CAM in Commissione vigilanza: testo audizione di Angelo Venti

Redazione
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La relazione è stata consegnata a Pietro Smargiassi, Presidente della Commissione regionale vigilanza, nel corso della seduta tenutasi giovedì 11 giugno nel Palazzo dell’Emiciclo, avente ad oggetto: “Piano Concordatario depositato in data 5 marzo 2018 dal Consorzio Acquedottistico Marsicano“.

Il Presidente Smargiassi aveva convocato, per essere auditi sul punto all’ordine del giorno, Corrado Rossi (direttore Generale ERSI), Alessandro Pierleoni (presidente Consiglio di sorveglianza del CAM), Felicia Mazzocchi e Mostacci Antonio (consiglieri del Consiglio di sorveglianza) e … Angelo Venti, giornalista, direttore di questa testata.

A presentare a fine gennaio la singolare richiesta di audizione è stato il consigliere regionale Simone Angelosante – ex Presidente dell’Ato 2 dal 2003 al 2007 e sindaco di Ovindoli, Comune socio del Cam – che in maniera quantomeno irrituale e senza ulteriori indicazioni aveva chiesto di “voler audire il giornalista Angelo Venti“.

Ad inizio seduta, è stata votata l’inversione dell’ordine delle audizioni e il primo ad essere sentito è stato proprio il giornalista. Questo il testo completo della sua relazione scritta con tutti gli allegati, che è stata consegnata al Presidente della Commissione vigilanza e allegata agli atti.

CAM spa – LA MEMORIA NEL CASSETTO

Angelo Venti,
Direttore di SITe.it e de “Il Martello de Fucino
Alla Spettabile Commissione di Vigilanza
del Consiglio regionale dell’Abruzzo
Oggetto: CAM spa – La memoria nel cassetto

Buongiorno Presidente. Buongiorno a Lei, ai membri della Commissione vigilanza e a tutti i presenti.

Dall’oggetto della convocazione che ho ricevuto, presumo che la mia audizione sia legata agli articoli da me pubblicati su CAM SpA. Lascerò comunque a Lei questa relazione scritta affinché venga allegata agli atti della Commissione di vigilanza.

Preciso che sono direttore della testata giornalistica «SITe.it», registrata nel 1998, e di un foglio a stampa denominato «Il Martello del Fucino», registrato nel 2004. Nel corso di questo lungo periodo, nelle vesti sopra descritte, a più riprese mi sono trovato ad affrontare le questioni riguardanti il Consorzio Acquedottistico Marsicano S.p.A., spesso con la collaborazione di Franco Massimo Botticchio e Claudio Abruzzo. Me ne sono occupato pubblicando numerosi articoli con diverse modalità: dalle decine di migliaia di copie stampate in rotativa di SITe.it alle centinaia di copie del periodico ciclostilato ‘Il Martello”, fino alla pubblicazione online su site.it della sezione speciale “Cam: il buco con l’acqua intorno

La crisi di Cam SpA è figlia di molti anni di gestione clientelare, non dissimile da quelle di quasi tutti gli altri attori regionali affidatari del servizio idrico, ma nella Marsica ha delle peculiarità proprie che ancora permangono e che mi rendono assai pessimista per il futuro. Ci troviamo, a mio giudizio, in presenza di un sistema di gestione trasversale del potere, molto pervasivo e ramificato. Solo a titolo di esempio: per certi versi possiamo dire che di tale sistema fa parte, o almeno ne ha fatto parte, lo stesso consigliere regionale Angelo Simone Angelosante, che ha richiesto questa audizione, non fosse altro perché dal 2003 al 2007 ha ricoperto la carica di Presidente dell’Ato 2 o perchè attualmente è anche sindaco di Ovindoli, Comune socio di Cam Spa.

Comincio dalla coda, assumendo che tutti sappiano cosa sia il Cam S.p.A..

Piano concordatario

Dalla richiesta di audizione avanzata dal consigliere regionale Angelo Simone Angelosante, mi par di capire che le criticità sulle quali il consigliere vorrebbe insistere siano legate solo alla procedura e ai costi del Piano concordatario, più che alla sua logica e alla sua coerenza di sistema. Debbo confessare che la questione dei costi della procedura, per quanto rilevante, non mi sembra sia quella di maggiore interesse.

In ogni caso, penso che la richiesta di essere audito sia scaturita soprattutto dall’articolo “Cam – Polemica spese concordato fallimentare: ecco le parcelle”, pubblicato su SITe.it il 20 gennaio 2020. (Allegato 1). L’articolo, in realtà, prendeva le mosse da precedenti dichiarazioni dello stesso consigliere Angelosante, fortemente critiche sugli importi delle parcelle, riportate in un articolo del collega Mario Sbardella pubblicato sul quotidiano “Il Centro” il precedente 11 gennaio 2020, dal titolo: “Debiti Cam in tribunale, parcella da 1 milione(Allegato 2).

Giornalisticamente, più che gli importi delle parcelle previste per la cura del Piano concordatario, ho trovato degne di maggiore attenzione le modalità con le quali si sono reclutati i professionisti, i loro nomi e il network di relazioni che si intravede. Il 17 febbraio 2020 ho infatti pubblicato il secondo articolo dal titolo “Concordato Cam – Il tandem Dello Strologo-Kpmg costa mezzo milione di euro(Allegato 3), seguito il 21 febbraio dal terzo: “Collegamenti curiosi tra affaire CAM, Banca del Fucino, Sicilia e servizi segreti(Allegato 4).

Non penso che negli importi, nomi e collegamenti riportati nei tre articoli vi sia qualcosa di illecito, di illegittimo oppure che le persone individuate non siano all’altezza del compito loro assegnato. Tutt’altro. Ma penso che le vicende descritte, almeno ai miei occhi, ricalcano la prassi da molti anni in uso nella gestione del Cam S.p.A., improntata su quel meccanismo di cooptazione che lo ha trasformato in una industria che macina carta e incarichi ancor prima che acqua e che, in mano ad un nucleo fondativo burocratico e di professionisti fedele innanzitutto a se stesso, deve continuare a vivere. Meglio: sopravvivere.

E’ un disegno che io vedo nitido e che ha animato, e continua ad animare, un management politico e gestionale che, con maggiore o minore capacità, è espressione dello stesso pensiero unico e della stessa commistione politica, amministrativa e consociativa marsicana degli ultimi venti anni. Prova recente di questo disegno è la pressante richiesta ai comuni soci, da parte degli uffici del Cam S.p.A., di accettare e procedere alla postergazione dei propri crediti vantati verso il Consorzio. Crediti in buona parte legati al mancato rimborso delle rate di mutuo sostenute dagli enti comunali per l’ammortamento delle reti idriche da questi realizzate ma utilizzate dal Consorzio [vedi: CAM, ultima spiaggia – «Postergazione volontaria dei crediti dei Comuni soci»: rivoluzione o truffa?] (allegato 5).

L’accettazione univoca di questa postergazione – una vera e propria scommessa che in caso di fallimento farebbe retrocedere di grado il titolo creditizio – esporrebbe i Comuni soci ad effetti disastrosi, alcuni di essi perfino al default. Questo ben testimonia la capacità di persuasione del nucleo operativo che siede tuttora al Cam S.p.A., che desidera ad ogni costo che tale ente, che ha dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, di non essere in grado di assicurare la fornitura di un servizio efficiente con i criteri di economicità richiesti dal Legislatore, vada comunque avanti.

Il dubbio che ha assalito molti è il seguente: per quale ragione non si sbaracca un Consorzio ormai decotto e, con buona pace di quei creditori finiti nel tritacarne, non si ricomincia da capo con una bad company? Perché un simile accanimento terapeutico sul Cam S.p.A.? Perché, dopo che la giurisprudenza è giunta ad affermare definitivamente che le società in house come il Cam sono da considerarsi “società commerciali”, i comuni soci accettano di giocarsi, con quella postergazione, tutti i residui risparmi del patrimonio comunale per salvare il Consorzio? Certo la circostanza che il concordato è stato approvato solo dall’esercito dei piccoli creditori, mentre i grandi lo hanno rifiutato, dovrebbe indurre a qualche riflessione sulla bontà di proseguire lungo un simile cammino [vedi: CAM tra ricorsi e parcelle pesanti: Concordato preventivo in Corte d’appello] (allegato 6).

Prospettive a medio e lungo termine

Non è il piano concordatario a dover preoccupare, tantomeno il costo bruto per la sua redazione: sono le prospettive future a lasciare poco spazio alle illusioni.

Infatti, anche se il fallimento del Cam venisse evitato, la gestione del servizio idrico integrato nella Marsica continuerà ad essere gravemente insoddisfacente. Mancano i numeri per le economie di scala e nemmeno si comprende come si porrà rimedio allo stato di fatiscenza delle reti e delle infrastrutture, alla spaventosa dispersione idrica e al danno ambientale che ogni giorno si consuma con la mancata depurazione, soprattutto nel Fucino. Costi di gestione, di manutenzione, di ambiente e di immagine, che andrebbero portati nel conto complessivo delle riflessioni da svolgere in vista delle scelte da operare.

Lo scenario auspicabile per il sistema Abruzzo dovrebbe essere quello di un’unica ATO ed un unico soggetto gestore per l’intera regione, finalmente efficiente, lontano dalle logiche spartitorie, dotato di risorse. In ogni caso, non può più essere la passata dimensione del Cam S.p.A. quella che potrà farci vincere le sfide del futuro, e nemmeno combatterle con qualche speranza di sostenerne l’urto per un tempo ragionevole.

Il Partito dell’acqua

Tanto scetticismo viene dall’analisi del passato. Un passato che ha visto il Cam S.p.A. in grave difficoltà persino a versare i contributi previdenziali per i propri dipendenti ma che è costellato di gravi episodi, non adeguatamente stigmatizzati dai cittadini, dai corpi intermedi e dalle Autorità, che ne hanno contraddistinto la vita.

In realtà, non era così difficile immaginare come si sarebbe finiti, se è vero che già a metà del primo decennio di questo secolo, in termini inequivocabili avevamo lanciato l’allarme sul cosiddetto «partito dell’acqua»: una locuzione su cui sospettiamo, consentitemi la battuta, di detenere il copyright (allegati 7-8-9).

Detto Partito, del tutto trasversale alle varie formazioni politiche e che sfugge sia al controllo degli elettori che degli utenti, si è ramificato sul territorio elargendo indennità di carica, consulenze, posti di lavoro, appalti, incarichi nei consigli di amministrazione, condizionando così anche i partiti tradizionali, gli enti sovracomunali e strumentali. Un Partito che è nato e si è radicato negli anni Novanta dello scorso secolo, grazie alla trasformazione della gestione del mondo dell’acqua, che sino ad allora, nelle nostre zone, era stato un compito svolto dai singoli comuni nella pura ottica della bollettazione di una erogazione minimale, senza alcuna implicazione di gestione e di progettazione, che era sostanzialmente demandata allo Stato e alle società pubbliche di sviluppo.

Un Partito del quale sarebbe difficile discernere una logica di azione e di scelte che non risieda nel mero cabotaggio politico-amministrativo, unito all’interesse di un ampio ceto di professionisti interessato ad operare – e fatturare – per la prima industria della zona, o almeno per la più docile nell’emettere i mandati di pagamento: il Cam S.p.A.

All’atto dell’avvio della mia – e di invero pochi altri – indagine giornalistica sul Cam S.p.A., questo cambiamento si era già compiuto con la trasformazione del Consorzio in una vera e propria società per azioni (per quanto sottoposta a vincoli di azione e di controllo di regime pubblicistico). Questa trasformazione non è stata però accompagnata da una metabolizzazione dei doveri e dei compiti dalla legge affidati all’ente, che si è seguitato a considerare come una sorta di ‘Pantalone’ dal quale tutti attingere. Una semplice visura storica del Cam S.p.A. Alla Camera di commercio, con l’analisi dei nomi alternatisi nei ruoli di consiglieri di amministrazione, revisori, sindaci, ecc… rende plastico il fenomeno appena sintetizzato.

Un breve excursus su quanto avvenuto è a mio avviso utile per inquadrare i fatti odierni, e anche per farsi una modesta opinione di come gli stessi potrebbero evolvere – a parità di condizioni – nel medio e lungo termine.

Ricordo il cosiddetto scandalo dei contatori, ovvero di un loro acquisto massiccio a trattativa privata, oggetto di infinite procedure giudiziarie, quasi tutte terminate in nulla. Ma il vero scandalo è quello che per anni, per interi comuni, la fatturazione delle utenze non sia stata emessa a consumo ma a forfait. Una modalità evidentemente fuori da ogni criterio di buonsenso, oltre che dalle norme, e non ancora del tutto scomparsa, devastante sotto il profilo del risparmio della risorsa idrica, del controllo delle perdite dele reti, dell’uguaglianza tra i cittadini utenti, ecc… [vedi: “Il contatore fantasma numero X“] (Allegato 10).

Si glissa per carità di patria sull’incredibile nascita della società preposta alla bollettazione e alla riscossione dei tributi per il Cam S.p.A., denominata «Ret», con un socio privato, non priva di implicazioni di gossip strapaesano.

I bilanci falsi

Oggi, quindici anni dopo, sappiamo oggettivamente che quei bilanci di Cam S.p.A., da allora sino a tempi relativamente più recenti, non rappresentavano la esatta istantanea della condizione finanziaria del Consorzio.

Questo possiamo dirlo con tranquillità giacché nell’inverno del 2012 si è scoperto – e a dirlo furono i rappresentanti del maggiore socio dell’ente, il Comune di Avezzano – che vi erano oltre 50 milioni di euro fuori bilancio. Oggi il buco al quale ci si propone di mettere una pezza è, come sappiamo, più che doppio: qualsiasi azienda privata nelle medesiome condizioni sarebbe fallita e i suoi esponenti, probabilmente, costretti all’espatrio. Da noi sono tutti ancora lì, asserragliati in municipi microscopici figli di una strutturazione territoriale amministrativa vecchia di due secoli. Non è un caso che le recenti vicende giudiziarie legate proprio al Concordato preventivo vedono coinvolti, tra politici, professionisti e società, decine e decine di soggetti

[vedi: Debiti CAM. Banca Sistema chiede a Comuni soci e dirigenti oltre 10 milioni di euro: ecco i nomi – vedi: Cam, “Operazione verità”: i citati a giudizio ora sono i 30 Comuni soci ed Ersi – vedi: Cam – Consiglieri sorveglianza e Sindaci revisori a giudizio per 18 milioni di euro ] (Allegati 11-12-13).

Sulle ragioni per le quali, tra gli anni 2007-2010 in particolare, siano stati adottati bilanci attestanti il falso possono formularsi diverse ipotesi. Quella più realistica è che certificare risultati economici negativi avrebbe portato all’automatica estromissione dagli incarichi di vertice di coloro che tali risultati avevano prodotto. Ci si è poi detto che forse la causa era la scarsa remunerazione dal regime tariffario. Ma all’epoca, comunque, si asseriva andare tutto bene: d’altronde i soci non votavano ad amplissima maggioranza documenti e vertici? [vedi: Alchimisti contro sciamani, al capezzale del Cam S.p.A.] (Allegato 14).

Ma che così non fosse lo testimonia la fluviale corrispondenza dell’epoca, intercorsa tra l’allora dominus del Cam S.p.A., il dottor Gianfranco Tedeschi – assurto addirittura, in quel tempo, a rivestire contemporaneamente la carica di presidente e quella di amministratore delegato (!) del Consorzio – e gli uffici regionali chiamati ad assicurare il cosiddetto ‘controllo analogo’, guidati dall’ingegner Pierluigi Caputi. Ingegnere che nello stesso periodo è stato chiamato, quale commissario straordinario, anche al capezzale dell’ATO2 Marsicano, ovvero l’organismo legittimante la convenzione con il Cam S.p.A. per la gestione del servizio idrico integrato. A ulteriore conferma del totale disfunzionamento del sistema.

Si tratta di centinaia di missive, talvolta più comunicazioni nello stesso giorno, nelle quali, in filigrana e talvolta con espressionistica chiarezza, emerge quanto lo sfascio del Cam S.p.A. fosse già evidente alla fine dello scorso decennio. Ma nessuno è intervenuto per arrestarne il mostruoso crescendo, o verificarne la capacità a svolgere il servizio con l’effettività richiesta dalla convenzione di inzio Duemila.

Senza scendere nel dettaglio – cosa che è impossibile in questa sede – posso ricordare come si registrò un lunare dibattito legato alla patrimonializzazione delle reti, ovvero all’inserimento del valore delle stesse, di proprietà degli enti comunali soci e aderenti al Consorzio, e certamente non di esso, nei bilanci consolidati nel Cam S.p.A. Scelta che allora fu comunque avallata da un coro di esperti e commercialisti, tutti naturalmente consulenti, in spregio della più elementarei norme di buonsenso. Allo stesso modo vennero tacitate tutte le perplessità che una pur esigua minoranza, sul Territorio, avanzò in ordine alla esponenziale crescita della voce dei crediti vantati dal Consorzio. Crescita però utile a bilanciare i maggiori costi registratisi nei singoli anni di esercizio e a produrre un risultato positivo del tutto irrealistico. Quanti di questi crediti siano poi risultati inesigibili o deteriorati, è cosa sin troppo nota, sebben in pochi abbiano esercitato quel sano esercizio di autocritica che li renderebbe, oggi, maggiormente legittimati ad operare di nuovo nella materia nella quale hanno fornito sì scarsa prova.

Si è arrivati, ma questa è pura commedia all’italiana, addirittura a fattutare utenze fantasma (allegato 10).

Nel mezzo, sempre in riferimento alla commedia dell’arte, episodi di gestione degni più di satrapie persiane che di amministratori e gestori responsabili, tra le quali infornate di dipendenti curiosamente provenienti solo da determinati paesi, e persino procedure pubbliche (poche) nelle quali si è registrata una prevalenza di candidati di determinati centri, evidentemente dotati di maggiore intelligenza e capacità genetiche di quelli circonvicini. Tutte cose narrate tranquillamente nei bar e nei luoghi di ritrovo della Marsica, che hanno soppiantato le barzellette per decenni in voga sull’Ente Fucino, che pur aveva lasciato centinaia di opere sul territorio, tra cui la stessa attuale sede del Cam S.p.A. a Caruscino. Del Cam S.p.A. non si può dire la stessa cosa. Incidentalmente: anche sulla individuazione di altra sede del Consorzio, prossima a quella poi adottata, dopo quella originaria di via Pertini ad Avezzano, credo più utile sorvolare, tanta è l’evidenza dell’enormità dei fatti, indagati con scarso profitto da chi era preposto a farlo.

La clava della giustizia

Qui arrivo al fatto personale (ma che solo in parte lo è). Quale è stata la reazione del sistema, dell’ambiente, a tutto ciò?

[vedi: CAM – Tedeschi contro il Martello: il comune senso del pudore] (Allegato 15)

Nell’archivio di «SITe.it» e di quello de «Il Martello del Fucino», sono conservate un gran numero di convocazioni, citazioni, memorie, tutte relative a cause per diffamazione intentate nel corso degli anni dal sunnominato dottor Gianfranco Tedeschi, sin dall’epoca nel quale egli era ‘solo’ geometra, prima di conseguire dei ben meritati titoli presso la famosa Link Campus University. Senza voler pietire solidarietà postuma o voler ingigantire vicende tutto sommato di impatto paesano (in senso becero), noto che l’azione delle preposte Autorità, giudiziaria e di polizia giudiziaria, è stata solo in questi casi piuttosto sollecita, attivando nei nostri confronti un gran numero di procedimenti penali sfociati in diversi dibattimenti. La stessa sorte è toccata a tutti coloro che, nel tempo, hanno provato a formulare critiche all’azione e alla gestione del Cam S.p.A., in particolare a quella che per oltre un decennio ha visto quale suo motore il dottor Gianfranco Tedeschi (ma non era / e non è solo lui / il problema).

Cito due casi: il dottor Giuseppe Ciotti (predecessore nella carica di sindaco di Cerchio del Tedeschi medesimo), e l’avvocato Paolo Di Cesare, sindaco di San Benedetto dei Marsi. Di Cesare già nel 2007 fece periziare quale socio, i bilanci del Cam S.p.A. contestandoli formalmente, successivamente espresse voto contrario sull’adozione del modello duale di gestione, più volte chiese l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori all’assemblea dei soci (ancor oggi, di fronte all’esito di certi conti, questa azione di responsanbilità è lettera morta). Anche Ciotti e Di Cesare hanno subìto un gran numero di procedimenti penali (taluni con ipotesi di reato gravi ed infamanti), o di natura amministrativa che sono risultati – mi permetto di dire, anche alla luce degli esiti successivamente intervenuti – destituiti di fondamento.

Mi sento in dovere di far notare come i due assetti di vertice del Cam S.p.A. che nello scorso decennio hanno ricevuto maggiore attenzione dall’autorità inquirente, sono stati proprio quelli che hanno tentato una rottura rispetto al clima imperante all’interno e all’esterno del Consorzio: sono quelli guidati dagli avvocati Lorenzo De Cesare e Paola Attili, che infatti sono durati poco. Nell’ultimo caso, sono stati disposti persino degli arresti e delle misure interdittive, a mio giudizio decisamente esorbitanti.

Il climax di un certo umore si è raggiunto in occasione dell’uscita di un numero del ‘Martello’. Per le stesse medesime espressioni, contenute nello stesso articolo e assunte come diffamatorie dal Tedeschi, sono stati aperti quattro (dicesi: q-u-a-t-t-r-o) diversi procedimenti penali, che sono andati avanti uno all’insaputa dell’altro: questo presso una procura delle dimensioni di Avezzano. E anche gli esiti sono stati diversi: tre sono stati archiviati, mentre per il quarto è stato invece emesso un decreto penale di condanna nei nostri confronti. Ironia della sorte ha voluto che detta emanazione è avvenuta nel mentre che quello che quel numero di giornale preconizzava – un buco milionario – veniva finalmente annunziato nelle edicole dalle locandine di tutte le cronache locali! Ma questo, mi sono detto, è in parte conseguenza inevitabile della consegna di querelare a prescindere ogni uscita di quel foglio, confessata dallo stesso Tedeschi. Per la cronaca: il decreto penale di condanna in questione è stato da noi impugnato e siamo stati infine assolti.

Il vero rammarico consiste nel constatare come tali molteplici querele per diffamazione tendessero ad avvalorare presunte motivazioni personali di chi scriveva, e che anche quando discusse non hanno quindi comportato l’analisi delle criticità sulla gestione del Cam S.p.A., che pure in quegli articoli oggetto di querela erano segnalate e documentate. Mi sono trovato, ci siamo trovati, a disputare su espressioni ironiche o a valutazioni sulla «complessione taurina» dell’interessato. Un vero peccato, che ulteriormente mi convince che vi fosse un’architettura complessiva tesa a stemperare, quando non a ridicolizzare chi sostenesse determinate tesi.

L’argomento sembrerà di poco conto ma non è per mero fatto personale. A fronte di queste infinite e defatiganti processi per pochi, il dottor Tedeschi, nel medesino periodo di tempo, poteva affermare di aver patito oltre trenta procedimenti penali per fatti legati alle sue cariche al Cam S.p.A., e di non essere mai stato rinviato a giudizio. Dato che cozza contro ogni logica statistica. E se oggi il percorso non è più così netto, pure – non è da riferirsi a lui, o non solo a lui questa considerazione – non è peregrino affermare, nel 2020, che nessuna vera luce è stata fatta in ordine al buco del Consorzio, e alle tante criticità che lo hanno portato sull’orlo del fallimento, e che in un modo o nell’altro, temo, lo affosseranno, in barba ad ogni tentativo di riavviarne la macchina.

Le cause ambientali

La prossimità, e talvolta la promiscuità, tra i comuni soci, gli investigatori, i politici, i dipendenti, non ha favorito l’approfondimento, non necessariamente da effettuarsi nella sola sede giudiziaria, sulle cause profonde delle ragioni dell’epocale default del Cam S.p.A.. La Magistratura, volendo formulare un bilancio a consuntivo, negli anni è intervenuta in maniera non sufficientemente profilata e, quando lo ha fatto, lo ha fatto con dei tempi biblici. Questo è un fatto. Ma il problema è più ampio.

L’ambiente è sostanzialmente immutato rispetto al passato (lo dimostra la postergazione di cui sopra), e non si vede come possa, per il futuro, produrre, partendo dagli stessi presupposti, risultati diversi e opposti. Non è un accidente che il socio che è stato il maggior sponsor di questa opzione di prosecuzione con il Cam S.p.A. attraverso la richiesta di concordato, il Comune di Avezzano, abbia avviato questa procedura annunciando la contestuale necessità di una sedicente ‘Operazione Verità’ che in realtà non vi è mai stata, e non solo perché quell’Amministrazione è poi caduta.

Non si può ripartire senza Verità, senza un’analisi delle dinamiche profonde di quanto è avvenuto e che fornisca elementi utili per valutare la sostenibilità delle opzioni future. Oppure senza una visione politica consapevole, che non può essere data dai commissari giudiziali, o dai professionisti che li assistono o dai commercialisti.

Resto naturalmente a disposizione della Commissione e dei Consiglieri regionali tutti ove si volessero approfondire le singole questioni sommariamente riepilogate in questo scritto, riferite all’ultimo ventennio, con la relativa documentazione.

Angelo Venti

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