ACIAM S.p.A.: disastro prossimo venturo

Redazione
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Certo, è indubbio che le idee sono tali soprattutto in quanto si possono comunicare agli altri, che serbandole per noi stessi servono a poco e, alla fin fine, tacendole, non sono neppure idee in senso stretto; pure – e che la cosa suoni anche autobiografica ed autocritica, non importa – prima di esprimerle, occorrerebbe almeno una valutazione di massima sulla loro consistenza e presentabilità, in specie se si parla anche in nome di altri, di una persona giuridica. «Gli specchi dovrebbero riflettere un attimo prima di riflettere le immagini», disse una volta Cocteau, e forse chiedeva troppo. Ma pensarci prima, a quel che si dichiara, non è così difficile, soprattutto se si sa che ci si troverà a dover parlare….La premessa era necessaria per trattare, brevemente, dell’intervista rilasciata la scorsa settimana dal presidente di Aciam S.p.A., all’ottimo Luca Di Giampietro di marsicanews. Questi, offrendo un microfono a Lorenza Panei (e la sventurata rispose, verrebbe da chiosare manzonianamente), ci ha mostrato la cifra intellettiva e stilistica di questa figura, innescando qualche nostalgia per la ribalda figura del geometra Ciaccia, il predecessore della Panei su quella poltrona di via Edison, che almeno era – e tuttora è; cosa non trascurabile, con quattro figlie femmine ed un affine come l’onorevole Piccone – simpatico.

Udite, in pochi minuti, una quantità tale di amenità difficili persino da riepilogare, per quanto per sommi capi, ho postato immediatamente un commento all’intervista, che qui immodestamente riporto, emendato dei refusi dovuti alla fretta e alla rabbia:

Debbo constatare che il Presidente di Aciam S.p.A. non è esattamente a giorno dei soci privati di Aciam S.p.A.: da quel che mi risulta, al tempo della gara avezzanese (che la norma imponeva: dunque Aciam S.p.A. non può dolersi del fatto che sia stata fatta), TEKNEKO S.R.L. ha ceduto le sue quote (cessione da me contestata e sicuramente non legittima in difetto del consenso delle altre componenti dell’azionariato) a DI CARLO GESTIONI S.R.L., che è cosa ben diversa da TEKNEKO S.R.L.. Ove non fosse avvenuta una retrocessione nel frattempo, prego il presidente di Aciam S.p.A. di distinguere i due soggetti (se passaggio c’è stato, una ragione ci sarà).

Aciam S.p.A., poi, non è una “municipalizzata”. Nemmeno in senso lato. La proprietà di linguaggio è importante.

Da chi è stata messa lì dalla Politica (non è necessariamente una colpa) e tuttora milita in un partito, senza comprendere neppure che dovrebbe astenersi, sino a che sarà presidente di Aciam S.p.A., dal fare “politica” nei circoli Pd, suona invero beffarda la doglianza sulla «assenza di politica» nella politica dei rifiuti…. Senza quell’assenza (che per chi scrive è invece: “troppa presenza”), non avrebbe avuto la poltrona….

Nell’intervista non si è purtroppo toccato il tasto dell’ampliamento dell’impianto di Aielli, ampliamento che certo non marcia in quell’ottica di visione territoriale che si reclama dalla stessa presidente Panei. La visione territoriale non esiste solo quando conviene.

La situazione economico-finanziaria di Aciam S.p.A. è tutt’altro che florida – come ammesso anche dall’intervistata – e dunque, a prescindere dalle elucubrazioni su chi sia il mandante degli articoli su ASM L’Aquila dei giorni scorsi, rimane da comprendere perché non si proceda, con titoli esecutivi, a farsi pagare i due milioni e trecentomila euro di credito vantati con quella società (basta andare in tribunale con le fatture e farsi emettere un decreto ingiuntivo) mentre per somme infinitamente minori si fa causa a comuni soci (caso San Benedetto dei Marsi) con esiti, pare, talmente disastrosi che – uniti alla scandalosa vicenda di Valle dei fiori – dovrebbero indurre qualcuno del management (un nome a caso: Alberto Torelli) a tornarsene a Reggio Emilia….

Senza offesa, mi riservo di scrivere più diffusamente ai comuni soci nella prossima settimana, non servirà a nulla ma pazienza….

Poi, a scrivere ai municipi soci si è rinunciato, tanta è l’inanità a compiere persino il tentativo di…. voler smovere chi non vuol proprio sentire ragioni. Il tenore della nostra risposta, seppur non idoneo a riassumere gli argomenti del nuovo presidente di Aciam S.p.A., può ben attestare quale livello di intolleranza a simili elucubrazioni ci affligga.

Nel frattempo abbiamo avuto modo di leggere che il presidente Panei ha precisato (dopo il nostro commento, ma la cosa potrebbe essere casuale) che nei confronti di Asm L’Aquila – che ha conferito i rifiuti del capoluogo di regione ad Aielli, dopo essere stata impedita di continuare a portarli a Sante Marie (Segen S.p.A.), sino a tempi recenti (dicembre 2013), quando ha trovato più conveniente smaltirli presso il Cirsu S.p.A. di Notaresco [quindi fuori provincia: continuiamo a notare come la regola di tenersi dentro l’ambito provinciale valesse solo quando si doveva fare ad ogni costo Valle dei fiori….] attraverso una inquietante carambola aquilana – sono state avviate le opportune azioni per rientrare del credito…. che però gli aquilani hanno già detto di non poter pagare….

Il pezzo clou di questi giorni è però un altro, sambenedettese, e la Panei c’entra sino ad un certo punto. A fronte di una certa “tolleranza”, la cui origine è quasi sempre attribuita ai fatti del terremoto dell’aprile 2009, mostrata verso i poveri aquilani, sino a proporre a costoro – non soci -, pare, un prezzo di smaltimento inferiore a quello praticato ai comuni soci di Aciam S.p.A. (su questa indiscrezione, sfuggita al da poco cessato presidente di Asm L’Aquila, Fabiani, in un litigio su facebook con questo giornale, intrattenemmo a lungo i nostri tre lettori, parecchi mesi or sono, e persino il dottor Picuti, sostituto di L’Aquila, aprì un’inchiesta, della quale, come è naturale che sia, si sono perse le tracce), negli anni scorsi si è fatta la faccia feroce con i comuni soci, anche per pochi spiccioli, ed anche quando ci si sarebbe potuti aggiustare. Nel caso di San Benedetto dei Marsi parliamo di un affidamento del servizio risalente all’amministrazione Santilli – contratto che noi ricordiamo privo delle sottoscrizioni (ma potremmo sbagliare) – e della particolare interpretazione che Aciam S.p.A. ne diede, all’atto dell’apertura dell’impianto di Aielli (2008). Per una stranissima pretensione, a quell’evento, che avrebbe dovuto comportare un abbassamento del prezzo richiesto per smaltire i rifiuti, Aciam fece invece discendere un aumento in fattura che il nuovo sindaco, Paolo Di Cesare, giudicò del tutto ingiustificato, tanto da continuare a liquidare il conferimento dei rifiuti ad Aciam con il vecchio prezzo (euro 110 a tonnellata) e non con il nuovo unilateralmente applicato da Aciam S.p.A. (euro 142 a tonnellata), non senza la soddisfazione di provvedere a far passare i compattatori in partenza per l’impianto di trattamento anche ad una pesa sambenedettese, onde controllare se ad Aielli ci marciassero (atto invero di profonda diffidenza ma per il quale Paolo Di Cesare godrà della mia imperitura stima). Per la differenza tra i due conti (142-110), dopo aver chiesto l’emissione di quel decreto ingiuntivo che per le fatture (mooooolto più corpose, e del tutto inevase, non solo in parte) di Asm L’Aquila non è stato altrettanto sollecito, il comune di San Benedetto dei Marsi ed Aciam S.p.A. si sono visti in tribunale. Nella seconda decade di marzo 2014, con due distinte sentenze, il giudice Lupìa, di Avezzano, ha dato torto all’amico Torelli (che voci non confermate ci dicono non laureato: sarebbe bello leggere il curriculum di costui sul sito di Aciam S.p.A. / se già c’è, e non lo abbiamo trovato noi, che siamo cretini, e in quanto tali non facciamo [né aspiriamo a divenire] gli amministratori delegati di società che spendono il danaro pubblico, ci scusiamo sin d’ora) ritenendo «non provata (né invero esattamente allegata) […] la sopravvenienza di una valida modifica delle condizioni contrattuali e, in particolare, di una variazione alla clausola relativa al prezzo da euro 0,110 per Kg. ad euro 0,142 per Kg.», e affibbiando ad Aciam S.p.A. persino la condanna per lite temeraria. Per carità, tutto potrà essere ribaltato, nei futuri gradi di giudizio (quasi lo sperano persino gli attuali amministratori di Marruvium che nel frattempo, per ragioni che saranno anche emergenziali, sono tornati all’ovile di Aciam S.p.A., dopo la cattività di Segen S.p.A. voluta dall’amministrazione Di Cesare, confermando la nostra previsione elettorale), ma per quanti comuni soci si è applicato quest’aumento? E se tutti costoro, domani, richiedessero indietro quel che il giudice ha ritenuto non dovuto per il caso di San Benedetto dei Marsi? Si verificherebbe un crollo dei conti di Aciam S.p.A. che peraltro, come già argomentato a suo tempo commentando l’ultimo bilancio, con quei crediti troppo alti per essere fisiologici, non pare troppo lontano. Ed in effetti, a dover catturate qualcosa di utile nell’interviste della Panei, estrapoleremmo il timore che arrivino presto, sul territorio, i monopolisti del rifiuto abruzzese, con conseguente dismissione non solo delle poltrone ma anche dei dipendenti di Aciam S.p.A., pericolo non a caso paventato dai sindacati. Ci si potrebbe anche convincere della necessità di difendere un’azienda come Aciam S.p.A. – per quanto la si odii – e, attraverso questa, il territorio marsicano, se i processi fossero virtuosi o tendenti quantomeno al dignitoso; ce ne si potrebbe fare una ragione, se la domanda di ampliamento dell’impianto di Aielli, e tutta la storia dei conferimenti aquilani e degli impianti finanziabili e realizzabili ed auspicabili non fosse, negli elaborati presentati all’esame della Regione, del tutto travisata con interpretazioni di comodo del piano provinciale dei rifiuti (ormai non più esistente) e di tutta quella congerie di norme che ha ingenerato il caos di impianti e tariffe al quale stiamo assistendo.

Detto in maniera piana: in vista dell’attuazione della (contro)  riforma Chiodi che prevede – se mai riuscirà a partire – un solo ambito territoriale per i rifiuti e, forse, un unico soggetto gestore per l’intero territorio regionale, alle mene della solita politica trombona delle assemblee dei soci di Aciam S.p.A., alla fisima della società civetta costituita da Segen S.p.A. (Segen Holding S.r.l.) che ha quale «esclusiva funzione strategica quella di dirigere, gestire e coordinare per i comuni/soci le partecipazioni in società di scopo appositamente create, o partecipate, in partenariato con altri soggetti pubblici e/o privati», alle infinite tracce che si voglia ancora perseverare nella vecchia politica di ingerenza dei singoli municipi sulle scelte sull’immondizia (in massima parte per questioni di mediocre cabotaggio clientelare), ai Gerardini di complemento che in questo sistema ci sguazzano, dettando legge (raramente osservata)…. ebbene, l’opzione della Deco S.p.A. dei fratelli Di Zio non è la peggiore.

Da tempo andiamo paventando che la nostra zona possa divenire lo sversatoio del rifiuto romano (dei vari prodotti derivati, se non proprio del tal quale), e che la politica non sia assolutamente in grado di elaborare alcunché per impedire questa catastrofe (anche perché in buona parte risulterebbe d’accordo), dunque sarà bene provvedersi sbaraccando i carrozzoni inservibili.

Franco Massimo Botticchio

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