Terremoto, resoconto terza giornata: Il Cavaliere invadente ostacola la fuga

Redazione
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di Pietro Orsatti da L’Aquila [ su Terra ]

«Orde di sciacalli che stanno calando a L’Aquila? Ma non scherziamo. Quello che vede è quello che è: qui in città ci siamo praticamente solo noi. Ovvio che qualche banditello locale c’è, lo abbiamo anche visto e alcuni presi, ma anche se riesce a sfuggire al nostro controllo poi rischia la vita. I crolli continuano in ogni momento». Il finanziere membro di una delle squadre anti sciacallaggio operanti nel centro del capoluogo abruzzese è categorico. L’allarme sciacalli, almeno in città, c’è ma è assolutamente sotto controllo. Altro invece potrebbe avvenire in località vicine ma non colpite dal sisma, e gli investigatori ipotizzano la mano di alcune piccole bande di sciacalli sulle catene di sms allarmanti circolati ieri in più zone. Un modo per far allontanare gli abitanti dalle proprie case non lesionate o a rischio, per poi colpirle indisturbati in tutta comodità. Intanto L’Aquila diventa sempre più spettrale. Dopo la scossa delle 19 e 30 di ieri è iniziato un vero e proprio esodo. La città è attraversata da un’unica strada praticabile, bloccata perennemente da colonne di mezzi militari o della Protezione civile o da auto di cittadini cariche di bagagli che cercano di raggiungere o l’Adriatico o Roma.

C’è un’atmosfera strana, quasi da fronte di guerra dopo una battaglia. Ormai la città è frequentata solo da soccorritori o gruppetti di giornalisti frustrati. E la scossa di ieri ha creato anche altri problemi, gravi. Fra cui quello di nuovi crolli, danni, anche lontano dal centro e di scavi interrotti per alcune ore. Un dato preoccupante, però, è quello del corto circuito nelle comunicazioni e nell’uniformità dell’erogazione dei soccorsi. Paradossalmente sono perfino eccessivi e il numero sta causando l’effetto del reciproco ostacolarsi. A complicare per alcune ore la situazione ogni giorno è la puntuale visita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che di fatto blocca uno dei principali centri di comando e coordinamento nella scuola della Guardia di finanza, distoglie centinaia di persone dal proprio lavoro sul territorio per le parate di rito, crea caos nella già precarissima viabilità cittadina con le proprie esigenze di sicurezza. Disagi amplificati poi dal tour turistico all’ora di pranzo di alcuni membri del governo. E inevitabilmente i pochi abitanti rimasti sul luogo, e anche molti appartenenti all’esercito dei soccorsi, iniziano a vedere queste quotidiane esternazioni con irritazione.

Nel 1915, il re d’Italia, in visita al territorio abruzzese dopo il sisma che causò circa 30mila morti, venne contestato duramente perché per le sue esigenze di viaggio e di sicurezza aveva interrotto per un giorno il flusso dei primi soccorsi già in ritardo di un paio di settimane. Oggi, Berlusconi è stato a un passo da ricevere un’accoglienza del genere. E a proteggerlo per ora c’è anche il deserto creatosi dopo il sisma in città. Nella provincia i danni sono aumentati, anche se i soccorsi, benché a macchia di leopardo, stanno entrando a regime. E iniziano a svolgersi i primi funerali.

Assistiamo ai primi preparativi al campo di raccolta di Fossa, uno dei più caotici, ma nel caos efficienti, dove la Protezione civile (il coordinamento del Lazio) è riuscita ad approntare, lavorando 48 ore consecutivamente, una tendopoli che da questa notte ospiterà tutti gli abitanti rimasti senza una protezione. Veniamo a conoscenza di altri funerali in corso in tutti i paesi, anche se un numero ormai imprecisato di non identificati (da 12 a 19 a seconda dell’interlocutore) rimane nelle celle frigorifere di una vecchia industria alimentare visto che l’obitorio dell’ospedale San Salvatore è inagibile. Non esistono dati certi, ormai nessuno si azzarda più a fare previsioni sul numero dei morti, degli sfollati, delle dimensioni economiche dei danni. E soprattutto sui tempi della ricostruzione. Cambiano di ora in ora. Secondo un ingegnere della Protezione civile «ci vorranno dieci anni per tornare alla normalità». Secondo le previsioni di Silvio Berlusconi, ne basteranno due.

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