Asl 1 – Operatori Cup da marzo senza fondi. Nella Marsica disagi per gli utenti

Claudio Abruzzo
Claudio Abruzzo
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Da due mesi attendono dall’Inps il Fondo di integrazione salariale: ad oggi nemmeno un euro è stato pagato agli operatori del Centro Unico di Prenotazione della Asl 1 L’Aquila-Avezzano-Sulmona.

L’azienda che gestisce il servizio per conto della Asl assicura di aver elaborato la domanda, i sindacati confederati hanno chiesto la velocizzazione dei pagamenti e sollecitato più volte l’ente previdenziale, ma l’Inps deve ancora erogare le somme dovute.

Non solo. Scaduta la prima tranche di sussidi previsti dal decreto Cura Italia, la ditta ha richiesto all’Inps una proroga di altre 9 settimane: 30 persone resteranno a casa fino alla fine di luglio. A preoccupare sono anche le condizioni lavorative degli operatori che non sono stati toccati dalla cassa integrazione e che continuano a lavorare a ranghi ridotti rispetto alle richieste degli utenti e in condizioni di forte rischio per la propria salute. I sindacati intanto rivendicano: “Gli operatori della Asl 1 devono essere tutelati e salvaguardati sia dal punto di vista economico che della sicurezza: hanno svolto e continuano a svolgere un servizio essenziale per la comunità dall’inizio dell’emergenza sanitaria“.

I fatti

A pagare per i ritardi dell’Inps sono i dipendenti del Cup Avezzano Sulmona L’Aquila, in tutto 60 lavoratori dislocati nei vari distretti sanitari locali della provincia dell’Aquila.

Gli operatori del Cup sono alle dipendenze di un ATI, Associazione temporanea di imprese, che gestisce il servizio per conto della Asl. Sono tre le società che compongono tale ATI: Gpi Trento spa (capofila), Inopera Rimini e Tutor Lanciano.

Nel giugno 2015 questa Associazione temporanea di imprese si è aggiudicata un appalto regionale di oltre 53 milioni di euro per gestire per 3 anni (+2) i Cup delle 4 Asl abruzzesi. Oggi il contratto è scaduto, ma verrà prorogato per altri sei mesi, in attesa che venga indetto un nuovo bando di gara per la gestione del servizio.

I guai per i lavoratori del Cup iniziano con il lockdown di marzo. Come previsto dal Decreto Cura Italia, infatti, l’Ati che ha in appalto il servizio decide di ricorrere al fondo di integrazione salariale per l’emergenza Covid-19 e avvia una forte riduzione del personale: così più del 50% degli operatori di call center e cassa sono costretti a rimanere a casa fino al 23 maggio.

I dipendenti dovrebbero usufruire del Fis (Fondo di Integrazione Salariale), uno strumento governativo a sostegno del reddito nei confronti dei lavoratori la cui attività lavorativa è sospesa o ridotta e che non rientrano nei casi previsti per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria. I trattamenti d’integrazione salariale erogati dal Fondo sono autorizzati dalla Sede INPS anche per aziende plurilocalizzate, come la Gpi Trento spa che, oltre che in Abruzzo, ha appalti in tutta Italia. In pratica, l’ente eroga i fondi senza passare per le Regioni. Nel caso specifico è quindi evidente che il ritardo sia da attribuire all’Inps.

L’allarme del sindacato

Sul punto, dichiara Teresa Circi, Delegata della segreteria regionale UIL-Trasporti:

Ad oggi i lavoratori del CUP call center e cassa ASL 1 non hanno nessun accredito di fis da marzo 2020 a maggio 2020, nonostante abbiamo più volte contattato l’Inps. Auspichiamo con la nuova gara di appalto di avere un contratto unico per tutti i lavoratori ed attinente alla sanità“.

A preoccupare sono anche le condizioni di sicurezza sul luogo del lavoro:

gli operatori sono costretti a lavorare in condizioni del tutto irrispettose delle prescrizioni previste dal decreto cura Italia, mettendo a rischio la propria salute. In un momento così delicato non ci sono dispositivi di sicurezza agli ingressi dei locali CUP, nelle asl si creano spesso file di gente assembrata poiché non vi sono addetti alle gestione degli ingressi e alla misura della temperatura degli utenti che accedono alle Asl; la sanificazione dei locali si riduce a casi sporadici. Chiediamo una maggiore tutela per la salute degli operatori e degli utenti“.

Forti disagi per gli utenti marsicani

I sindacati evidenziano anche che la riduzione del personale, in questo periodo caratterizzato da una forte richiesta di servizi, sta creando molti problemi agli utenti, soprattutto nella Marsica e in particolare a Pescina e Tagliacozzo. Sul punto dichiara Teresa Circi della Uil:

Per quanto riguarda il call center, registriamo giornalmente un aumento di chiamate in tutte e tre i distretti sanitari: in questo momento un unico call center gestisce infatti l’intero bacino della Asl 1. Dal 23 marzo stiamo lavorando con orari ridotti e sportelli chiusi soprattutto nella zona Marsica.

Particolarmente grave sembra essere la situazione nei presidi ospedalieri di Pescina e Tagliacozzo dove è rimasto attivo un solo sportello. Al momento i pazienti nelle sedi CUP territoriali si trovano ad affrontare file o chiamare il call center per chiedere informazioni inerenti appuntamenti annullati nei giorni che hanno preceduto il lockdown e gli operatori non hanno alcuna comunicazione in merito, non essendo pervenute dalla Asl precise direttive.

Gli utenti spesso chiedono ad alta voce risposte da chi non ha possibilità di risoluzione. Ad oggi infatti si possono prenotare solo ricette urgenti (entro 78 ore), brevi (entro 10gg) e differibili ( entro 30 gg) e, da poco, anche la libera professione. Sono talmente tante le richieste che i pazienti, quando arrivano, o non trovano le liste perché é tutto occupato, oppure, essendo un’unica Asl, l’azienda gli dà la prima disponibilità in un luogo lontano dalla propria abitazione, creando gravi problemi a chi ha gravi patologie, a particolari fasce di età e a chi non è automunito.

Speriamo che l’azienda decida di reintegrare altro personale al più presto; si rischia di arrivare al collasso delle strutture sanitarie”.


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