Celano – L’inchiesta “Acqua fresca” dimostra almeno una verità. Questa: anche per l’onorevole Filippo Piccone è valido il vecchio detto “Il posto più pericoloso al mondo, è quello dove ti senti al sicuro”.
E la tana del lupo di Piccone è proprio il suo studio celanese in piazza Regina Margherita n. 6, quella segreteria a doppio ingresso dove da onorevole tesseva indistirubato e riverito le sue strategie, ricevendo frotte di clienti di ogni tipo e godendo di una certa immunità. Almeno fino a quel gennaio 2018, quando – grazie a un provvidenziale quanto surreale incontro al Bar Tequila – gli inquirenti richiedono e poi ottengono l’autorizzazione alle intercettazioni.
E così succede che oltre a mettere sotto controllo i telefoni degli indagati, gli inquirenti spargono ovunque le loro cimici e piazzano videocamere. L’intuizione, questa volta, è di metterle anche in quello studio dove l’ormai ex onorevole, evidentemente, continua a sentirsi ancora al sicuro, immune.
E che Filippo Piccone – pur consapevole di essere tutti sottoposti a intercettazioni telefoniche – nella sua segreteria continua invece a sentirsi protetto, lo testimonia un episodio accaduto il 29 novembre 2018. Episodio emblematico, registrato dalle cimici e filmato dalle videocamere piazzate proprio lì dentro dagli inquirenti. Infatti alle pag. 494-496 dell’Ordinanza di custodia cautelare viene riportato fedelmente come Piccone:
[…] “portando la mano nella tasca sinistra della giacca, aveva preso il suo telefono cellulare, facendo cenno a Giuseppe Angelosante di portarlo nell’altra stanza. Quest’ultimo, quindi, preso il telefono di Piccone, il suo, quello di Luigi Ciaccia e di Ezio Ciciotti, aveva portato tutti i telefoni nell’ufficio adiacente alla segreteria. Rientrato, poi, in ufficio, aveva prelevato quello di Gianvincenzo Sforza, e lo aveva portato nella stanza dove aveva messo gli altri“.
Io, lui e Piccone nella Tana del lupo
In quella segreteria, la sera del 24 novembre 2020, siamo entrati anche noi di site.it. Per la precisione, ci sono entrato io e Claudio Abruzzo e ci siamo rimasti dalle 18.27 alle 19.55: un’ora e 28 minuti, per la prima volta a tu per tu con l’onorevole Filippo Piccone, ora agli arresti.
In esclusiva, raccontiamo ai nostri lettori come siamo finiti lì dentro, le cose che ci siamo dette. Infine, i contenuti del “patto” stretto quella sera tra Filippo Piccone e SITe.it. Patto suggellato con due caffè. Anzi, tre.
Il resoconto ovviamente è il nostro, almeno per come noi lo ricordiamo: il diretto interessato potrà, se vorrà, smentirlo o confermarlo.
Stesso discorso vale per la Procura, nell’auspicabile caso che di quell’incontro a tre esistano, in qualche fascicolo presente o futuro, delle versioni originali in audio e video di cui saremmo lieti avere una copia integrale. Di tutto l’incontro, naturalmente: un’ora e 28 minuti. Video da conservare nei nostri archivi ma soprattutto da diffondere, a nostra cura, per intero.
Flashback 1 – Da Raúl Soto a Gianvincenzo Sforza
L’incontro di quel martedì di fine novembre arriva al termine di un lungo ma discreto e incalzante pressing di Gianvincenzo Sforza, che andava avanti ormai da mesi.
Tutto era iniziato con un incontro casuale sulla piazza di Celano, quando l’istrionico Sforza, con il suo fare mieloso e suadente caratteristico di una delle sue tante facce, con estrema gentilezza aveva lanciato l’amo:
“E’ una mia idea: penso che forse è il caso che dopo tanti anni con Filippo vi parlate. Dove e come volete, anche in un bar di Celano o Avezzano. Senza impegni: che cosa vi costa?”
Dell‘approccio di Sforza nei miei confronti avevo ovviamente informato i collaboratori più stretti della testata. Anche perché avevo un sospetto sul motivo della sua richiesta.
Dal mese di maggio, infatti, subivamo un bombardamento di Pec inviate – per conto di Filippo Piccone – da legal-abuse.eu@pec.it e firmate da un improbabile Raúl Soto, di un ancor più improbabile Legal Department Urgent Reporting Division: si tratta di una delle tante e opache società specializzate nella ripulitura dal web delle informazioni sgradite. Una pratica perversa di cui, per le implicazioni che comporta in tema di diritto all’informazione, dovrebbero seriamente occuparsi le associazioni della stampa e dei giornalisti. Oltre che le procure.
Di questo tipo di mail per “conto terzi“, per la verità, ne riceviamo tante. Si passa da quelle inviate a nome di chi risulta coinvolto in inchieste di ecomafie, a quelle dei Colletti bianchi. Fino a quelle degli insospettabili, come ad esempio il vicepresidente del CdA di Banca del Fucino, Francesco Maiolini.
Con tutti la nostra linea è “non cedere“. Nemmeno con Raúl Soto che continua a chiedere, con metodi da vero stalker, la cancellazione di un articolo che riguarda Piccone e che, ovviamente, è tuttora pubblicato su SITe.it.
L’appuntamento in via Carusi
La mattina del 24 novembre, alle 10.21 il mio telefono squilla: è ancora Gianvincenzo Sforza, il motivo della chiamata è sempre lo stesso. Questa volta gli rispondo: “Ok, l’incontro si può fare oggi. Veniamo noi a Celano, ti richiamo nel tardo pomeriggio”.
Prendiamo questa decisione perché a quel punto ci sono ben chiare tre cose. Sforza agisce per conto di Piccone. La richiesta è probabilmente per la cancellazione di quel nostro articolo, e sul punto gli avevo già anticipato il nostro No. Alcuni appuntamenti precedenti erano già saltati con la scusa del Covid e impegni vari, ma a pesare è un’ultima considerazione: come giornalisti non possiamo continuare a sottrarci al confronto con una persona su cui abbiamo scritto per anni.
Ma vi è anche un altro problema di cui tener conto. Su Celano – e quindi, su Piccone – incombe da mesi una delicata inchiesta della Procura di Avezzano: è praticamente certo che sono tutti intercettati. E a condurre le indagini, sono gli stessi inquirenti delle inchieste gemelle di Tagliacozzo e Capistrello, con i quali come testata ci eravamo già scontrati apertamente.
Insomma, la situazione è molto delicata, ma è anche vero che ne abbiamo passate di ben peggiori. Non possiamo rifiutare l’incontro con Piccone, ma possiamo comunque prendere le opportune precauzioni: intanto, serve almeno un testimone.
E così, a las cinco de la tarde, richiamo Sforza e lo informo che dopo un’ora possiamo essere a Celano, gli chiedo dove ci si vede. Lui non batte ciglio e risponde: “Sotto al castello, in via Carusi alle 18.30, davanti la Trattoria Cittadella”.
Avverto Claudio Abruzzo che l’appuntamento è confermato: così ci vediamo prima davanti lo studio del nostro informatico, ci prepariamo e poi partiamo insieme. Destinazione, Celano.
Tana del lupo a doppio ingresso
Parcheggiamo davanti il ristorante alle 18.25, ma ad attenderci non c’è nessuno. Aspetto qualche minuto e richiamo Sforza, che così risponde: “Io non posso venire. Entrate nel portone a destra della trattoria e salite. Vi sta aspettando”.
Solo in quel momento mi rendo conto che il civico 32 di via Carusi è nello stesso palazzo che ospita la segreteria di Piccone. E che l’incontro si terrà proprio lì dentro.
Guardando meglio il palazzo, infatti, mi accorgo dei suoi doppi ingressi. E un secondo Flashback mi attraversa rapido la mente: davanti quell’edificio ci sono stato tredici anni prima, quando sull’altra entrata, quella quella che dà su piazza Regina Margherita 6, sulla cassetta della posta e accanto al portone comparve una misteriosa targa con scritto su: SIRALTO.
Mentre saliamo le scale mi viene da ridere: è un vero covo, penso. Proprio come nei manuali delle organizzazioni clandestine che – per rendere difficoltosi pedinamenti, appostamenti e per facilitare la fuga – raccomandano che ogni base deve avere almeno due uscite su strade diverse.
Arrivati sul pianerottolo, si sentono i passi di una donna che si avvicina: la porta si apre prima che noi supniamo. Una giovane segretaria ci saluta sorridendo e con passo professionale ci fa strada introducendoci nello studio: ad attenderci, in piedi vicino la sua scrivania c’è lui, Filippo Piccone.
1 – Continua nel prossimo articolo
AGGIORNAMENTI:
LE PRECISAZIONI DI GIANVINCENZO SFORZA: LETTERA FIRMATA
A poche ore dalla pubblicazione di questo nostro primo articolo sulla vicenda dell’incontro con Filippo Piccone nella sua segreteria, abbiamo ricevuto una mail di Gianvincenzo Sforza, in cui lo stesso fornisce la sua versione dei fatti in merito a tale incontro.
L’intervento integrale di Sforza è consultabile a questo LINK