articolo originale: 2 giugno 2009
Terremoto – Parla il sindaco de L’Aquila Massimo Cialente, denunciando le tante pecche e i tanti ritardi causati dal decreto. Dopo il consenso verso l’azione della Protezione civile oggi emergono i timori di una ricostruzione parziale.
di Pietro Orsatti
Sabato scorso a L’Aquila è definitivamente cambiato il clima nei confronti del governo da parte delle popolazione locale. Un migliaio di persone, con alla testa il sindaco Massimo Cialente e la presidente Stefania Pezzopane, per qualche minuto sono riuscite a forzare il blocco delle forze dell’ordine e a entrare nel centro storico della propria città dopo quasi due mesi di chiusura totale. Atto estremo di protesta contro il decreto del governo e contro la militarizzazione del territorio. «Noi possiamo tenere, finora abbiamo tenuto – racconta il sindaco a due giorni di distanza – ma ormai non è più possibile fermare l’incertezza che sta montando. E l’incertezza è la cosa più grave. Come il dolore distrugge il malato, l’incertezza ci sta distruggendo».
La convince l’azione del governo a quasi due mesi dal sisma?
Direi proprio di no. Il decreto prevede indennizzi solo per la casa
primaria, quella di residenza, quando qui si è sempre pensato a una
“città territorio”, dove, ad esempio, molti abitanti de L’Aquila vivono e
lavorano in centro mentre hanno, casomai, la residenza nella casa di
famiglia in qualche borgo della zona. E poi, per le altre case, è
rimasto il limite dei 150mila euro. Si rischia una ricostruzione a
macchia di leopardo che snaturerà completamente il territorio. Un
territorio che, anche grazie alla presenza dei Parchi nazionali e
regionali ha delle caratteristiche e delle prerogative particolari.
Così, se non si cambia, perdiamo tutto.
Mancano i soldi, manca la copertura. Questo dice ora l’esecutivo dopo le promesse iniziali.
Bertolaso mi rassicura che in un modo o nell’altro i soldi li troverà. Ma non ci bastano le rassicurazioni.
Carta canta?
Esatto, carta canta. Anche il presidente del Consiglio Berlusconi ha più
volte cercato di rassicurarmi, arrivando perfino a dirmi che se
mancavano i soldi di copertura ce li metteva direttamente lui. Per
intenderci, lui su questa vicenda ha fatto un investimento politico
enorme.
Poi il problema del centro storico. Come lo si sta affrontando?
Enorme. Fra pochi giorni renderemo pubblico un nostro studio e una
nostra valutazione da consegnare in sede di Unione europea che individua
danni per più di 10 miliardi di euro. Tre miliardi per intervenire solo
sul patrimonio monumentale. Poi tutto il resto. Stiamo parlando di
1.800 edifici tutelati dalla sovrintendenza. Queste sono le dimensioni.
Poi tutti i borghi da ricostruire nella Valle dell’Aterno...
Sono decine, tutti colpiti in maniera gravissima a partire da Onna fino a
Villa S. Angelo, Fossa, e poi il centro di Paganica: anche lì la
situazione è drammatica. Sono parte fondamentale della storia e
dell’economia di questo territorio.
Avete paura che non intervenendo sulla ricostruzione dell’esistente si smembrino le comunità locali?
Certo. è proprio questo il nostro timore più grande. E per come è
disegnato per ora il decreto, non c’è molto da essere ottimisti. Anche
per questo è cambiato il clima a L’Aquila.
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