Il sistema imperativo

Lapo Kalisse
Lapo Kalisse
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Quando la politica entra nelle dinamiche di mercato si muove sempre come un elefante in una cristalleria.

In questa ottica va interpretato l’intervento del governo americano nei confronti di Huawei per fermare l’ascesa di un pericoloso antagonista tecnologico capace, da solo, di mettere il bastone fra le ruote della politica di controllo della rete che l’America sta attuando da decenni.

Mi riferisco all’inserimento del gigante cinese delle telecomunicazioni nella lista di proscrizione che impedisce a Huawei di accedere a tutte le risorse tecnologiche di cui l’America detiene il controllo. La modalitá con cui è stata applicata (senza presentare neanche uno straccio di prova) la fa sembrare una scomunica come non se ne vedevano dai tempi dell’inquisizione.

Il secondo produttore di smartphone al mondo e leader nella produzione di apparati di quinta generazione (5G) nelle comunicazioni wireless ora non può più usare l’ecosistema Android in appannaggio a Google (l’88% del mercato) per far funzionare i telefoni che vuole vendere. Come se non bastasse le viene impedito anche di acquistare componenti prodotti direttamente o indirettamente (tramite licenze) in America.

Questa mossa dovrebbe anche recidere il business degli apparati 5G (vero obiettivo della manovra) su cui, per la prima volta nella sua storia, l’America non ha alcun controllo tecnologico.

L’autarchia che ha guidato finora le mosse dell’azienda cinese non l’ha messa al riparo dagli attacchi dei sudditi delle colonie americane infatti, anche se può tranquillamente supplire producendo in proprio le componenti che le vengono negate, potrebbe essere costretta da accordi di licenze a bloccare la produzione di microprocessori perché la ARM, un’azienda britannica acquistata dai giapponesi (Softbank), vuole revocare il permesso di fabbricarli.

Ripercussioni

Nell’arco di una giornata crolla miseramente il mito della globalizzazione e del mercato sovrano che si regola senza bisogno di interventi esterni.

Era solo una questione di tempo: dopo aver concesso condoni fiscali con il rimpatrio scontatissimo di capitali dall’estero e tante altre agevolazioni, sempre in ambito fiscale, ora la politica chiede in cambio alle imprese tecnologiche di sopportare il costo di una guerra commerciale e strategica che nessuno aveva in mente potesse essere messa in atto con tanta brutalità. Una miriade di aziende, non solo il gigante cinese, verrà ferita nei bilanci in un momento molto delicato di equilibrio precario.

Forse il governo americano cerca di innescare una rappresaglia per scaricare la responsabilità dell’imminente scoppio della bolla tecnologica addosso al governo cinese. Ma siccome queste partite vengono giocate di sponda, può darsi che la Cina lascerà cuocere nel proprio brodo gli Stati Uniti cercando di arginare solo gli effetti a breve termine.

Naturalmente la questione dell’inserimento nella black list di Huawei verrà sfruttata come arma di ricatto nell’ambito degli accordi commerciali fra le due nazioni, oggi in guerra per i dazi con cui si stanno colpendo a vicenda, anche se una verticalizzazione dello scontro difficilmente porta a soluzioni amichevoli.

La tempesta perfetta che si sta abbattendo sui mercati potrebbe però scompaginare i piani di tutti gli attori e innescare una spirale da cui sarà difficile uscirne indenni e nulla sarà più come prima.

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Lapo Kalisse è uno sciamano informatico e guaritore di gadget tecnologici. Dopo una lunga esperienza maturata come consulente ha acquisito la consapevolezza che l’informatica è lungi dall'essere una scienza esatta e, quindi, ha cominciato ad applicare metodologie animistiche all’IT.