere).

L’agricoltura fucense – senza troppi giri di parole –  è completamente fuori regola perché non rispetta le rigorose norme che prevedono il riuso delle acque reflue urbane solo se completamente depurate: qualsiasi discorso sull’«agricoltura di qualità» fucense, sulle IGP, etc. suona quindi come una presa in giro.

Tuttavia del problema delle acque depurate non si parla molto, mentre trova più spazio la questione della siccità, sulla quale si dibatte puntualmente ogni estate.

L’impianto irriguo fisso sarebbe per l’appunto lo strumento per superare il problema della siccità e per avere «acque buone e depurate».

A noi, invece, l’idea di tale impianto – in attesa di visionarne il progetto – non convince.

In primo luogo non si risolve un problema creandone un altro: le acque del Giovenco sono preziose, come le montagne che circondano il Fucino. I poderosi lavori di captazione delle acque fluviali, di sbancamento e cementificazione dei rilievi rocciosi e di posa dei tubi provocherebbero danni ambientali gravissimi e trasferirebbero (amplificherebbero) il problema siccità nella Valle del Giovenco.

In secondo luogo l’impianto irriguo non risolverebbe il problema dei depuratori (mancanti, insufficienti, non funzionanti) a servizio dei centri urbani e delle attività produttive artigianali e agricole: le acque di fogna non depurate (o pessimamente trattate) di Avezzano, ad es., continuerebbero comunque ad affluire nel Fucino. Le buone acque captate dal Giovenco continuerebbero a mischiarsi con quelle pessime delle fogne avezzanesi.

In terzo luogo le risorse finanziarie vanno distribuite in modo equo: e invece si prevede (o comunque si auspica) uno stanziamento di 100 milioni di euro per l’impianto irriguo e uno di soli 16 milioni di euro per i depuratori (mediante i fondi FAS destinati alle infrastrutture idriche, per il tramite degli Enti d’Ambito e del Gestore, sia esso il CAM S.p.A. o altro Gestore subentrante).

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Perché questa discrepanza? Oggi esiste un atto ufficiale che certifica lo sfascio in cui versa il sistema di depurazione e delle reti idriche nella Marsica: il piano industriale redatto dall’Amministratore delegato del CAM S.p.A., l’ingegner Ciarlini. Esso attesta che il 40% delle acque non vengono depurate e finiscono nei fiumi e canali insieme al loro carico di salmonella e batteri fecali; il 72% dell’acqua captata viene persa o viene usata da utenze sommerse; su 15 milioni di investimenti programmati nel 2010-2012 ne sono stati realizzati solo una minima parte (€. 300.000,00, ossia un cinquantesimo); gli impianti energivori sono la causa delle bollette milionarie del CAM S.p.A.; nei prossimi anni vi sarà bisogno di 35 milioni per gli investimenti riguardanti il sistema di depurazione.

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Insomma: il CAM S.p.A. è in stato di insolvenza; gli ortaggi di Fucino vengono innaffiati con acque non depurate; non ci sono soldi per investimenti sugli impianti di depurazione, e Confagricoltura chiede 100 milioni di euro per l’impianto irriguo.

C’è qualcosa che decisamente non torna.

Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano l’Autorità di Bacino Liri-Garigliano e Volturno, il Commissario Unico Straordinario Caputi e lo stesso CIPE su questa che a noi appare un’assurda e strabica ripartizione di fondi. Un vero e proprio stravolgimento dell’ordine delle priorità. Peraltro, ricordando il contegno del tutto asettico e disinteressato di Confagricoltura sul dissennato progetto di discarica di “Valle dei fiori” di Gioia dei Marsi (che pesantemente avrebbe condizionato le matrici ambientali e produttive di buona parte del Fucino, e non solo nel buon nome, giacché insistente sulla principale falda acquifera dell’altipiano, in un contesto carsico e franoso del tutto incontrollabile), questa posizione sull’impianto di irrigazione del dinamico duo Lo Bene-Fabrizi non ci stupisce poi troppo.

Roger [per “Il Martello del Fucino]

 

* Le immagini si riferiscono al progetto originario di Amplero (che da oggi in poi chiameremo “Amplero 1”), di trent’anni or sono, precursore dell’attuale, parrebbe di comprendere (che a buon titolo abbiamo proditoriamente ridenominato “Amplero 2” [la vendetta])
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