Da due anni, le cronache locali, che sovranamente ignorano i dolenti bollettini del Rapagnà, ci rimandano le notizie delle indagini che si sono sviluppate nelle zone più dinamiche del nostro Abruzzo. Si è cominciato con l’affaire della Fira, la madre di tutti i procedimenti penali. Si è proseguito a Vasto, con il misterioso fallimento della Delverde (ove, nelle carte, si ritrovano alcuni dei protagonisti della questione Fira). Si è quindi passati a Montesilvano, dove un vero e proprio uragano giudiziario ha squarciato il velo su alcune prassi amministrative che ben spiegano perché quella città abbia quell’aspetto. La Mobile di Pescara è poi passata ad usmare Luciano D’Alfonso, non senza storcere il naso, prima, dinanzi a qualche insediamento turistico-monumentale di un grande imprenditore. Si è giunti poi, simbolicamente, all’acqua inquinata della Val Pescara ed al disastro di Bussi, sino a chiudere il cerchio, con la voragine della sanità regionale (dove ci si ricongiunge con la Fira).
Ad osservarli bene, tutti i casi sopra citati hanno, nel contesto ambientale (geografico e sociologico) il denominatore comune, al punto che vi è il forte rischio che si giudichi uniforme un panorama che del tutto uniforme non è (sarebbe assai ingiusto, ad esempio, non riconoscere l’azione amministrativa di un D’Alfonso a Pescara, bocciandola in Toto). Pure, se l’interpolazione interpretativa unica è da rifiutarsi, a prescindere dalle effettive responsabilità dei singoli, che saranno opportunamente vagliate, tante indagini sono la indubbia testimonianza del malessere che attanaglia la società abruzzese, sin nelle viscere. «Da quindici anni c’è una situazione di stallo totale», ha sentenziato Remo Gaspari, quasi a dire che in una simile temperie può succedere di tutto.
Tale malessere scompare improvvisamente quando, sulla A25, da Pescara, si oltrepassano i caselli di Pratola e Cocullo. In quella Marsica additata da Rapagnà (ma delle cui vicende tante volte ci si è occupati e preoccupati, da queste colonne), pare che tutto vada liscio come l’olio, almeno a giudicare dall’attività della locale Procura marsicana, che da anni si fantastica sulle piste di un paio di noti amministratori di ente sovracomunale, con tanto di pulci ed intercettazioni perenni. E’ plausibile che tra la Costa e la Marsica vi sia una tale differenza di clima giudiziario? Possibile che le nostre amministrazioni pubbliche risultino così più virtuose di quelle sul mare? C’è qualcosa che non funziona sulla Costa? O, forse, il vero baco è ad Avezzano?
Franco Massimo Botticchio