Alchimisti contro sciamani, al capezzale del Cam S.p.A.

Redazione
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Nel trattare la vicenda del Consorzio Acquedottistico Marsicano occorre partire dai seguenti dati:
1) vi è stata, soprattutto a partire dal 2007, (a nostro modesto giudizio) una mala gestio, che ha provocato una montagna di debiti enorme (che non sono un giudizio nostro, sono un fatto): si parla oggi di un “buco” di 60 milioni di debiti;
2) tale buco di bilancio è emerso solo da pochi mesi perché, evidentemente, celato in precedenza da “artifizi” bilancistici e contabili di varia natura (tanto che ad oggi il bilancio 2012 non è stato ancora approvato, nella tema che, come in passato…);
3) i vecchi amministratori responsabili del disastro (ossia coloro che erano al vertice del Cam S.p.A. negli anni in cui tale debito è stato accumulato, fossero pure in buona fede) hanno continuato a rivestire cariche nella società, all’interno dell’organo di vigilanza (che ha il delicatissimo compito di controllare l’attività del Consiglio di Gestione), talvolta dimettendosi senza che nessuno si curasse di effettuarne il rimpiazzo (continuando così a frequentare le riunioni di Caruscino / incredibile ma vero);
4) lo sfascio del Cam S.p.A. non è solo economico, ma anche ambientale e morale: il Consorzio è responsabile dello stato disastroso in cui si trova il sistema di depurazione delle acque della Marsica e dei gravissimi danni subìti dagli agricoltori (ricomprendiamo nei danneggiati anche quei coltivatori che inopinatamente, sul caso salmonella nei canali di Fucino, se la sono presa con il Wwf, reo di aver chiesto di effettuare le analisi), dai consumatori, dai cittadini tutti. Infatti la mancata depurazione delle acque comporta che i prodotti dell’agricoltura fucense vengano irrigati con acque di fogna e dagli scarichi industriali in gran parte “tal quali”, con conseguente impossibilità di progettare un’agricoltura di qualità;
5) i municipi soci hanno un vero e proprio obbligo e non solo una mera facoltà di promuovere l’azione di responsabilità contro le persone che hanno amministrato il Consorzio negli ultimi anni, ed hanno una responsabilità diretta nel caso in cui restino inerti.

Purtroppo la cattiva coscienza (leggi: pratiche familistico-amoral-clientelari) e la pochezza morale e intellettuale di molti degli amministratori locali ha portato finora all’inerzia più totale. L’atteggiamento più singolare è senza dubbio quello del comune di Avezzano: durante l’ultimo periodo della giunta Floris, l’ex sindaco aveva cercato di riscattarsi deliberando, alla fine del secondo mandato, l’avvio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori del Cam S.p.A. (con una delibera di giunta promossa dall’assessore Lorenzo De Cesare, successivamente nominato presidente del Cam S.p.A. e poi defenestrato).
Durante la prima udienza del procedimento di responsabilità è emerso un problema di regolarità delle notificazioni che ha condotto alla chiusura del procedimento senza un nulla di fatto.
Logica avrebbe voluto che l’azione venisse subito riproposta emendata dai vizi procedurali
E invece no: i nuovi vertici del Comune di Avezzano, non si sa bene perché (le ipotesi sono tante…), hanno deciso di accantonare l’azione di responsabilità verso il noto geometra Gianfranco Tedeschi & compagnia cantante.
Il tema dell’azione di responsabilità è oggi del tutto assente dal dibattito che si è sviluppato tra i comuni soci, il cui interesse si è incentrato sulle possibili soluzioni per evitare di ripianare i debiti
Per alcuni mesi l’idea del concordato preventivo partorita dall’attuale amministratore delegato, Ciarlini, è sembrata una soluzione ottima che sarebbe valsa come panacea di tutti mali. Ma due mesi fa il Tribunale di Avezzano ha respinto la richiesta di concordato stabilendo che il Cam S.p.A., in quanto società interamente pubblica non è soggetta alle procedure fallimentari.
I Comuni si trovano così di fronte all’obbligo di ripianare il debito nella qualità di soci.
A questo punto il timore dei municipi si è trasformato in panico e sono cominciati quelli che, a nostro avviso, sono esercizi di cabala, sciamanesimo, alchimia, stregoneria: l’elaborazione delle soluzioni affidate a improbabili “saggi”.
Infatti le varie fazioni dei sindaci hanno cominciato a costituire gruppi di lavoro costituiti da  “esperti” a cui è stato affidato il compito di trovare una soluzione per – ci si scusi il termine – fottere i debitori e tenersi il giocattolo della gestione delle acque senza sborsare denaro.
Particolarmente inquietante è un documento a firma dei dottori Piero Carducci e Agostino Di Pasquale di pochi giorni fa avente titolo «Bozza di discussione per la costruzione di una Newco per la gestione del S.I.I.». Non sappiamo chi abbia dato l’incarico ai due valenti professionisti: nella prima pagina si parla di incarico dato dai “Sindaci dei Comuni soci del CAM s.p.a.” mirato a trovare una “soluzione alternativa all’attuale gestione del S.I.I., in sostituzione dell’attuale gestore”.
In realtà è notorio che i sindaci dei comuni soci del Consorzio non siano un gruppo coeso.
Il fatto che il professor Carducci rivesta la carica (retribuita) di “responsabile dell’attuazione del programma di mandato” (ammappete!) del sindaco di Avezzano Di Pangrazio (incarico che ha fatto molto discutere per la sua inopportunità: infatti lo stesso Carducci è anche Presidente dell’Organismo di Valutazione dei dirigenti della Provincia dell’Aquila, tra  i quali vi è lo stesso Gianni Di Pangrazio: un cozzo di interessi niente male…) consente di supporre che l’incarico sia stato dato, a prescindere dalla forma (che pure è sostanza) dal capoluogo della Marsica. La sua discesa ad Avezzano non è casuale: nell’ultimo anno vi è stato un letterale travaso verso il comune di Avezzano di dirigenti della Provincia che oggi prestano servizio part-time nel comune di Avezzano (Ventrella, Collacciani, Bonanni), di assessori della vecchia giunta Pezzopane (Angelini, recentemente nominato assessore di Avezzano pur essendo del tutto estraneo alla città), e in questo quadro ha trovato posto ad Avezzano anche il professor Carducci. Comunque nulla da dire, visto che ha vinto una procedura indetta con avviso pubblico (a suo tempo Di Pangrazio tentò di imporre il Carducci quale presidente del Cam S.p.A. e oggi cerca di riciclarlo come saggio, come esperto).

Il documento redatto dal duo Carducci-Di Pasquale persegue chiaramente lo scopo di evitare che i comuni soci siano costretti a ripianare i debiti del Cam S.p.A., accumulati anche a causa del loro (dei municipi cioè) omesso controllo, e delinea un percorso basato sui seguenti punti: costituzione di una nuova compagnia (Newco) cui affidare il Servizio Idrico Integrato; revoca della convenzione del Cam S.p.A.; affidamento del servizio idrico alla Newco; liquidazione del Cam S.p.A..
Nel documento tali passaggi vengono definiti come «adempimenti necessari» con la precisazione che alcuni di essi devono essere svolti «in maniera contemporanea e sincronizzata».
Il disegno è quello della creazione di una Newco (termine generico che indica una nuova società alla quale viene conferita la parte sana dell’azienda in crisi) e di una bad company (alla quale vengono lasciati i debiti e i rami secchi).
La bozza Carducci-Di Pasquale inquadra l’atto di revoca della convenzione (che si auspica venga adottato dall’Ente d’Ambito o dall’ERSI) come l’occasione per innescare una procedura di liquidazione volontaria del Cam S.p.A. e per istituire la Newco. Quest’ultima erediterà la parte buona dell’azienda, mentre il Consorzio verrà lasciato con i soli debiti. I creditori sociali resteranno quindi insoddisfatti, almeno in parte.
Del tutto stupefacente è la tesi dei due professionisti secondo cui la non assoggettabilità a fallimento decretata dal Tribunale di Avezzano consentirebbe di ritenere non vincolante il principio la par condicio creditorum. Dissentiamo fermamente da tale interpretazione: la non assoggettabilità a fallimento significa tutt’altro e cioè che i comuni soci non possono scaricare i debiti sui creditori mediante il fallimento ma devono trovare una soluzione per ripianare i debiti: sarebbe troppo facile se gli enti locali potessero far fallire le società partecipate.
L’ispirazione della bozza desta comunque stupore da tanti punti di vista:
1) confligge con il principio della gestione pubblica della risorsa idrica consacrata dalla legge regionale 9/2011 e prima ancora dalla legge regionale 37/2008 (laddove prevede il futuro ingresso dei privati);
2) confligge con il principio dell’esistenza di un unico ATUR: la pluralità di gestioni è prevista solo in via transitoria fino ad esaurimento dei gestori attuali. Quindi l’affidamento ad un Newco operante nel solo ambito ATO marsicano è ormai i-m-p-o-s-s-i-b-i-l-e;
3) propugna la necessità di quelle che a noi appaiono come condotte distrattive laddove  prevede che i beni del Cam S.p.A. vengano trasferiti alla Newco e che al Consorzio restino solo i debiti;
4) stravolge il significato del principio di non assoggettamento a fallimento sancito dal Tribunale di Avezzano: questa regola implica l’impossibilità di scaricare i debitori da parte dei soci pubblici e quindi il loro obbligo di ripianare i debiti; invece il duo Carducci-Di Pasquale lo interpreta come una regola che in pratica libera gli enti locali soci dalla necessità di rispettare il principio di par condicio creditorum;
5) stravolge il significato della procedura liquidatoria (cui senz’altro andrà assoggettato il Cam S.p.A.): in questa procedura, a nostro avviso, bisogna rimborsare tutti i debiti, fino all’ultimo centesimo; se i beni sociali non basteranno, i soci pubblici risponderanno per la loro inerzia in quanto, pur essendo a conoscenza di atti e situazioni di mala gestio non hanno fatto quanto in loro potere per eliminare le conseguenze dannose della cattiva gestione.
Invece il duo Carducci-Di pasquale si prefigge tutt’altro: di liquidare la società Cam S.p.A. dopo aver tolto dal patrimonio anche le poche poste attive che ancora possiede e poi di effettuare una liquidazione di asset… ormai eliminati, con conseguente impossibilità di ripagare i debiti.

Ci risulta che anche altri gruppi di stregoni siano progettando altri intrugli: gli sciamani di Celano, ad esempio, progettano di affidare il Servizio Idrico Integrato ad un concessionario privato: anche tale progetto prevede la revoca della concessione al Cam S.p.A.. Dalle parti di Ovindoli invece si ragiona diversamente: si pensa di prolungare per altri trent’anni la concessione di affidamento del Cam S.p.A. e così far poi entrare – ad onta del referendum del 2011 – una società privata nella compagine del Consorzio, reso appetibile dalle nuove tariffe aumentate e dalla prospettiva di incassi certi per 30 anni.
Ci è pervenuto altresì – senza sottoscrizioni o indicazioni degli autori (a conferma della grande confusione) una «Ipotesi di accordo TECNICO-POLITICO sulla ristrutturazione del CAM» che pur rimanendo nell’empireo dell’astratto, pare più confacente alla realtà; senonché alcune pretensioni in essa contenute (quali, per citarne solo una, la rivisitazione del regolamento di “controllo analogo”, che evidentemente non è nella potestà dei soci) ci fanno convinti che sia decisamente inapplicabile (anche la costituzione di una nuova società non salverebbe i soci attuali del Cam S.p.A. dal versamento di un capitale sociale di almeno 2, 5 milioni di euro; ammesso che sia ipotizzabile e si riesca a provvedere al «recupero delle mancate coperture tariffarie del periodo [2009-2012] per complessivi circa 16 milioni di euro»: la qual cosa che costituirebbe un bagno di sangue retroattivo per gli utenti).
In conclusione, una situazione disastrosa dove sulle spoglie dell’acqua pubblica si combatte una battaglia tra alchimisti e sciamani.

Il Martello del Fucino

PDF MARTELLO DEL FUCINO 2013-15 [CLICCA QUI]

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