Cave e rifiuti (2) – MASSA D’ALBE: la “Banda del buco” …e la puzza sotto al naso

Angelo Venti
Angelo Venti
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Quella di Massa d’Albe è la storia di un territorio devastato dalle cave. Buchi che fanno la fortuna di pochi ma che – per la collettività – rappresentano  un disastro paesaggistico e ambientale, con molte delle cave dismesse che spesso sono diventate discariche abusive in cui è stato smaltito ogni tipo di rifiuto [ Leggi QUI ].

Una storia, quella di Massa d’Albe, che è anche l’emblema di tutto ciò che NON bisogna fare se si vuole salvaguardare le casse comunali e ottenere un corretto Ripristino ambientale.

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La Banda del buco

Per legge, una volta esaurita una cava, il concessionario è obbligato al ripristino delle aree per cui, spesso, sono necessarie somme consistenti. A Massa d’Albe, invece, avviene che molte di queste ditte prima temporeggiano, poi abbandonano gli impianti e, infine, spariscono. Il tutto nel disinteresse – colpevole – delle varie amministrazioni che prima non hanno vigilato sulla corretta coltivazione delle cave, poi non hanno riscosso i canoni annuali delle concessioni e infine non hanno obbligato i concessionari al ripristino ambientale. Insomma una storia sbagliata: proviamo a ripercorrere le tappe fondamentali di questa vergogna.

Nel 1997 (con delibera n. 2085) la Giunta regionale approva il P.S.T. per il Recupero cave di Alba Fucens, che prevede la regolamentazione delle aree di escavazione.

Nel 2002 è sempre la Giunta regionale che con la delibera n. 109/C approva, nell’ambito del suddetto piano, il Programma estrattivo poliennale e di ripristino ambientale, proposto dal comune di Massa d’Albe.

Praticamente attraverso una Variante al piano regolatore generale di Massa d’Albe viene varato un nuovo Piano cave che di fatto le raggruppa in due grandi blocchi, uno sul versante a confine con Avezzano e uno verso il confine con Magliano [vedi foto in alto ].

Progetto interessante con obiettivi allettanti

Il primo obiettivo è il recupero dei canoni non pagati dai cavatori per lo sfruttamento dei terreni vincolati da uso civico. Non solo: viene regolata anche la possibilità di allargarsi in queste aree in cambio del pagamento del materiale estratto in base al canone di occupazione del suolo. Infine, ogni anno, i concessionari devono indicare quanto scavato e pagare per ogni metro cubo estratto: in caso di mancato pagamento scatta il blocco dell’attività.

Il secondo obiettivo è ancora più ambizioso: ottenere il Ripristino ambientale di entrambi i blocchi, attraverso la rimodellazione delle aree e la creazione di due grandi vallate, con il reimpianto di vegetazione e una pendenza dei bordi di 45 gradi. E sono previste persino le garanzie su chi deve pagare tali lavori. Per rientrare nel nuovo piano – sia in forma singola che associata – i concessionari devono infatti pagare un forfettario per quanto già scavato ma, soprattutto, presentare delle fidejussioni per garantire il finanziamento del progetto di recupero.

Pacco, doppio pacco…

Il primo obiettivo fallisce, secondo alcuni, per l’atteggiamento dell’Amministrazione comunale di Massa d’Albe, che punta a un canone maggiore di quello già fissato nel comune di Magliano. Si commette così un errore che poi risulta fatale: si apre un contenzioso con i cavatori che, in attesa di soluzione, smettono semplicemente di pagare. Passano gli anni e, con la crisi edilizia, molte cave chiudono i battenti, le ditte falliscono e …il Comune resta con il cerino in mano.

Ma fallisce anche il secondo obiettivo. Si scopre che il Comune non solo non è riuscito a riscuotere i canoni, ma non ha nemmeno verificato la solidità delle polizze fidejussorie delle ditte, che nel frattempo sono sparite. E in assenza di tali garanzie finanziarie, anche le spese per il Ripristino ambientale ricadono …direttamente sull’Ente.

…e contropaccotto

Per la collettività le Norme tecniche del Piano riservano un’ultima amara sorpresa. Per i cavatori – infatti – è prevista anche la possibilità di sostituire il Ripristino ambientale delle cave con la loro trasformazione in Insediamenti artigianali ed industriali. In queste fattispecie rientrano anche attività connesse al recupero, riciclaggio e lavorazione dei rifiuti, tra cui gli impianti di compostaggio: proprio come quello realizzato dalla Cesca sas. Ma questa è un’altra storia, di cui ci occuperemo nel prossimo articolo.

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