In giuria al premio Silone / 1

Franco Massimo Botticchio
Franco Massimo Botticchio
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Murale Aielli - Particolare

Il privilegio (tanto immeritato quanto non desiderato) di essere stato incluso nel novero dei giurati del premio Silone (quella corrente, che si materializzerà in diversi eventi che si terranno nella seconda metà del presente mese di agosto, è la ventunesima edizione) mi ha portato in dote la consapevolezza che quel che per molti anni ho modestamente pensato delle precedenti edizioni (fatte salve le prime) non fosse e non sia poi così peregrino, e l’amaro rafforzato convincimento che quella catena della quale trattammo in occasione dell’ultimo numero – ‘Centro studi Ignazio Silone’ / Premio / Regione Abruzzo: esattamente in quest’ordine – non sia in grado, con l’appropriatezza, la profondità e l’efficienza richieste, di assicurare il perseguimento degli scopi di studio e valorizzazione dell’opera di Silone e del mondo siloniano che da questa costruzione ci si attenderebbe. Core business che non può identificarsi e confondersi, semplicisticamente, con un calendario pur ricco di iniziative o la consegna di targhe.

Senza troppo indugiare su decisioni che sarebbe inopportuno anticipare o su dettagli di poco momento, nel complesso ritengo di poter dire che tutta questa costruzione del premio necessiti di un radicale ripensamento, senza il quale –  al netto di qualsivoglia discorso sulle risorse impiegate (che è troppo grillino perché mi interessi); o forse proprio in considerazione di ciò che si annunzia a tale riguardo –, la fine è nota, e non sarà piacevole (non mi sorprenderei, un domani, di scoprire di aver partecipato all’ultima edizione del premio).

A colpirmi molto negativamente, in giuria, sono state diverse manifestazioni di un mortificante provincialismo (provincialismo che, non ci stancheremo mai di ripeterlo, nel primo numero di ‘Tempo Presente’, anno 1956, era visionariamente rubricato quale forma di incoscienza), provenienti in massima parte dalla componente storica della macchina del premio (e in quanto tali ancor più gravi); componente che pure si pregia e fregia di essere emanazione di una grande città. E qui ci arrestiamo: nella consapevolezza : a) di essere di paese; b) di dare alle stampe un foglietto ciclostilato misconosciuto e di non detenere i titoli per somministrare lezioni; c) per rispetto all’età.

Potrebbe essersi trattato di dissimulazione (esercitata da taluni per scampare alle vane fole di un parvenu), pure mi sono accorto che diversi esiziali aspetti del contesto ‘Silone’ non sono sul tavolo, altre coordinate che definiscono la sua figura non risultano messe a fuoco, e molte questioni di funzionamento e sopravvivenza spicciola della macchina pescinese e regionale appaiono bellamente ignorate (come se non ci fosse un domani. Appunto).

Profilassi, per quel poco, pochissimo, che possiamo fare e proporre: cominceremo, prossimamente, a trattarne, di alcune questioni, partendo da quella, fondamentale, dell’archivio Silone.

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