Avezzano – Approssimazione, velleitarismo e plagi mal riusciti

Redazione
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RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:

Buongiorno,

mi permetto di inviare una riflessione in merito all’articolo “Altri scampoli di ideologia avezzanese” pubblicato sul Vostro giornale a firma Giuseppe Pantaleo. Se è di vostro interesse vi autorizzo alla pubblicazione. In caso contrario vi pregherei di farmelo sapere in quanto provvederò a pubblicarlo sulla pagina dell’associazione che rappresento (OST – Officina Sviluppo Territoriale). Fabrizio Lucci

Pubblichiamo, di seguito, la lettera integrale inviata da Fabrizio Lucci. (La redazione di site.it)

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Approssimazione, velleitarismo e plagi mal riusciti

Ogni volta che si interagisce con l’ottimo Giuseppe Pantaleo è occasione di apprendimento e nei giorni scorsi Giuseppe, redigendo l’articolo “Altri scampoli di ideologia avezzanese” pubblicato su SITE.it, ha posto ai lettori tre stimoli di rilievo per la riflessione sul tema dell’identità perduta:

  • 1 – identità … come qualcosa di fabbricato, … inventato … mutevole
  • 2 – distinzione tra «identità» e «sviluppo»
  • 3 – difficoltà nella costruzione di un’identità di una zona tanto vasta e formata da parti diverse tra loro.

Il primo punto restituisce la complessità del concetto e la sua volatilità.

Gli approcci e le proposte elaborate da vari attori hanno mostrato la corda in quanto scientificamente inconsistenti e disvelanti ancoraggi retrò.

Le ipotesi ascoltate appaiono metodologicamente destrutturate, basate sulla “leggerezza” e parzialità degli approcci. Trovare l’identità nel tubero o nella esecuzione di un’opera ingegneristica (sebbene efficace) è operazione bizzarra ma non aggregante.

La banalizzazione (non la semplificazione che sarebbe auspicabile) genera abitualmente sterile cicaleccio.

In queste crepe è naturale che si insinui l’ironia o lo sberleffo.

Il secondo punto evidenzia il rischio correlato alla sovrapposizione dei due termini.

La mistura di capra e cavoli, osso di prosciutto e peli d’orso, muschio di abete e soffio di vento marso, appare un processo alchemico (accompagnato da gesti ritmati e da un grammelot apotropaico in dialetto sublocale) guidato da uno sciamano con fascia tricolore che rischia di generare fraintendimenti letali per il territorio.

La sintesi tra identità e sviluppo pretende l’intervento di professionisti e studiosi che, dopo attenta rilevazione, possono proporre una lettura specifica da sussumere in una visione integrata e sistemica.

L’amministrazione decide, in una fase delicata di ripensamento della città, di affidarsi ai soliti noti e non avverte la necessità di ampliare il perimetro del confronto, rimanendo legata a logiche di appartenenza e non di competenza. In questi casi la buona volontà non è foriera di risultati efficaci. Il PNRR da occasione di sviluppo rischia di trasformarsi in pretesto per un campanilismo barbaro.

Il terzo punto solleva l’incertezza sull’esito del lavoro.

Giuseppe registra ampiezza, eterogeneità e confusione (Avezzano non è il territorio), fattori che è molto improbabile possano produrre una lettura univoca, visioni e progettualità strategicamente convergenti. In questo caso occorrerebbe abbandonare approcci vetusti e funzionali per arrivare a soluzioni multipolari o esponenziali. In caso contrario la nomination a “Campioni mondiali dei buchi nell’acqua” sarebbe assicurata. 

In sintesi la proposta dell’Amministrazione si rivela naturalmente ambigua, certamente condizionata da annuncismo (secondo il modello linguistico di Fiorello) e da attivismo di maniera. Pagine e pagine di pubblicità non pagata, approfittando di una posizione dominante, per iniziative che, in alcuni casi, proiettano l’intera cittadinanza nello stagno del ridicolo.

Le baruffe divisive hanno lasciato la città in una inverosimile stagnazione ed ora diventa evidente che i preposti ai progetti non hanno progettato, che i delegati allo studio hanno marinato le lezioni, che i tavoli di confronto sono diventati strapuntini per il ballon d’essai, che porteranno a spendere denaro per creare i ponti dal nulla verso il niente.

Ha ragione Giuseppe! Si osservano scampoli (ovvero residui, rimasugli sottocosto) ideologici ed ideativi, sospesi tra due posizionamenti (Città Bella e Città attrattiva) non concepiti dall’attuale amministrazione, “acquisiti” acriticamente e non dibattuti per la solita logica di contrapposizione e non di confronto. Un modo superato ed improduttivo di governare comunità e territori che fa rumore ma non cambia di certo il corso di una città profondamente bisognosa d’altro.

Fabrizio Lucci

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