APINDUSTRIA L’Aquila- La situazione delle imprese del cratere

Redazione
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Parlare della situazione delle imprese coinvolte nel terremoto del 6 aprile non è facile e non è un esercizio di breve durata. La complessità della situazione, unità ad una condizione preesistente già di per sé complicata rende questa disamina molto articolata ma che, in fondo, merita un approfondimento perché ciò che è accaduto a noi, per avere un senso più alto, non debba ripetersi in futuro. Mai.
Guardando le macerie della sede di Apindustria L’Aquila ricordo di aver pensato a quando sarebbe stato possibile rivedere gli uffici in fermento e subito ho avvertito la necessità di ripartire, con qualsiasi mezzo.
Abbiamo attivato subito un cellulare per le emergenze e due settimane dopo un’azienda associata completava gli allacci di tre container nel nostro piazzale, lì dove eravamo prima della catastrofe. Si ripartiva.
In verità pensavo che con tutto quello che c’era da fare nessun imprenditore sarebbe venuto a trovarci ed invece è esploso il via vai.
Serviva tutto, dalla possibilità di trovare denaro per ripartire (richiesta che ha visto i nostri Confidi, proprio quelli che l’assessore Castiglione sta cercando di demolire, rispondere al meglio), alla necessità di capire come muoversi, dall’analisi delle ordinanze che cominciavano a susseguirsi ad una mera azione di conforto. Di tutto. Un’esperienza lavorativa irripetibile in condizioni normali.
Da allora, nonostante un impegno colossale da parte nostra e di diverse (non tutte) associazioni di categoria in maniera congiunta, per le imprese è stato fatto pochissimo, quasi nulla.
Il sostegno agli imprenditori in difficoltà si è inizialmente limitato a 800 euro al mese per tre mesi, poi basta. Le aziende che hanno subìto danni si sono immediatamente (ed inevitabilmente) attivate per ripararli e ripartire, ma a loro il Comune dell’Aquila sta erogando gli indennizzi solo in questi giorni mentre la Regione, attraverso una misura dell’Unione Europea, ha potuto soddisfare alcuni rimborsi solo dal settembre scorso, ben 17 mesi dopo il terremoto.
La cassa integrazione in deroga e i normali ammortizzatori sociali hanno mascherato la reale situazione tamponando i danni maggiori all’occupazione ma non è auspicabile un’economia che si sostenga con questi strumenti.
La ripresa delle tasse a luglio 2010 e la prevista restituzione di quelle non pagate fino ad allora già dal prossimo gennaio (contro i dieci anni di Umbria-Marche, del Molise e dell’alluvione di Alessandria, tanto per tacitare anche i leghisti) rischiano di rendere vani gli sforzi finora sostenuti.
Bisogna però riconoscere che L’Aquila non è immobile come a volte qualcuno vorrebbe far credere. È anzi una città in fermento che ha visto sorgere diverse realtà imprenditoriali endogene ed ha registrato il desiderio di molti di “fare qualcosa”.
E qualcosa è stato fatto, molti commercianti hanno riaperto in posti improbabili solo due anni fa, molte industrie hanno colto l’occasione di un marketing territoriale senza precedenti per entrare in mercati prima proibitivi, molti artigiani si sono ingegnati per creare un “Made in L’Aquila” prima molto aleatorio e molta gente con elevate capacità manuali si è trasformata in artigiani con idee e realizzazioni di tutto rilievo.
Anche l’industria culturale e dello spettacolo, nonostante l’inesistenza di luoghi possibili, si è messa in moto con un fermento senza pari, portando spesso il nome della città lì dove è ormai conosciuta solo per la sofferenza ed il dolore.
Ma in tutto ciò c’è un unico comune denominatore: chi ha fatto qualcosa lo ha fatto con i suoi propri mezzi.
In questo la grande macchina dell’emergenza e della ricostruzione ha fallito miseramente tanto che oggi, alla soglia dei 20 mesi dalla tragedia, si continua a discutere delle azioni più idonee da mettere in campo per “salvare” l’economia aquilana.
Sono stati inascoltati i nostri appelli a creare una ordinanza che raggruppasse e riepilogasse quanto possibile per le imprese, le proroghe all’ultimo momento delle tasse hanno solo reso il panorama incerto e nebuloso, l’habitat peggiore per chi volesse investire, ed addirittura il comparto edile, nella zona da tutti considerata il più grande cantiere d’Europa, boccheggia in modo preoccupante.
Già, l’edilizia, il vero motore della ripresa. Pochissime imprese locali (2) hanno potuto partecipare al famigerato Progetto C.A.S.E.; qualcuna di più, grazie ad un’azione di forza dell’allora prefetto Franco Gabrielli, è stata coinvolta nelle operazioni di puntellamento che hanno però subìto un tale ritardo nei pagamenti da mettere in serissima difficoltà questi stessi imprenditori.
Ancora oggi la percentuale di pagamento per lavori svolti entro il settembre 2009 oscilla intorno al 70%, situazione difficilmente sostenibile da imprese che vengono da fuori, impossibile per imprese locali che, in molti casi, non hanno altri cantieri a sostenere il lungo periodo di attesa.
Anche la ricostruzione cosiddetta “leggera”, quella delle case A (agibili), B e C (danneggiate sensibilmente ma non nelle strutture portanti) ha visto un ritardo insostenibile nei pagamenti tanto che in estate, nel periodo migliore per le costruzioni, molti cantieri sono stati fermati.
Il costo di questa situazione è stato decisamente maggiore rispetto a quello da sostenere con un flusso costante di denaro, che ad esempio una tassa di scopo avrebbe garantito, perché moltissime famiglie non sono potute tornare nelle loro case restando così a carico dello Stato in strutture di emergenza o negli alberghi.
Nel frattempo i centri storici distrutti e chiusi ai soli residenti, dato che ladri e topi imperversano indisturbati senza che la televisione ne faccia menzione, restano lì, in attesa che qualcuno (Comuni? Regione? Governo?) prenda le necessarie decisioni del caso.
Questa è parte della situazione citata all’inizio ma non è esaustiva di un ben più complicato dedalo di iniziative ed azioni possibili tanto che il Comitato Attività Produttive, uno strumento di cui ci si è voluti dotare, formato da tutte le componenti (associazioni di categoria, sindacati, ABI, ecc.) presenti nella Camera di Commercio dell’Aquila, dopo aver a lungo partecipato alle varie fasi e proposto già due documenti condivisi, lo scorso ottobre ha integrato il tutto con un documento di proposta articolato e di spessore proposto a tutte le Autorità.
Il commissario Chiodi, il vicepresidente De Matteis, il sindaco Cialente ed il ministro Tremonti, al quale è stato consegnato direttamente dalla Regione Abruzzo, hanno avuto modo di visionarne i contenuti (che di seguito riportiamo) trovandolo coerente e funzionale anche se, in molti casi (a loro parere) di difficile realizzazione data la difficoltà del momento legata alla crisi congiunturale.
Questo però non cambia la sostanza delle cose, il documento è rispondente alle necessità e merita un approfondimento anche perché non si dica più che questo territorio è in grado solo di protestare ma non di fare proposte.
Le proposte ci sono e, in realtà, non sono mai mancate nemmeno nei momenti di scontro più aspro, adesso la palla sta a chi di dovere che dovrà risponderne non solo ad un elettorato oggi svilito ed esautorato da un sistema di nomina senza preferenza, ma nei confronti della storia che è spesso approssimativa ma sempre impietosa.

Il Segretario generale di APINDUSTRIA L’Aquila,

Massimiliano Mari Fiamma

Tratto da: SITe.it edizione stampata – numero zero dicembre 2010

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