Avezzano – Elezioni due/8

Giuseppe Pantaleo
Giuseppe Pantaleo
9 Minuti di lettura

Il voto degli avezzanesi è essenzialmente clientelare; non è necessario leggere qualche volume di sociologia o di antropologia sociale per capire tutto ciò, sapere che l’affidabilità nei confronti della classe politica è scemata, in Occidente, dopo la crisi economica di una dozzina d’anni fa, né rammentare la propria esperienza personale: è sufficiente confrontare la percentuale (alta) dei votanti rispetto a situazioni uguali o simili. Riprendo Marco Signori (AbruzzoWeb) che citava, a sua volta, un avezzanese ben addentrato nella vita locale: «non esistono partiti ma solo capibastone», 8 novembre 2016. I programmi elettorali hanno perciò un peso relativo in una campagna elettorale – finora è noto solo quello di Avezzano Bene Comune; chi è eletto può talvolta tenerne conto, in qualche maniera. Si leggono dei corposi patchwork formati da frammenti di discorsi, iperboli, riferimenti a un passato mitico, sogni di grandezza, dichiarazioni d’amore nei confronti della propria città e slogan (nuovi, vintage), durante le campagne elettorali per le Amministrative. (Frammenti utilizzati nei campi più disparati, con ammirevole disinvoltura).

Sortisce dalle dichiarazioni dei candidati, quale rappresentazione della città? Giovanni Di Pangrazio lanciò l’espressione «città territorio» già alle Amministrative 2017 – è il nome di una lista che lo sostiene in questa tornata elettorale.Che significava, qual era il senso di una simile locuzione? Conteneva che cosa? Nessuno ha saputo mai dirlo, spiegarlo. È stata ripresa di recente da Tiziano Genovesi (AbruzzoWeb, 16 luglio 2020). È stata modificata tre anni dopo in: «città-territorio», Movimento Cristiano Lavoratori (MarsicaLive, 14 gennaio 2020). È altrettanto recente: «città territorio consolidata», Sergio Di Cintio (MarsicaLive, 9 marzo 2020). È stato impiegato in senso quasi amministrativo il termine territorio; sarebbe stato meglio appoggiarsi a «comprensorio» o a Comunità Montana Montagna Marsicana: vi è almeno una quota a caratterizzarla. Nell’oppormi da una quarantina d’anni – da Avezzano – all’impermeabilizzazione di svariati metri quadrati di zona carsica (valle di Amplero, Collelongo) per la realizzazione di un invaso (ridurrebbe la quantità d’acqua nella falda acquifera sottostante, tanto per dirne una), ho fatto che cosa? (Un invaso da 9milioni di mc, non ricordando male).

Roberto Laurenzi (MarsicaLive, 16 dicembre 2019) usa una metafora marinara: «città [faro] della Marsica». Per Giuseppe Di Pangrazio Avezzano è la «città-polo del territorio» (MarsicaLive, 15 gennaio 2020). Ho letto di cittadini che «desiderano fortemente che la città di Avezzano diventi “Capitale della Marsica”», Cesidio Chiarilli per Noi con Avezzano, ora con Patto per la Marsica (TerreMarsicane, 4 marzo 2020). Una capitale presume uno Stato, un parlamento e la Marsica è solo un’area dell’Italia come tante. È ancora da quelle parti ma meno grave, quest’altra: Avezzano «[Città] Capoluogo di un territorio», Antonio Di Matteo (MarsicaLive, 12 giugno 2019). È questo il Leitmotiv delle recenti campagne elettorali; è bene riflettere sul fatto che se uno è davvero grande, non ha certo bisogno di ripeterlo (ossessivamente) ai più piccoli: se succede, è perché sa di essere piccolo ma vuol sentirsi grande.

Che cos’è in realtà – in un testo più ampio – Avezzano, il suo hinterland? Soprattutto, quanto pesa quella città – con o senza Marsica – a livello regionale, nell’Italia centrale, nella Penisola? Stiamo parlando di una cittadina rimasta da sempre nella periferia italiana, fuori dai giri che contano. Non solo, essa è «una città che deve riaffermare il ruolo guida di un intero territorio», in margine alla nascita della lista Avezzano al centro (MarsicaLive, 13 febbraio 2020): essa deve perciò recuperare una o più posizioni in qualche settore rispetto ad alcuni comuni più piccoli. Io mi chiedo: quanti anni ci vorranno prima che il capoluogo marsicano recuperi del terreno nei confronti di Tagliacozzo, un centro in cui s’investe nel settore del turismo da oltre un secolo? Castello Piccolomini fu fatto ricostruire dai celanesi in tempi non sospetti dopo il terremoto del 1915; gli avezzanesi hanno invece tenuto a mollo per svariati decenni Castello Orsini e il suo restauro lascia a desiderare, ma non solo: «Sul lato sud del castello si nota un foro per l’areazione dei camerini ricavati durante il restauro, negli anni Novanta. È preferibile spiegare meglio: ad Avezzano è stata bucata una cinta muraria probabilmente progettata da un importante architetto militare [Francesco di Giorgio Martini], in una delle costruzioni più antiche» – mi si perdoni l’autocitazione. La «cacciata» dei Torlonia non è stato, purtroppo, il preludio ad ammodernamenti di sorta nel settore agricolo, anzi. Mi capita d’invidiare in qualche maniera – ai nostri giorni, da residente in Avezzano – ai tagliacozzani il loro Festival Internazionale di Mezza Estate, Arzibanda ai capistrellani, il concerto clou della festa dei Santi Martiri a Celano; Aielli è ormai nota nella Penisola come il «borgo dei murales». Tralascio il confronto tra le celebrazioni per il centenario del terremoto (2015) svolte nei paesi dell’hinterland e le numerose passerelle nel capoluogo del comprensorio… È opportuno chiedersi: perché tanta differenza? È una questione di cultura più in generale e poi: il clientelismo, l’interesse personale è generalmente accantonato quando si tratta di ben figurare oltre il proprio territorio comunale, nel caso dei piccoli centri del circondario. (Capiranno mai gli avezzanesi, che il clientelismo si è lentamente trasformato in una palla al piede?).

Avezzano è in qualche maniera importante, eppure in diversi hanno denunciato l’imposizione di candidati sindaco «dall’alto», ancora e più che nelle precedenti elezioni. (Cito a caso Lorenzo De Cesare, in «Il Centro», 1 agosto 2020). È da chiedersi: quale «alto» se proprio in quella città vivono, si riferiscono, diversi responsabili provinciali? (Anche più in alto). Maurizio Bianchini (ex Fratelli d’Italia?) confermava: «Sono anni che la Marsica, politicamente parlando, non conta più nulla», MarsicaLive, 21 luglio 2020. Si può affermare con buona approssimazione di avezzanesi maltrattati, irrilevanti, proprio perché tali. Perché? Non è solo una questione (storica) di ruoli, vi sono degli altri elementi, diciamo soggettivi. Di fronte a presunti torti ricevuti, i tempi di reazione del capoluogo marsicano sono oltremodo dilatati. (Quando ci si accorge di essi).

Scorrendo la cronaca di varie zone dell’Abruzzo è possibile confrontare l’ampiezza, il tono e soprattutto lo spessore della discussione quotidiana nelle testate giornalistiche (cartaceo, on-line); ci si confronta poco e malamente ad Avezzano non solo rispetto alle quattro province abruzzesi – com’è comprensibile per via delle loro facoltà universitarie –, ma anche a città più piccole: Sulmona ha poco più di 23mila abitanti. È rarissimo un docente universitario, un insegnante delle superiori, un architetto, un ingegnere che interviene, si espone pubblicamente in questioni che riguardano la collettività. È purtroppo vero che in genere gli amministratori non li filerebbero minimamente, a differenza delle rituali lamentazioni dei commercianti (nel senso: Associazioni di categoria). Altro che «professionalità» sbandierata a ritta e a manca! (La stessa pianificazione – una legge locale – è considerata «carta straccia» da tempi non sospetti come conferma la recente vicenda della pista ciclabile centrale).

Neanche si può assistere alla cosiddetta zampata politica per… mancanza di personale. Ecco, il ruolo di Avezzano dipende in buona parte proprio la sua democrazia immatura e guasta, dalla sciatteria della sua classe politica – tranne eccezioni. 2/8

SULLO STESSO ARGOMENTO: CLICCA QUI

Condividi questo articolo
Lavoro come illustratore e grafico; ho scritto finora una quindicina di libri bizzarri riguardanti Avezzano (AQ). Il web è dal 2006, per me, una sorta di magazzino e di laboratorio per le mie pubblicazioni.