L’Aquila di cemento alla biennale di architettura a Venezia

Redazione
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Nel novembre scorso, insieme a Iginio Tironi, sono stato a Venezia per la proiezione del mio film “Radici – L’Aquila di cemento”, tenutasi presso E-picentro, cantiere di riflessioni sull’avvenire delle città vulnerabili. Nello spazio Thetis ragazzi e ricercatori al lavoro con intorno foto e cartografie della città dell’Aquila ferita. Forse la frase People meet in architecture non è  solo uno slogan, ma una ricerca di senso, un incontro tra il lavoro dell’architetto e dell’urbanista con le necessità di chi i territori li abita. Per Christiano Lepratti e Guendalina Salimei,  curatori del cantiere di riflessioni, c’è bisogno di un approccio culturale in senso lato per avere un nuovo progetto di città e un nuovo modo di viverla.
Percepiamo di essere nel luogo ideale per proiettare “Radici – L’Aquila di cemento”, un documentario sulla sostenibilità e il post terremoto, una trattazione incentrata principalmente sul problema sociale, un’analisi delle scelte urbanistiche imposte ad un territorio in ginocchio. Per L’Aquila non si deve ragionare sulla scala del singolo edificio, quartiere, o centro storico, è necessario ragionare sull’intero territorio. Un territorio è fatto dei suoi abitanti, della cultura che ha reso gli spazi quelli che sono. L’idea di lavorare in modo integrato con artisti, tecnici e scienziati provenienti da vari paesi europei è la chiave vincente del workshop veneziano. I tavoli di proposte artistiche, seguiti da Oreste Casalini, producono istallazioni per gli spazi verdi del centro storico dell’Aquila, colmando la necessità di luoghi pubblici nei quali i cittadini ri-diventano collettività.
L’Idea di partenza dell’artista è che il luogo  che racchiudeva la vita, dentro le mura della città, ora è diventato un luogo “esterno”, sconosciuto: “La zona rossa”, piena di misteri e pericoli.
Mente Locale diventa uno dei concetti più adatti per raccontare la nostalgia degli aquilani verso le rovine del nostro centro storico: lo spazio come proiezione del nostro abitare.  E così l’attenzione si concentra sul Progetto Case: un’imposizione culturale che cancella la mente locale, la “cultura” del territorio.
Ed è con l’oblio culturale e con la cancellazione delle radici, che bisogna fare i conti. Va superata l’idea dei quartieri pensati negli anni ‘60: luoghi funzionali al ruolo operaio allora, di inquilino che deve “solo abitare” oggi. Non servono i nonluoghi temporanei e non basta solo ricostruire il preesistente. Dobbiamo osare di più, dobbiamo ridisegnare la nostra collettività su spazi nuovi.
L’Aquila, città ricca di cultura, aspetta i propri abitanti chiusa dalle transenne.

(Luca Cococcetta, regista)

Tratto da: SITe.it edizione stampata – numero zero dicembre 2010

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