L’Aquila –Autoriciclaggio e sostegno al terrorismo: arrestati 8 tunisini e 2 italiani. Particolari operazione e video

Redazione
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di Angelo Venti e Claudio Abruzzo

Foto, video riprese e montaggio Marco di Gennaro

Sono dieci gli ordini di custodia cautelare eseguiti questa mattina su disposizione del GIP Giuseppe Romano Gargarella. A finire agli arresti 8 soggetti di origine tunisina e 2 italiani, tra di essi l’imam della moschea Dar Assalam di Martinsicuro (Teramo) e una commercialista italiana. In totale sono 17 le persone indagate.

Video integrale della conferenza stampa sull’operazione – Riprese e montaggio Marco Di Gennaro

L’inchiesta sarebbe partita a Martinsicuro nel 2015. Nel marzo scorso erano state eseguite – tra Abruzzo, Piemonte, Lombardia e Marche – venti perquisizioni e diversi sequestri. In corso di esecuzione anche un sequestro patrimoniale nei confronti degli indagati per oltre un milione di euro, tra cui due appartamenti situati sulla costa abruzzese, acquistati riciclando il denaro provento dei reati oggetto d’indagine.

Le attività di polizia giudiziaria eseguite oggi sono state svolte con il supporto dei Comandi provinciali carabinieri e della Guardia di finanza di Teramo, Ascoli Piceno, Torino e Lodi e con l’attività di coordinamento assicurata dal Raggruppamento operativo speciale carabinieri e dal Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza.

Le ipotesi della DDA

MIchele Renzo – Procuratore Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di L’Aquila

Le ipotesi di reato su cui indaga la DDA dell’Aquila riguardano una serie di illeciti tributari, posti in essere per raccogliere ingenti disponibilità di denaro, in parte potenzialmente destinate al finanziamento del terrorismo.

In merito al coinvolgimento terroristico, da quanto finora reso noto dagli inquirenti non risultano rinvenimenti di armi o esplosivi e nemmeno coinvolgimenti diretti in attentati in Italia: quello che si ipotizza è il sostegno economico, in particolare nell’assistenza a chi si recava, attraverso la Turchia, a combattere in Siria al fianco delle formazioni terroristiche vicine al Fronte al-Nuṣra o di di matrice salafita.

Visti i tasti particolari toccati dall’inchiesta, a rivelarsi vincente è stata la scelta della DDA di affidare le indagini a due reparti – Gico della finanza e Ros dei carabinieri dell’Aquila – specializzati rispettivamente nella lotta ai reati finanziari e nell’antiterrorismo. L’inchiesta, infatti, viaggia tutta su due binari paralleli: reati tributari e sostegno al terrorismo internazionale.

Le indagini del Gico

Generale B. Gianluigi D’Alfonso, Comandante regionale Abruzzo

L’evasione fiscale e il riciclaggio sono tipologie di reato in cui gli italiani hanno dato ampia dimostrazione di essere dei veri maestri, sia come singoli che in forme criminali associate. E i tunisini arrestati, coadiuvati da una commercialista italiana, hanno dimostrano di essere dei bravi allievi.

Il troncone d’indagine affidato ai Gico conferma che lo schema adottato dagli indagati è quello classico, semplice e collaudato: una serie di società, diversi prestanome, artifizi vari per la creazione di fondi neri e infine il trasferimento illegale del denaro all’estero.

Per la creazione dei fondi neri si passa dall’evasione fiscale all’emissione di fatture fittizie, fino alla restituzione sottobanco di quote degli stipendi da parte dei dipendenti.

I Gico – attraverso controlli bancari e rogatorie internazionali con Inghilterra e Germania – hanno ricostruito tutti i flussi di denaro e accertato che il capo indiscusso del gruppo criminale è l’imprenditore K.J.: nato in Tunisia, residente a Torino, ma di fatto domiciliato in Alba Adriatica.

Tramite alcune società operanti nel settore edilizio formalmente intestate a dei “prestanome” e grazie anche al prezioso ausilio di una commercialista torinese e a numerosi artifizi contabili e reinvestimenti, K.J. avrebbe creato cospicui fondi neri poi trasferiti all’estero: destinataria finale di parte dei fondi neri una ditta individuale che commercia in tappeti.

La sede di quest’ultima ditta è a GANZIATEP, una città turca ai confini con la Siria. E qui, per gli inquirenti, si rafforzano i sospetti sul sostegno al terrorirismo internazionale e la palla passa nelle mani dei Ros dei carabinieri.

Le indagini dei Ros dei carabinieri

Generale D. Pasquale Angelosanto, Comandante Ros

Gazantiep è una delle città di transito per i volontari foreign terrorist fighters provenienti da Paesi europei, prima di attraversare il confine con la Siria. Qui i volontari venivano presi in carico da affiliati all’Isis che li agevolavano nell’attraversamento.

Nel corso dell’inchiesta sono emersi contatti continui dell’imprenditore tunisino con diversi imam radicali, di cui tre con precedenti specifici, di alcune moschee italiane: Martinsicuro (TE), Aversa (condannato per terrorismo internazionale), Latina, Milano (espulso per terrorismo), Bari (indagato per terrorismo). Inoltre, dai controlli dei Gico erano emersi flussi di denaro, in entrata e in uscita, tra l’imprenditore tunisino e diversi imam.

Dalle indagini dei Ros risulterebbe da parte dell’imprenditore tunisino una condivisione ideologica e compiacimento nella riuscita degli attentati in Europa; un riconoscimento del gruppo combattente jihadista «Al Nusra»; una condivisione ideologica verso la politica della Turchia.

Ci sono poi gli stralci di intercettazioni:

“Che botta però a Parigi, eh… mi tengo la mia opinione per me e me la tengo nel cuore”.

“Non è la questione credere o non credere, se ti è piaciuta o non ti è piaciuta. Con loro che uccidono i nostri figli noi uccidiamo i loro figli, con loro che uccidono le nostre donne noi uccidiamo le loro donne”.

“In Siria ci sono vari gruppi e non bisogna unirsi al gruppo sbagliato, I migliori sono Al Nusra e Fateh Al Islam che sono appoggiati da Stati come Qatar e Arabia Saudita. Ci sono altri gruppi che non si sanno comportare, Al Nusra invece è l’esercito dell’Islam, è un’organizzazione buona”.

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