La Protezione civile sbaglia tutto. E chiede comprensione agli sfollati

Redazione
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articolo originale 15 ottobre 2009

ABRUZZO Le tendopoli, secondo il piano del governo, dovevano essere chiuse a settembre. Ancora ci vivono seimila persone. E ora, dopo mesi di scelte unilaterali, si sollecita la collaborazione in vista di un’emergenza “improvvisa”: l’autunno.

Angelo Venti da L’Aquila

Arriva il freddo e i nodi vengono al pettine. La neve sulle montagne, le basse temperature, i forti temporali e la tromba d’aria di alcuni giorni fa ricordano agli sfollati che il rischio di passare un lungo inverno lontani dalle loro case è reale. E l’allarme suona anche per la Protezione civile, costretta a fronteggiare una nuova emergenza più che prevedibile, quella della evacuazione forzata delle tante tendopoli di cui è ancora disseminato tutto il cratere: sarebbero ancora seimila gli ospiti dei campi ufficiali. Le tendopoli, secondo i piani sbandierati dal governo, dovevano essere chiuse a fine settembre, in contemporanea con la consegna degli alloggi del Progetto “Case”.

Finora ne sono stati consegnati solo alcune centinaia, è prevista la consegna di altri 300 a settimana e comunque tutti quelli programmati, circa 4700, sono insufficienti per tutti. Già da una settimana è visibile la presenza di carabinieri in tenuta antisommossa con gipponi, giubbotti imbottiti e manganelli. Ma con l’esibizione dei muscoli, si tenta anche la linea morbida per convincere gli sfollati: indicativa la lettera congiunta di Protezione civile e Comune de L’Aquila diffusa in questi giorni. «Intendiamo spiegare con chiarezza le ragioni che rendono necessario e indifferibile il trasferimento delle famiglie finora accolte nelle tendopoli in alloggi provvisori di altro tipo, sia all’Aquila che nei Comuni dell’entroterra aquilano che lungo la costa della nostra regione – si legge nella missiva indirizzata agli sfollati e sottoscritta da Bertolaso e dal sindaco Cialente -.

Nell’arco di pochi giorni le temperature scenderanno rapidamente, rendendo le tende assolutamente inospitali. Siccome le persone che hanno abitato le tendopoli allestite dopo il 6 aprile sono migliaia, non possiamo permetterci che si crei, ai primi freddi, una nuova emergenza nell’emergenza».

Tra le righe si intuisce anche la consapevolezza degli errori commessi, in particolare dell’ostinazione nel tenere per sei mesi 30mila terremotati nelle tende e altrettanti ospitati negli alberghi della costa, saltando la fase della sistemazione provvisoria nei moduli mobili. Si è preferito invece spopolare il territorio con la promessa del passaggio «dalle tende alle case entro settembre», bruciando oltre un miliardo e 200 milioni di euro sottratti così alla ricostruzione vera.

«Gli sfollati nei Comuni del cratere sono stati più di 70mila – si legge nella lettera -. Sappiamo anche che restano coloro che hanno un immobile classificato B o C, ai quali vogliamo ricordare che sono stati messi in campo tutti gli strumenti necessari a garantire gli interventi di riparazione, così da consentire in tempi relativamente brevi il rientro nelle proprie case. Il Comune e la Protezione Civile si riservano di attivare la ricerca di soluzioni provvisorie che consentano l’attesa della fine dei lavori di ripristino delle abitazioni». Oltre agli sfollati con case distrutte, sono decine di migliaia coloro che hanno abitazioni inagibili con danni minori: non hanno i requisiti per i nuovi alloggi riservati a chi ha la casa distrutta o in zona rossa e mesi preziosi sono stati persi senza indicare le procedure per avviare i lavori di riparazione.

Molti di loro hanno provveduto in proprio, disseminando il paesaggio di baracche in legno. Ora la protezione civile, dopo sei mesi di scelte unilaterali, si appella ai cittadini a collaborare per «affrontare l’inverno in condizioni non proibitive», come se si trattasse di una emergenza improvvisa. «Contiamo sulla vostra collaborazione e soprattutto nella vostra comprensione, conclude la lettera – in questo ultimo grande sforzo comune che ci porterà insieme a festeggiare il Natale in un clima più sereno, tutti a L’Aquila, uniti per avviare il processo della ricostruzione della città». Natale. Peccato che non viene indicato di quale anno.

[ su TERRA del 15 ottobre ]

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