(Ri)Assetto del Territorio / 3 – Realtà (dei fatti) vs. Fanfaluche (ottocentesche)

Franco Massimo Botticchio
Franco Massimo Botticchio
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Pescina (Aq) - La torre


Alcuni dei coraggiosi che hanno avuto lo stomaco ed il coraggio di leggere o scorrere la mia poco ortodossa chiosa all’incontro di Pescina sulle fusioni tra enti tenutosi all’inizio di ottobre [(Ri)Assetto del Territorio / 1 – Gli ultimi Giapponesi resistono nel Fucino ] hanno notato – e non approvato – il tono “irriguardoso” ed “astioso” con il quale mi sarei, a loro dire, indirizzato ai primi cittadini della Valle del Giovenco, esponenti e rappresentanti delle rispettive Comunità, che in quanto tali meriterebbero maggior “rispetto”. Ferma restando l’intangibilità di cotante figure (stavo per scrivere: «sacralità» / ma non equiparabile al dogma della SS.ma Trinità) elette dal Popolo, e la tetragona indifferenza delle figure medesime a qualsivoglia tesi o argomento inerenti la necessità di unire le forze, restano sul piatto i dati, incontrovertibili, che potranno essere occultati sotto il tappeto ancora per poco, con i tempi che corrono.

Gli amici di “Ripensiamo il Territorio” – animatori dell’iniziativa di Pescina come di una serie benemerita di studi e approfondimenti sul tema – hanno appena diffuso alcune slide che bene adombrano, a modesto giudizio di chi scrive, di cosa si stia trattando quando si chiede di valutare la possibilità di (andare ad) unire più comunità sotto un unico ente, di maggior peso ed estensione, previa esecuzione degli opportuni studi di fattibilità, ed esplicata ogni possibile consultazione e partecipazione al processo da parte dei Territori interessati.

La prima tabella che ci permettiamo di riprodurre paventa quella desertificazione che ormai tutti abbiamo avuto modo di ammirare in tralice (imputandone la responsabilità a tutti fuorché a noi stessi) e che presto si invererà con dei contorni addirittura drammatici per interi quadranti dell’Appennino, per primo il nostro:

allegato1-webCerto, questo si sa, il futuro in quanto tale non è mai ipotecabile o prevedibile, e un qualsiasi fattore sopravvenuto (che so: un’eruzione lenta [che improvvisa non ci sarebbe scampo per alcuno] del Vesuvio, che vada a comportare il trasferimento di un milione di persone nell’interno, e quindi anche da noi, rendendo appetibile anche l’ultimo basso di Molina Aterno e il pagliaio a Borgo 8000; migrazioni intercontinentali massicce in grado di (costringere a) ripopolare anche le baracche abbandonate di Pescina Nuova; ecc.), che di regola è una disgrazia, potrebbe mutare – anche radicalmente – il quadro; pure possiamo ammettere che gli amici di “Ripensiamo il Territorio” che hanno realizzato la proiezione abbiano sposato l’ipotesi estrema, peggiore: tutto ciò premesso, l’abbozzo di quel che avremo sotto gli occhi nell’Anno del Signore 2024 è impietoso, e dovrebbe preoccupare tutti, in specie quei signori che attualmente detengono le fasce tricolori. Stiamo parlando del 2024, non del 2124 o del 2224. Tra otto anni. O-t-t-o-a-n-n-i.

La esemplificazione del caso di Collarmele, nel prospetto, bene illustra cosa volessi dire, ironizzando sui propositi dell’attuale sindaco di quella (non) ridente cittadina di difendere ad oltranza il labaro ed il gonfalone di quel centro: alla fine del tuo secondo mandato, caro Tonino Mostacci (persona della quale nutro una buonissima opinione, sia chiaro), avrai con te all’incirca trecento cittadini, con un’età media di oltre sessant’anni, ovvero meno di un condominio di viale Libia a Roma! Dove vuoi andare? E soprattutto: perché la Stato (inteso come entità altro da noi, com’è d’uso nelle plaghe meridionali) dovrebbe aiutarti in una simile battaglia di retroguardia?

Allo stesso modo, un’altra tabella, che rappresenta l’altro corno del dilemma, merita la massima attenzione.

Negli ultimi anni abbiamo ammirato amministrazioni comunali fucensi invischiarsi in terrificanti pasticci pur di ottenere qualche entrata: ricordiamo, in particolare, un’imbarazzatissima intervista del sindaco di Luco dei Marsi al Tg3 nella quale lo stesso, a fronte delle osservazioni della giornalista sul fatto che non fosse stato opportuno, per l’ente, entrare in una bizzarra triangolazione su di un impianto fotovoltaico per avere diecimila euro all’anno, sussurrare che quella somma era comunque qualcosa; o, per tornare nella Valle del Giovenco, i pochi spiccioli che il municipio di San Benedetto dei Marsi avrebbe ritratto dall’insediamento di un gassificatore.

Ebbene, la tabella che segue mostra a quanti danari di incentivo per le fusioni tra comuni si stia rinunciando, nel mentre ci si gingilla con il gioiello della propria autonomia.

allegato2-webAnche qui, vogliamo concedere che il processo di fusione comporti anche dei costi – sociali, non quantificabili, o persino reali, consistenti, dispersivi di energia – e i benefici siano quindi minori, e di parecchio; pure non possiamo non notare come il non considerare la questione, il temporeggiare, il dedicarsi ad altro (pure legittimo: la staccionata di Fonte Cituro; ecc.) integri un danno emergente colossale, in specie in un Territorio che non ha una scuola veramente sicura e degna di essere considerata decente per lo svolgimento della didattica, non un auditorium, non una vera biblioteca. Per tacere dei servizi sociali e della sanità.

Questo per dire che il risiko paesano, nel quale tanti si esercitano e si dilettano, non è a costo zero: l’inerzia qui, oltre che a farci ulteriormente arretrare rispetto agli altri, ha un altissimo costo in termini di servizi, servizi che sono gli unici veri strumenti – rispondo così a chi si chiedeva quali fossero le cause dello spopolamento (sempre nell’ottica di attribuirle ad altri soggetti, reali o immaginari) – in grado di legare (ancorare) al Territorio i suoi abitanti. Forse la fusione non sarà sufficiente a infrenare un trend secolare e mondiale ma neppure ci si può condannare senza combattere, cominciando magari a perseguire l’obiettivo – sino ad oggi del tutto disatteso, o subornato, o irriso – di creare delle strutture minime di coesione locale, che siano un unico corpo di polizia municipale, una rete di trasporti, dei veri servizi alla persona. Ma per fare ciò, è ormai evidente, per affrontare con forza il ri-disegno strategico del Territorio, occorre uscire da logiche non più fungibili, abbandonando il socialismo municipale ottocentesco (interessantissimo, basti pensare al medico Ippoliti di San Benedetto dei Marsi: ma ormai inutilizzabile) e le logiche deteriori del recente passato.

ilmartellodelfucino@gmail.com

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