Le città invivibili #1 – Avezzano-Leonia: la spazzatura

Lapo Kalisse
Lapo Kalisse
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“Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti di Leonia d’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo i tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d’imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose di ogni giorno vengono fabbricate vendute comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove.”
Italo Calvino – Le città invisibili (1972) – Leonia

Forse il parallelo Avezzano-Leonia può sembrare impietoso. Per Leonia. Il capoluogo marsicano, infatti, non è più così opulento come una volta: basta fare un giro fra le vie disseminate di serrande abbassate per toccare con mano un declino non solo economico ma anche di civiltà e di amor proprio.

Della città-giardino, come era stata progettata alla sua rinascita dopo il terremoto, rimane ben poco: tutte le aiuole, con o senza alberi, sono diventate latrine per animali; sui marciapiedi si fa lo slalom fra cassonetti, cestini ricolmi di buste di immondizia e deiezioni varie; per le strade si fa fatica ad evitare le buche. In poche parole, girare per Avezzano è molto poco gratificante (per non dire che serve uno stomaco forte).

Anche il benvenuto a chi entra in città è dato dal sudiciume: tutti gli ingressi, infatti, sono ricoperti di cartacce e buste di plastica sventrate con pattume riverso dappertutto.

La responsabilità di tale degrado può essere equamente distribuita fra chi sporca, chi non pulisce e chi non controlla.

I cittadini

Non sono solo gli evasori della tassa sui rifiuti ad approfittare dei cestini gettacarte per liberarsi della propria immondizia. Fra i “cestisti” ci sono anche persone che, per vari motivi, preferiscono non tenere la spazzatura a “maturare” per una settimana nei mastelli assegnati.

Fra le varie segnalazioni documentate arrivate in redazione, al contrario di quello che la maggior parte delle persone potrebbe pensare, non ci sono immigrati o clandestini a sbarazzarsi del pattume in modo improprio. Anzi, nella totalità dei casi, sono sempre cittadini dall’aspetto ordinario, spesso alla guida di auto molto costose, a lasciare la propria immondizia in giro per la città.

Le attività commerciali

C’è molta creatività nel modo in cui vengono collocati in giro i mastelli per la differenziata da parte delle attività commerciali. Dato il costo degli affitti, il rimborso per i metri quadrati necessari per lo stoccaggio dei rifiuti in attesa di essere smaltiti dovrebbe, quanto meno, essere riconosciuto agli esercenti. Questo però non giustifica l’abbandono dei cassonetti su strisce pedonali, a ridosso di piazze verdi o semplicemente ad occupare, quasi interamente, il passaggio pedonale dei marciapiedi.

I netturbini

La pulizia di strade e marciapiedi viene svolta in modo molto superficiale da parte di chi ha il compito di garantire il decoro urbano. Il caso più emblematico è quello del mercato del sabato dopo il quale il centro cittadino rimane pieno di carte, buste e scatoloni che restano a girovagare (grazie al vento) per le strade della città.

Il lassismo di chi deve vigilare

La responsabilità della pulizia “approssimativa” dopo il mercato dipende anche dal fatto che, nonostante le strade dovrebbero essere chiuse al traffico (inspiegabilmente) dalle 5 alle 17, come indicano i cartelli che costellano le aree interessate, nessuno si prende la briga di controllare il traffico che, appena tolte le bancarelle, inizia a riappropriarsi delle strade negate.

Anche gli ambulanti che arrivano molto prima e vanno via molto dopo l’orario consentito intralciano il corretto svolgimento della pulizia (se è vero che la polizia municipale è dotata di telecamere di sorveglianza, non dovrebbe essere difficile verificare il rispetto degli orari).

Non si può chiedere al singolo cittadino di rivestire i panni del controllore ma non si dovrebbe neanche scoraggiare chi, armato di senso civico, cerca di arginare il malcostume denunciando o riprendendo chi insudicia le strade. A volte rischiando anche la propria incolumità.

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Lapo Kalisse è uno sciamano informatico e guaritore di gadget tecnologici. Dopo una lunga esperienza maturata come consulente ha acquisito la consapevolezza che l’informatica è lungi dall'essere una scienza esatta e, quindi, ha cominciato ad applicare metodologie animistiche all’IT.