La foresta di Marruvium e i termovalorizzatori di Bazzano e Borgo Incile

Redazione
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e-tagliatori-di-canne.jpgBazzano 2050 – Mostra della civiltà contadina “Dai fagioli di Paganica alle biomasse

Gli spaventosi disboscamenti dei nostri pendii in età medievale, il prosciugamento del lago di Fucino nel diciannovesimo secolo, l’abbassamento della quantità di precipitazioni annue, hanno dato alle nostre contrade le note aride sembianze.
Per di più, negli ultimi decenni, le aziende agricole locali hanno preferito eliminare quasi tutti i filari, e le siepi che delimitavano i vari fondi… tutto ciò ha contribuito a dare alla piana del Fucino, alle montagne circostanti, l’aspetto un po’ brullo che tutti conosciamo (e a cui siamo anche affezionati, nonostante tutto).
Gli abitanti di Marruvium, inoltre, lamentano spesso – con un certo rimpianto – che il loro paese, eretto in comune autonomo in quel glorioso 1945, è il più piccolo per estensione territoriale di tutto il bacino fucense (pur essendo indubbiamente, e ciononostante, uno dei centri più attivi e laboriosi). Insomma, avevamo l’impressione che l’operoso Marruvium, purtroppo, non fosse né grande, né (particolarmente) ricco di superfici boscate.
Il 6 ottobre 2010 leggiamo i giornali, navighiamo sulla rete, e leggendo il noto quotidiano on line www.abruzzo24ore.tv scopriamo una realtà inedita e stupefacente: San Benedetto dei Marsi è (o sarà a breve) un paese ricco di immense foreste, e in particolare di pioppete, e contribuirà a risolvere in tal modo il problema energetico italiano. Infatti, leggendo il resoconto della “assemblea al calor bianco” svoltasi sulla centrale a biomasse di Bazzano-L’Aquila (che dovrebbe essere gestita dalla società Futuris) veniamo a sapere che le biomasse forestali destinate ad alimentare questo impianto saranno coltivate in gran parte… a San Benedetto dei Marsi!

La materia prima sarà fornita in regime di monopolio dal Consorzio Energia e Territorio, con sede a L’Aquila ed Avezzano, e che si è costituito pochi mesi fa. Partner del consorzio sono cooperative agricole, e vari enti, tra cui il Gal, Arssa, Ipsa, comunità montane, Crab. La biomassa proverrà dalla pulitura e manutenzione del sottobosco, da piantagioni di pioppi, dalle colture di rotazione, dalla coltivazione di sorgo, arundo, mais, dalle potature del verde pubblico e dell’olivo e di altre piante. Il consorzio dovrà garantire una fornitura di 60mila tonnellate di biomassa l’anno. Che equivalgono, afferma nell’intervista il presidente del consorzio Carlo Floris, a cinque camion di cippato al giorno che vanno e vengono dall’impianto. Le principali aree coinvolte per la raccolta di massa forestale sono nei pressi di Onna, San Demetrio, Fontecchio, lungo l’Aterno dunque, a San Benedetto dei Marsi e il Fucino, a Castel di Sangro.

Una stori(ell)a simile viene raccontata a proposito della centrale a biomasse della Powercrop che dovrebbe sorgere in quel di Borgo Incile, otto volte più grande di quella di Bazzano, nata proprio – si dice – per consentire la riconversione colturale del Fucino, al fine di permettere ai contadini di guadagnare con le “colture energetiche”. Anche a proposito di Borgo Incile si parla di un Fucino pieno di pioppi freschi… insomma: San Benedetto e il Fucino intero – stando a quanto si dice – dovrebbero divenire importantissimi, perché contribuiranno ad alimentare ben due centrali e a risolvere il problema della dipendenza energetica dell’Italia dalle fonti petrolifere!
Eppure ci risulta che solo per alimentare la piccola centrale di Bazzano (otto volte più piccola di quella di Borgo Incile, ripetiamo) ci vorrebbero ben 7000 (settemila) ettari di terreno coltivati a biomasse (superficie che corrisponde al triplo del territorio di San Benedetto). Per Borgo Incile, poi, ci vorrebbero – facendo le dovute proporzioni – quasi 60mila ettari coltivati a pioppi…. ben venti volte la superficie di San Benedetto!
Insomma: la storia delle immense foreste energetiche di Marruvio e di Fucino non ci convince… mentre è sempre più nitida la sensazione che questi impianti nascano fin da subito con la prospettiva di essere utilizzate per bruciarvi (o termovalorizzarci, direbbero altri con un eufemismo) altro.
Per immaginare cosa, basta dire che da Borgo Incile a Caserta e Napoli ci vogliono meno di 2 ore, e che l’impianto di Acerra è ritenuto piccolo e insufficiente. Si tenga conto inoltre di una ferrea volontà di politici e affaristi abruzzesi volta a contrastare la raccolta differenziata, a far diminuire la percentuale di rifiuti riciclati, a creare appositamente una situazione emergenziale nel campo dello smaltimento dei rifiuti (come confermano – tra l’altro – le intercettazioni lette nelle ultime settimane riguardanti le cricche politico-affaristiche)… la risposta è sotto gli occhi di tutti…
Cosa aspettano i cittadini ad aprire gli occhi, ed a abbandonare il loro atteggiamento passivo e speranzoso? Non basterà certo un’assemblea “al calor bianco” (che comunque è sempre benvenuta) a salvare il Fucino e la Valle dell’Aterno dai signori del CIP6 (e gli abitanti dalla diossina e dai tumori).

di Roger

Per scaricare il Pdf de “Il Martello del Fucino” 2010-19 CLICCA QUI

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