L’Aquila, i soldi nel cesso: l’inchiesta sui bagni chimici

Redazione
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L’affare dei bagni chimici è di dimensioni colossali. Quasi 34 milioni di euro, almeno in base ad alcuni documenti prima pubblicati e poi spariti dal sito della Protezione civile. Ma non è detto che anche questa cifra, come per il Progetto Case, non sia parziale.
Il costo sostenuto per i bagni è una parte consistente delle spese della prima emergenza, secondo alcuni ammonta a quasi un quarto dei fondi per il mantenimento delle tendopoli.
Ma è anche un caso emblematico perché testimonia che per il rischio di infiltrazioni e malaffare, in Abruzzo, non si deve nemmeno attendere l’inizio della ricostruzione, il pericolo è reale già con gli appalti della prima emergenza.
Anzi, arriva nelle prime ore insieme alla Protezione civile, con un appalto assegnato in tempo di pace, sul modello di gestione dei Grandi eventi. Anzi, in questo caso un contratto probabilmente scaduto, come si evince dall’articolo di spalla pubblicato a destra.
Le prime segnalazioni che qualcosa non andava furono raccolte dal presidio di Libera già nelle primissime settimane del post sisma. Segnalazioni che parlano di liquami smaltiti illegalmente nei fiumi e nei canali, di bolle di trasporto falsificate. Ma anche di ditte che si sabotano a vicenda le pompe dei mezzi di espurgo per contendersi la gestione del servizio in più campi possibili, oltre che di contatti tra ditte che gestiscono il servizio e funzionari della Protezione civile per gonfiare le fatture.
Tra queste, si registra anche la presenza di diverse ditte campane. “Quella notte stavo ritirandomi a casa dopo la seratina – racconta un giovane campano, gestore del servizio –. Appena sentita alla radio la notizia della scossa, sono andato al deposito dei bagni e ho chia-mato gli autisti. Alle otto eravamo già qui a L’Aquila”. Chi lo ha chiamato? “Bertolaso – dice ridendo –, da anni collaboriamo con la Protezione civile per la gestione dell’emergenza rifiuti in Campania”.
Solo dopo che il presidio di Libera rende nota la notizia dell’acquisizione da parte delle forze dell’ordine del materiale raccolto, i bagni nei campi diminuiscono e cominciano ad arrivare i blocchi bagno-docce in dotazione al ministero dell’Interno. Sarebbero quattro le sezioni di polizia giudiziaria che stanno controllando la provenienza dei wc e alcuni imprenditori campani.
In ogni caso i bagni presenti nel cratere sarebbero stati 1.600 in più del necessario: oltre 3milioni e 800mila euro al mese sperperati e sottratti alla ricostruzione vera.
Anche sul resto dei bagni noleggiati si affacciano dubbi. La Protezione civile avrebbe ordinati 4.000 mila bagni, scesi poi a 3.200.  Al prezzo di 79, 20 euro al giorno per ogni bagno, compresivi di iva e di ben 4 interventi di espurgo e pulizia giornalieri. Un servizio decisamente eccessivo: come calcolato nell’articolo accanto a destra, ogni ospite delle tendopoli poteva produrre fino a 100 litri al giorno di deiezioni solide e liquide.
Non si comprende il motivo logico perchè siano stati richiesti così tanti bagni e tante pulizie. La richiesta di 4 pulizie al giorno, pone altri problemi: camion e operazione sono rumorosi, quindi si sarebbero dovuti effettuare necessariamente dalle ore 7 alle ore 20, cioè quasi un intervento ogni tre ore. Ci sono forti dubbi che ciò sia avvenuto, almeno non in tutti i campi.
Si pone anche un altro problema, quello degli espurghi e degli smaltimenti dei liquami. Con questi criteri, si dovevano raccogliere fino a 3.200 metri cubi di liquami al giorno, con la necessità di utilizzare migliaia di camion e gli inevitabili problemi di smaltimento: difficilmente i depuratori abruzzesi avrebbero potuto accogliere un così alto carico di liquami. Ad ogni modo, per poter verificare la congruità delle 4 pulizie richieste basterebbe controllare i formulari di identificazione dei rifiuti che, secondo il contratto con la Sebach, sono documenti fiscali disciplinati dalle norme sui rifiuti, che assicurano la tracciabilità dalla produzione sino allo smaltimento. Solo che già dai primi giorni si sono registrati casi di mancata o falsa emissione di tali formulari e non è ancora chiaro come la Protezione civile abbia ovviato a tale problema: un’altra delle magie dell’emergenza?
Angelo Venti
Tratto da: SITe.it edizione stampata – numero zero dicembre 2010

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