In tempi di Riforma, il fornaio cuoceva soprattutto il pane che era preparato dalle donne in casa su una spianatoia, il lievito era sempre fresco e si passava di famiglia in famiglia. C’erano più “cotte”, dalla prima prestissimo andavano avanti tutta la mattinata. Il pane era avvolto nelle tovaglie e separato pagnotta per pagnotta, normalmente sette da consumare una al giorno, su cui era inciso il segno della croce. Poggiato sulle tavole ben riparato dal freddo con copertine di lana, era portato dalle donne sulla testa al forno e quando era cotto veniva riportato a casa con le stesse modalità. Fresco appena sfornato era buonissimo, raffermo ancora più buono.
Nella foto di copertina, degli inizi degli anni ’50, vedete ritratto mio nonno “Peppin i Frnar” al secolo Giuseppe Conti, davanti al forno di Ortucchio, circondato da donne e bambine impegnate a preparare le pizze di Pasqua.
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