« Il Padrino dell’Antimafia ». Video esclusivo

Claudio Abruzzo
Claudio Abruzzo
13 Minuti di lettura

Il Padrino dell’Antimafia” presentato a Roma nella libreria Feltrinelli di Largo Argentina direttamente dal suo autore Attilio Bolzoni, il libro sul Caso Montante. Questa sera, sempre sullo stesso argomento, una nuova puntata della trasmissione Report con importanti aggiornamenti. Di seguito il video integrale della presentazione:

«IL PADRINO DELL’ANTIMAFIA, una cronaca italiana sul potere infetto».

E’ la storia della formidabile ascesa e della rovinosa caduta di Antonello Montante, imprenditore di successo, faro dell’antimafia e infine personaggio diabolico, finito in una inchiesta della DDA di Caltanissetta con l’accusa iniziale di concorso esterno in associazione mafiosa, arrestato poi il 14 maggio 2018 per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, spionaggio e accesso abusivo a sistema informatico. La procura di Caltanissetta , nei giorni scorsi, ha richiesto nei suoi confronti una pena di 10 anni e sei mesi.

Considerato per anni il simbolo della riscossa degli imprenditori siciliani contro la mafia, per i Pm Montante avrebbe invece intrattenuto qualificati rapporti con esponenti di spicco di Cosa nostra e creato una rete di informatori per spiare i magistrati che da tre anni indagano su di lui: “soggetti inseriti – scrive il Gip nell’ordinanza – ai più alti livelli della Polizia, dei Servizi di informazione e sicurezza e dell’ambiente politico italiano”. Tra gli indagati anche l’ex presidente del Senato Renato Schifani, accusato di aver rivelato notizie riservate. C’è chi sospetta che nelle mani di Montante siano finite anche le registrazioni delle conversazioni fra l’ex Capo dello Stato Napolitano e l’ex ministro Mancino, quei quattro colloqui agli atti del processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia che la Corte Costituzionale aveva ordinato di distruggere.
Nel libro, Bolzoni ricostruisce il sistema di relazioni pericolose intrattenute da Montante con politici, imprenditori, prefetti, alti funzionari dello Stato, dirigenti dei servizi segreti, magistrati, giornalisti, personaggi pubblici ed esponenti dell’antimafia: “ufficiali dei carabinieri, direttori generali della Dia – precisa l’autore alla giornalista Bianca Stancanelli–  tutti pronti a fare il baciamano al padrino dell’antimafia”. Un personaggio appartenente alle classi pericolose siciliane, che era nel cuore di un boss di Serradifalco, Paolino Arnone, in poco tempo diventa il faro dell’antimafia italiana, che ruota intorno al sistema confidustriale siciliano: “un vero blocco di potere che si spostava indifferentemente da un governo regionale all’altro. Una dittatura dell’antimafia che doveva governare tutto e che non ammetteva alcun dissenso: un sistema di potere perfetto che in Sicilia non si vedeva dai tempi di Lima e Ciancimino”.
Montante ha ricoperto ruoli di vertice in Confindustria regionale, dove nel 2005 era stato presidente e delegato del presidente nazionale di Confindustria per la legalità, e di Unioncamere Sicilia. Il 20 gennaio 2015 – pochi giorni prima della notizia dell’inchiesta a suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa – è stato persino designato componente dell’Agenzia dei beni confiscati, su proposta del ministero dell’interno al tempo guidato da Angelino Alfano.
Ad essere coinvolto nel «Sistema Montante» è anche il mondo dell’informazione: molti sono i giornalisti a libro paga del meccanico di Serradifalco. “Sul caso Montante molti giornalisti hanno scodinzolato come dei cagnolini da salottino: alcuni di questi hanno ricevuto dei contributi in denaro, altri hanno avuto sistemati dei familiari, altri si sono ritrovati in questo cerchio magico di un regime economico di una finta antimafia per molti anni”. Un misto di pudore, prudenza, garantismo e autocensura ha improvvisamente contagiato quasi tutte le redazioni italiane: un silenzio imbarazzante che per certi versi sfiora quasi l’omertà.“Sulla questione Montante c’è un silenzio assordante da parte dei media; e non mi riferisco solo ai giornalisti che erano sul suo libro paga. In generale la stampa nazionale questa storia non l’ha digerita e non la vuole affrontare. C’è oggi in Italia un giornalismo molto superficiale sulle questioni mafiose, che scrive sul piccolo boss di mafia, sui Casamonica e gli Spada ma ha difficoltà a parlare di quei pezzi di Stato che trattano, e spesso sono anche collusi, con i poteri criminali”.
Bolzoni racconta la storia di un’Italia tutta capovolta: una cronaca italiana sul potere infetto che rievoca alla memoria gli spettri della vecchia P2. Una storia dove i confini di mafia ed antimafia si sono spesso confusi. Montante rappresenta il volto della riconversione mafiosa dopo le stragi: “Esiste una mafia nuova che è vecchissima; il futuro per i mafiosi ha radici molto antiche. Una nuova mafia che nella pelle è esattamente quella di prima ma con altri abiti. I mafiosi dovevano presentarsi con delle facce pulite, non con le facce brutte di Bagarella e di Riina. Purtroppo per loro hanno scelto male. Montante è infatti un personaggio ingombrante e aggressivo, che somigliava troppo alla facce che volavano far dimenticare: se non ci fosse stato lui avremmo impiegato altri venti anni per scoprire questo sistema criminale imprenditoriale di cui Montante è solo un campiere, un pupo, il pezzo difettoso. Un sistema che ha infettato un pezzo importante dello Stato: quel cuore nero dello Stato, che ogni tanto riaffiora”.

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SCHEDA 1 – IL PERSONAGGIO

Antonello Calogero Montante, originario di Serradifalco (CL), è nato il 5 giugno 1963. A capo del Gruppo Montante, un impero che la leggenda vuole nato da una fabbrica di biciclette, fondatore della Msa Spa, azienda di progettazione e produzione di ammortizzatori per veicoli industriali e treni presente in tutto il mondo: dal 2008 è Cavaliere del lavoro.
Presidente della Camera di commercio a Caltanissetta, dove nel 2005 ha ricoperto anche il ruolo di presidente di Confindustria e delegato del presidente nazionale di Confindustria per la legalità. Nel 2012 diventa il numero uno dell’associazione regionale degli industriali e nel 2013 sale al vertice di Unioncamere Sicilia. Il 20 gennaio 2015 – pochi giorni prima della notizia dell’inchiesta a suo carico per Concorso esterno in associazione mafiosa – è stato designato componente dell’Agenzia dei beni confiscati, su proposta del ministero dell’interno guidato da Angelino Alfano.

SCHEDA 2 – L’INCHIESTA

La trama e i protagonisti sembrano quelli di una spy-story.

Montante è accusato di aver creato una rete illegale per spiare le indagini a suo carico: tra gli indagati figura anche l’ex presidente del Senato Renato Schifani, accusato di aver rivelato notizie riservate.

Insieme a Montante finiscono agli arresti domiciliari anche il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata (ex capocentro della Dia di Palermo ed ex dei servizi segreti), Diego Di Simone (ex sostituto commissario della mobile di Palermo), Marco De Angelis (sostituto commissario prima a Palermo poi alla prefettura di Milano), Ettore Orfanello (ex comandante del nucleo di polizia tributaria Guardia di finanza a Palermo), Giuseppe Graceffa (vice sovrintendente polizia a Palermo, sospeso dal servizio per un anno) e infine l’imprenditore Massimo Romano, (re dei supermercati con oltre 80 punti vendita in Sicilia ed ex del Team legalità di Sicindustria).

Della rete farebbero parte anche altri esponenti delle forze dell’ordine e dei servizi segreti: tra gli indagati anche Arturo Esposito (ex capo dei servizi segreti), Andrea Grassi (ex funzionario dello Sco della polizia da poco nominato questore di Vibo Valentia), Andrea Cavacece (capo reparto dell’Aisi), Gianfranco Ardizzone (ex comandante provinciale della Guardia di finanza di Caltanissetta e poi capocentro della Dia nissena), Mario Sanfilippo (ex ufficiale della polizia tributaria di Caltanissetta), Letterio Romeo (ex comandante del reparto operativo dei carabinieri di Caltanissetta).

La lista degli indagati prosegue ancora con Angelo Cuva (docente di diritto tributario all’università di Palermo), Maurizio Bernava (ex segretario confederale della Cisl), Andrea e Salvatore Calì (titolari di un’azienda che avrebbe effettuato bonifiche negli uffici di Montante), Carlo La Rotonda (direttore di Reti d’imprese di Confindustria), Salvatore Mauro e Vincenzo Mistretta. Infine Vincenzo Arnone (boss di Serradifalco, figlio di Paolino storico padrino morto suicida in carcere nel 1992, testimone di nozze di Montante).

Il 24 maggio scorso Montante passa dai domiciliari alla custodia in carcere. Durante le fasi dell’arresto – spiegano dalla questura – si barricava in casa per quasi due ore, non aprendo ai poliziotti e distruggendo documenti e circa 24 pen drive“. Montante avrebbe anche tentato di disfarsi di altra documentazione lanciandola nel pozzo luce del palazzo (rivenuta e sequestrata), mentre sul balcone di un vicino di casa è stato poi rinvenuto uno zainetto contenente altre pen drive e documentazione cartacea.

Intanto alla prima si aggiunge una nuova inchiesta, che ipotizza che Montante sia al centro di due associazioni a delinquere:

– la prima finalizzata alla corruzione di esponenti delle forze dell’ordine per carpire notizie riservate sulle indagini

– la seconda per corrompere esponenti della politica, con l’obiettivo di razzolare fondi pubblici.

Finiscono così sul registro degli indagati anche Giuseppe Catanzaro (attuale presidente di Confindustria Sicilia), l’ex governatore Rosario Crocetta (accusato di  Associazione a delinquerefinalizzata alla corruzionee al finanziamento illecito), Linda Vancheri e Mariella Lo Bello  (ex assessori regionali alle Attività produttive), Alessandro Ferrara (dirigente regionale), Mariagrazia Brandara (ex presidente dell’ente regionale per lo sviluppo delle attività produttive)  e gli imprenditori Rosario Amarù, Totò Navarra e Carmelo Turco.

E’ dei giorni scorsi l’ultimo colpo di scena:

nella sede romana di Confindustria sono state scovate due telecamere spia: sotto accusa Diego Di Simone Perriccone, ex investigatore della squadra mobile di Palermo da qualche anno assunto in Confindustria proprio da Montante. Per gli investigatori De Simone può contare su una fonte riservata (forse un magistrato) presso la Direzione nazionale antimafia e una talpa al tribunale di Caltanissetta che, nelle intercettazioni con Montante, chiamavano “L’uomo a L’Avana”.

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